Francesco: educazione e cura sono il vero progresso delle nazioni, non le armi
Michele Raviart - Città del Vaticano
Nelle due parole che compongono il nome di “Casa della Misericordia”, l’edificio di tre piani che nel quartiere Bayangol di Ulaanbaatar si occupa di assistere i più vulnerabili della capitale mongola, “c’è la definizione della Chiesa, chiamata ad essere dimora accogliente dove tutti possono sperimentare un amore superiore, che smuove e commuove il cuore: l’amore tenero e provvidente del Padre, che ci vuole fratelli e sorelle nella sua casa”. Lo ricorda Papa Francesco inaugurando l’edificio, il cui progetto è stato avviato nel 2019 su iniziativa della Chiesa particolare mongola, benedicendo una targa con il suo nome, in quella che è l’ultima tappa del suo viaggio nel Paese asiatico prima della cerimonia di congedo.
Un porto dove trovare ascolto e comprensione
Bambini e ragazzi dall’infanzia sfortunata, persone senza fissa dimora che non possono accedere al servizio sanitario nazionale, vittime di violenza domestica, disabili, migranti saranno gli ospiti di questa struttura, “espressione concreta di quel prendersi cura dell’altro in cui si riconoscono” e “porto dove attraccare” e dove possono trovare ascolto e comprensione “i fratelli e le sorelle che faticano a navigare tra i problemi della vita”. La dimensione caritativa fonda l’identità della Chiesa ed è il criterio per riconoscere il Signore nel mondo e garantirsi il Suo Regno, ha ribadito il Papa, sottolineando che proprio come le quattro colonne delle grandi ger – le abitazioni tradizionali dei pastori nomadi – “sostengono il tondo centrale superiore, permettendo alla struttura di reggersi e di offrire spazio accogliente al suo interno”, la Chiesa è costruita su quattro colonne: “comunione, liturgia, servizio e testimonianza”.
L'indispensabile servizio del volontariato
Il “grazie” del Pontefice per l’"appello alla carità” dei cristiani mongoli, nato fin dall’arrivo dei primi missionari cattolici negli anni novanta e a cui lo stesso governo mongolo chiese aiuto per fronteggiare le numerose emergenze sociali di un Paese che versava “in una delicata fase di transizione politica, segnata da diffusa povertà”, è andato particolarmente a chi sostiene queste opere di bene mettendosi in gioco con il volontariato, il servizio indispensabile, “puramente gratuito e disinteressato che le persone decidono di offrire a chi è nel bisogno” non sulla base di un compenso economico o un ritorno personale, “ma per puro amore al prossimo”.
La gratuità, infatti, alleggerisce l’animo, risana le ferite del cuore, avvicina a Dio, dischiude la fonte della gioia e mantiene giovani dentro. In questo Paese pieno di giovani dedicarsi al volontariato può essere una via di crescita personale e sociale decisiva.
“Anche nelle società altamente tecnologizzate e con un alto standard di vita il sistema della previdenza sociale da solo non basta a erogare tutti i servizi ai cittadini”, sottolinea ancora Francesco, “se in aggiunta non ci sono schiere di volontari e volontarie che impegnano tempo, capacità e risorse per amore dell’altro”.
Il vero progresso delle nazioni, infatti, non si misura sulla ricchezza economica e tanto meno su quanto investono nell’illusoria potenza degli armamenti, ma sulla capacità di provvedere alla salute, all’educazione e alla crescita integrale della gente.
I tre miti sul volontariato
Agli operatori della Casa della Misericordia, “palestra sempre aperta dove esercitare i vostri desideri di bene e allenare il cuore”, Papa Francesco ha poi sfatato tre dei “miti” che spesso accompagnano il mondo del volontariato. Innanzitutto non è vero che solo le persone benestanti possono impegnarsi in questa attività. “Non è necessario essere ricchi per fare del bene, anzi quasi sempre sono le persone comuni a dedicare tempo, conoscenze e cuore per occuparsi degli altri”, sottolinea il Pontefice, che ribadisce poi come la Chiesa non si impegna nella promozione sociale per proselitismo, “come se occuparsi dell’altro fosse una forma di convincimento per attirare dalla propria parte”.
No, i cristiani riconoscono chi è nel bisogno e fanno il possibile per alleviarne le sofferenze perché lì vedono Gesù, il Figlio di Dio, e in Lui la dignità di ogni persona, chiamata a essere figlio o figlia di Dio. Mi piace immaginare questa Casa della Misericordia come il luogo dove persone di “credo” diversi, e anche non credenti, uniscono i propri sforzi a quelli dei cattolici locali per soccorrere con compassione tanti fratelli e sorelle in umanità.
Solo l'amore vince l'egoismo e fa andare avanti il mondo
Il terzo mito da sfatare, continua il Papa, è quello secondo cui nel volontariato a contare sarebbero solo i mezzi economici, “come se l’unico modo per prendersi cura dell’altro fosse l’impiego di personale stipendiato e l’investimento in grandi strutture”. “Certo”, spiega Francesco, “la carità richiede professionalità, però le iniziative benefiche non devono diventare imprese, ma conservare la freschezza di opere di carità, dove chi è nel bisogno trova persone capaci di ascolto e di compassione, al di là di qualsiasi compenso”. Per fare davvero il bene, conclude il Papa, “ciò che è indispensabile un cuore buono, determinato nel cercare ciò che è meglio per l’altro”. Solo l’amore, infatti, “vince l’egoismo e fa andare avanti il mondo”. Alla viglia della sua memoria liturgica, un ricordo anche per Madre Teresa di Calcutta: "Non farei quello che fa lei nemmeno per un milione di dollari", le disse un giornalista mentre era ricurva sulla ferite maleodoranti di un malato. "Per un milione di dollari non lo faccio neanch'io", rispose la Santa, "lo faccio per l'amore di Dio!".
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