Il Papa: il grande nemico di oggi è la guerra, non c'è sicurezza senza dialogo
Vatican News
“Lo sfruttamento è una delle origini della guerra. L’altra origine è di tipo geopolitico, di dominio del territorio”, ha affermato Papa Francesco in un’intervista all’agenzia stampa Télam, in cui ha affrontato anche altri temi come la crisi e i falsi messia, il lavoro, l’intelligenza artificiale, il sinodo e la speranza.
“La parola crisi mi piace perché ha movimento interno. Ma da una crisi si esce verso l’alto, non si esce “con compromessi”. Si esce verso l’alto e non in solitudine. Quelli che vogliono uscirne da soli trasformano la via di uscita in un labirinto, che fa sempre girare e girare”, ha detto il Papa, che ha anche sottolineato l’importanza di insegnare ai giovani a risolvere le crisi, perché questo consente di maturare, e a fare attenzione ai messianismi: “Nessuno - ha ripetuto - può promettere la risoluzione dei conflitti se non attraverso le crisi, uscendone verso l’alto. E non da soli”.
La crisi di umanità
La giornalista di Télam, Bernanda Llorente, ha chiesto a Francesco: “Che cosa sta mancando all’umanità?”. Francesco ha risposto ricordando la necessità di promuovere “i veri valori”. “All’umanità - ha osservato - mancano protagonisti di umanità, manca che faccia vedere il suo protagonismo umano. A volte noto che manca questa capacità di gestire le crisi e far affiorare la propria cultura. Non dobbiamo aver paura che vengano fuori i veri valori di un Paese. Le crisi sono come voci che ci indicano in che direzione procedere”.
Francesco ha ricordato inoltre che “il pensiero unico esilia la ricchezza umana. E la ricchezza umana deve contemplare tre realtà, tre linguaggi: della testa, del cuore e delle mani. Questo perché uno pensi quello che sente e quello che fa, senta quello che pensa e quello che fa e faccia quello che pensa e quello che sente. È questa l’armonia umana. Se a una manca uno di questi linguaggi, c’è uno squilibrio tale da portare al sentimento unico, al pragmatismo unico, o al pensiero unico. Sono tradimenti all’umanità”.
La dignità del lavoro
Parlando del lavoro, il Pontefice ha ricordato la dignità del lavoro e il grave peccato dello sfruttamento: “A darti dignità è il lavoro. Ora il tradimento più grande a questo cammino di dignità è lo sfruttamento. Non della terra perché produca di più, ma lo sfruttamento del lavoratore. Sfruttare la gente è uno dei peccati più gravi. Soprattutto sfruttarla a proprio vantaggio”. Il Papa ha anche sottolineato la necessità dei diritti dei lavoratori perché non diventino schiavi: “Quando un lavoratore - ha affermato - non ha diritti o gli viene offerto un contratto a breve termine per poi assumerne un altro e non pagare così i contributi, lui viene trasformato in schiavo e chi lo assume in carnefice”.
A Francesco dispiace che alcuni lo definiscano un comunista quando sentono parlare delle sue encicliche sociali: “Non è così. Il Papa afferma il Vangelo e dice quello che dice il Vangelo. E nell’Antico Testamento il diritto ebraico chiedeva di prendersi cura della vedova, dell’orfano, dello straniero. Se una società si cura di questi tre aspetti va avanti molto bene”. “E chiarisco che non sono comunista come dicono alcuni. Il Papa segue il Vangelo”, ha ripetuto.
Il dominio della persona sulla tecnologia
A Francesco è stato poi chiesto il suo parere sui progressi della tecnologia e le sue implicazioni: “La linea guida di un progresso culturale, come l’intelligenza artificiale, è - ha indicato - la capacità che hanno l’uomo e la donna di gestirlo, assimilarlo e regolarlo. Ossia, l’uomo e la donna sono padroni del Creato e in questo non bisogna avere dubbi. Il dominio della persona su qualsiasi cosa. Il cambiamento scientifico serio è progresso, bisogna essere aperti a questo”.
La sicurezza universale
Riprendendo il tema della guerra, il Papa ha fatto un appello alla sicurezza universale attraverso il dialogo: “Non si può parlare di sicurezza sociale se non c’è sicurezza universale o una sicurezza che si sta universalizzando. Credo che il dialogo non possa essere solo nazionalista, è universale, soprattutto oggi con tutte le facilitazioni che ci sono per comunicare. Per questo parlo di dialogo universale, di armonia universale, di incontro universale. È chiaro, il nemico di tutto ciò è la guerra”. “Lo sfruttamento” e “il dominio dei territori”, ha aggiunto, sono all’origine delle guerre “fomentate da dittature”.
Per la costruzione della pace e il bene comune il Pontefice esorta a far sì che “si prenda coscienza della propria identità. Non si può dialogare con l’altro se non si ha coscienza da dove si parte. Quando due identità consapevoli s’incontrano possono dialogare e compiere passi verso un accordo, il progresso, il camminare insieme”.
La Chiesa è armonia
Alle domande sullo svolgimento del Sinodo e su di cosa ha bisogno la Chiesa in questi tempi, Francesco ha risposto: “Fin dall’inizio del Concilio Vaticano II Giovanni XXIII ebbe una percezione molto chiara: la Chiesa doveva cambiare. Anche Paolo VI la pensava così e continuò in quella direzione, come pure i Papi che gli succedettero. Non si tratta solo di seguire le mode, si tratta di un cambiamento di crescita e a favore della dignità delle persone. In questo consiste il progresso teologico, della teologia morale e di tutte le scienze ecclesiastiche, inclusa l’interpretazione delle Scritture, che sono progredite in armonia con il sentire della Chiesa. Sempre in armonia”.
La speranza, un condimento quotidiano
L’intervista continua affrontando temi personali, come il rapporto con Dio: “Il Signore è un buon amico, mi tratta bene”, ha detto, e riguardo alla capacità di ridere: “Il senso dell’umorismo rende umani”, mentre sull’importanza della virtù della speranza ha aggiunto: “Non possiamo vivere senza speranza. Se togliessimo le piccole speranze di ogni giorno, perderemmo l’identità. Non ci rendiamo conto che viviamo di speranze. E la speranza teologale è molto umile, ma è quella che condisce la quotidianità”.
Infine, circa i viaggi apostolici, ha confidato che gli piacerebbe andare in Argentina e ha soggiunto: “Parlando di quelli più lontani, mi resta Papa Nuova Guinea”.
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