Vajont, Francesco: il ricordo spinga a difendere vita e dignità
Vatican News
Le 22.39 sono l’ora e i minuti scolpiti per sempre nella memoria degli abitanti della Valle del Piave, quando circa 270 milioni di metri cubi di roccia franarono nell’invaso della diga del Vajont provocando un’onda che distrusse paesi a monte e a valle del Monte Toc. Era il 9 ottobre 1963 e Francesco ha voluto farsi vicino a chi oggi ricorda i 60 anni di quella tragedia che strappò la vita a 1.917 persone, ricordate oggi anche da una solenne commeorazione cui ha partecipato il presidente italiano Mattarella.
In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin si legge l’auspicio del Papa che un “tragico e doloroso evento” come quello avvenuto in Friuli possa suscitare “il rinnovato impegno nella promozione dei valori della vita e della dignità umana”. Il testo assicura le preghiere di suffragio di Francesco per quanti morirono nel disastro e una benedizione per la popolazione della vallata e per quanti prendono parte alle celebrazioni.
La Messa del patriarca Moraglia
Nella sua omelia per la Messa in suffragio delle vittime, nel Cimitero monumentale di Fortogna di Longarone, il patriarca di Venezia Francesco Moraglia ha sottolineato che 60 anni fa morirono duemila persone “perché altre persone non seppero o non vollero calcolare il rischio di una determinata situazione e scelsero di non fermarsi, accettando un rischio che, alla fine, risultò fatale. Si volle osare, andando oltre; si preferì il risultato da conseguire alle vite umane verso le quali si avevano specifiche responsabilità”. E citando le parole di Papa Francesco nella nuova esortazione apostolica Laudate Deum, il patriarca ha ricordato che davanti alle “meraviglie del progresso” è urgente “prestare attenzione ad altri effetti” e che “Non ci viene chiesto nulla di più che una certa responsabilità per l’eredità che lasceremo dietro di noi dopo il nostro passaggio in questo mondo”.
Moraglia ha spiegato che nel celebrare questo triste anniversario è necessario “condannare la scelta di rischiare in nome o del profitto o di una impresa da guinness dei primati, svincolando un progetto dall’etica che comporta dapprima il senso del limite e poi il rispetto delle persone e della vita umana. Non bisogna mai sottovalutare la natura e i suoi equilibri!”. E che “bisogna chiedere agli uomini di scienza e ai tecnici di avere il coraggio di non osare oltre il limite, insomma, di sapersi fermare e di imparare a misurare i rischi quando c’è in gioco la vita umana”. Il patriarca di Venezia ha concluso sottolineando che “una domanda deve interpellarci sempre: cosa siamo disposti a sacrificare per tutelare e promuovere l’uomo e il creato?”. E anche che “la vera grandezza dell’uomo consiste non nello scrivere il proprio nome nel libro del Guinness dei primati o nel produrre un reddito sempre più grande, ma nel dare risposte che siano eticamente fondate”.
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