Francesco: pace e giustizia hanno bisogno del lavoro di buoni samaritani
di Roberto Paglialonga
«È più che mai urgente che, da buoni samaritani, ci si adoperi nei diversi ambiti per garantire a ciascuno un futuro migliore all’insegna della libertà, della giustizia e della pace». Si è aperta con un messaggio di saluto da parte del Santo Padre — a firma del segretario di Stato della Santa Sede, cardinale Pietro Parolin — la conferenza dei missionari italiani “La persona al centro”, organizzata oggi presso il Palazzo della Farnesina e coordinata dal ministro degli Affari esteri italiano, Antonio Tajani, e dall’inviato speciale del governo per la libertà religiosa, Davide Dionisi, che ha sottolineato a «L’Osservatore Romano» il carattere «unico di un evento di questo genere». Papa Francesco, nel ringraziare «tutti i missionari che hanno scelto di donare la propria vita a Cristo nel peculiare servizio ai fratelli più poveri», ha rivolto «un pensiero particolare a coloro che si sono spesi coraggiosamente fino all’estremo sacrificio». È auspicabile, ha concluso il Papa, «una rinnovata collaborazione istituzionale, improntata al rispetto e al confronto su talune sfide, al fine di favorire quei sani principi religiosi ed etici che sono le radici comuni a ogni popolo e cultura per edificare una società solidale e armoniosa».
«La missione — ha detto l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali, in una sala del ministero degli Esteri piena di religiosi e religiose, preti, suore e laici impegnati in diverse terre di missione, soprattutto in Africa, dal Mozambico al Kenya, dal Camerun alla Repubblica Democratica del Congo — non è solo il passato della Chiesa, ma è, anche attraverso le storie dei missionari, il presente e, al tempo stesso, il suo futuro». Mettere la persona al centro significa «comprendere quanto sia insufficiente stabilire gli indicatori del progresso e dello sviluppo umano sul solo parametro del reddito pro capite e come occorra, invece, entrare in un’ampia e articolata considerazione dei fattori determinanti la vita concreta delle persone. Vuol dire — ha evidenziato — farsi prossimo, nella speranza che dai piccoli gesti di oggi possa nascere qualcosa di sempre più grande, nella fraternità tra le persone e nella giustizia ispiratrice di convivenza sociale». Questo, in concreto, si sviluppa «attraverso le scuole e gli ospedali; diffondendo cioè l’istruzione, fornendo le prime competenze, curando le malattie, insegnando le norme igieniche elementari». E l’arte del missionario, ha concluso, consiste nell’evitare la tentazione di voler inglobare e chiudere questioni destinate a restare aperte e anche nel mostrare «quotidianamente che non si può mai opporre la bellezza di Dio e il servizio all’uomo e che, fare una scelta di campo, sacrificando uno di quei due compiti per svolgere meglio l’altro, finirebbe inevitabilmente per metterli fuori portata entrambi».
Tajani ha sottolineato come «naturalmente portatori di pace sono le missionarie e i missionari, che con una visione non puramente immanente, ma trascendente, operano nei più diversi e difficili contesti, in modo particolare nel continente africano». Anche grazie al loro aiuto, «e insieme agli africani — ha proseguito — è necessario costruire percorsi che costituiscano la crescita del continente, oggi anche per cercare di smantellare la rete di traffici illegali che l’affliggono: di esseri umani, di armi e di droga». Perché «l’impegno religioso deve continuare a essere un fatto pubblico, non solo privato».
Il primo panel tematico, dedicato ad alimentazione e agricoltura, è stato introdotto da monsignor Domenico Pompili, vescovo di Verona, diocesi in cui si trova un altissimo numero di organizzazioni missionarie, che ha ricordato in particolare le grandi figure di Gaspare Bertoni, fondatore dei preti stimmatini nel 1816; Nicola Mazza, che aprì le prime opere in Africa; e Daniele Comboni, che al continente «si dedicò fino all’ultimo respiro».
Nel corso della sessione (con Carlo Ruspantini, Africa Mission; Andrea Bianchessi, Avsi; padre Luigi Savoldelli, maristi; padre Antonio Perretta) enfasi è stata posta sul principio dell’accompagnamento, che deve arricchire il lavoro a favore dei più bisognosi.
Padre Giulio Albanese, comboniano, direttore dell’Ufficio per le comunicazioni nella diocesi di Roma, introducendo il secondo panel, su educazione, formazione professionale e promozione della lingua italiana, ha ricordato come la missione non significhi solo «dare, ma anche saper ricevere». Denunciando poi la dimenticanza dei tanti conflitti «che insanguinano le Afriche — detto al plurale per indicare la poliedricità di un continente posto sempre troppo poco all’attenzione mediatica – ha invitato «la comunità internazionale a prendersi le proprie responsabilità, soprattutto per risolvere la questione migratoria, che oggi è un fattore sistemico». E nell’evidenziare il calo costante del numero di missionari ha poi invocato «un sussulto di missionarietà, perché ciò che viene apprezzato in Italia e nel mondo è soprattutto, e proprio, la testimonianza di chi opera in favore del prossimo».
Tra gli altri — don Harris Pakkam (Info Ans); suor Neusa de Fatima Mariano (scalabriniane); padre Alcide Baggio (salesiani); don Marco Malizia, cappellano militare della Guardia di finanza — particolarmente toccanti gli interventi di don Matteo Tagliaferri (Comunità in dialogo) e suor Paola Vizzotto (Pime), che hanno raccontato il lavoro svolto rispettivamente nel recupero dei tossicodipendenti e tra i carcerati.
Prima dell’ultimo panel su sanità e infanzia, l’arcivescovo Emilio Nappa, segretario aggiunto del Dicastero per l’Evangelizzazione con incarico di presidente delle Pontificie opere missionarie (Pom), ha ribadito il valore dell’evangelizzazione come manifestazione concreta ad ogni persona che Dio la ama e la salva»; mentre il cardinale Giorgio Marengo, prefetto apostolico di Ulaanbaatar e missionario della Consolata, in collegamento dalla Mongolia, ha ricordato come i missionari «non perseguano una finalità proselitistica», e che «il loro impegno è genuinamente disinteressato». Infine, nel raccontare l’esperienza in favore dello sviluppo umano integrale fin dai primi missionari, ammessi nel Paese 31 anni fa, ha esposto alcune iniziative promosse, come «il doposcuola organizzato per i bambini dentro le tende tipiche mongole», e ricordato che la Chiesa ha sempre il compito «di tenere vivo l’orizzonte alto della persona e il suo rapporto con il trascendente».
Sono dunque intervenuti Giovanni Putoto (Cuamm); Gianfranco Morino (World Friends - Kenya); padre Jalal Yako (Acs); suor Fernanda Bongianino (Figlie di San Camillo); fra’ Fiorenzo Priuli (Fatebenefratelli); padre Dinh Anh Nhue Nguyen, segretario generale della Pontificia Unione Missionaria.
Prima delle conclusioni del ministro Tajani, i discorsi di Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, che ha parlato di pastorale carceraria e iniziative per contrastare la pena di morte; e del cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui