Il Papa: comunicare non è propaganda o marketing, ma farsi carico dell'altro
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Saluta con calore, Francesco, i partecipanti al simposio “Université des Communicants en Église”, ricevuti nella Sala Clementina del palazzo apostolico, li ringrazia “di essere venuti”, pronuncia poche parole, poi si scusa di non poter leggere il discorso preparato.
Ho un problema, ho un po’ di bronchite, e non posso parlare bene. Se voi non vi offendete, consegnerò la copia del discorso. Scusatemi. La consegnerò perché la diano a tutti voi, ma faccio tanta fatica a parlare. Grazie della vostra comprensione. E grazie di essere venuti. Grazie tante del vostro lavoro.
Aggiunge che “non è facile comunicare”, ma che è “la prima cosa che fa una persona”. “Da Adamo quando vide Eva, comunicò - prosegue -. Comunicare è la cosa più umana che esiste” aggiunge prima di dare la sua benedizione e di salutare, uno per uno, i responsabili della comunicazione di diocesi, congregazioni religiose, associazioni e movimenti cattolici, nuove comunità e parrocchie della Chiesa francese.
La sfida della buona comunicazione
Nella realtà odierna, iperconnessa e bombardata di notizie, inquinata “da parole roboanti, da sogni di potere e di grandezza”, la comunicazione è “una grande missione”. E “anche il ministero del Papa oggi è dentro il mondo della comunicazione”, sottolinea il Pontefice nel discorso consegnato, nel quale esprime apprezzamento per l’incontro organizzato a Roma dal 9 al 12 gennaio dalla Conferenza dei Vescovi di Francia. Iniziative di questo genere, in cui ci si ferma “per condividere, per pregare, per ascoltare”, servono “a ritrovare la radice” di ciò che si comunica, “la verità” che si è “chiamati a testimoniare, la comunione” che unisce in Cristo, osserva il Papa, aiutano, pure, “a non cadere nell’errore” di ritenere che oggetto della comunicazione siano le proprie “strategie o imprese individuali”, a non chiudersi nelle proprie solitudini, paure o ambizioni, “a non puntare tutto sul progresso tecnologico”.
La sfida della buona comunicazione è oggi più complessa che mai, e il rischio è di affrontarla con una mentalità mondana: con l’ossessione del controllo, del potere, del successo; con l’idea che i problemi siano innanzitutto materiali, tecnologici, organizzativi, economici.
Ripartire dal cuore
È importante comunicare e “ascoltare con il cuore”, e anche “vedere con il cuore cose che gli altri non vedono”, rimarca Francesco, “per condividerle e raccontarle, rovesciando la prospettiva e le categorie del mondo”. Insomma c’è bisogno di “ripartire dal cuore”.
Comunicare per noi non è sovrastare con la nostra voce quella degli altri, non è fare propaganda; a volte è anche tacere; non è nascondersi dietro slogan o frasi fatte. Comunicare per noi non è puntare tutto sull’organizzazione, non è questione di marketing; non è solo adottare questa o quella tecnica.
Offrire una lettura cristiana degli avvenimenti
Il Papa chiarisce che invece “comunicare è stare nel mondo per farsi carico dell’altro, degli altri, è farsi tutto a tutti; è condividere una lettura cristiana degli avvenimenti”, e significa pure “non arrendersi alla cultura dell’aggressività e della denigrazione”, e poi “costruire una rete di condivisione del bene, del vero e del bello fatta di relazioni sincere”. Tutto questo coinvolgendo i giovani.
La comunicazione è testimonianza
A quanti sono impegnati nella comunicazione nell’ambito ecclesiale, Francesco offre poi “tre parole come tracce di cammino: testimonianza, coraggio e sguardo largo”. Riguardo alla prima, evidenzia che “la comunicazione è soprattutto testimonianza”, che può essere condivisa con parole e immagini. Questo “rende credibili nella relazione con i media secolari; ed è questo anche che rende sempre più attrattiva e fa crescere giorno dopo giorno, da persona a persona, la nostra rete di comunicazione” specifica il Papa che accenna, poi allo scandalo degli abusi emerso nella Chiesa francese - ora in un cammino di purificazione - e incoraggia i responsabili della comunicazione ad andare avanti, a condividere attraverso il loro lavoro “tutto il bene che c’è” nelle “diocesi, nelle congregazioni, nei movimenti”.
Essere creativi e accoglienti
Con la comunicazione si costruisca “la comunione nella Chiesa e la fratellanza nel mondo”, suggerisce Francesco, che esorta ad essere creativi e accoglienti, perché “la società vuole e ha bisogno di sentire la parola della Chiesa come Madre amorevole di tutti”.
Non abbiate paura, ma coraggio. Un coraggio diverso da quello di chi crede di essere lui o lei il centro. Il coraggio che viene dall’umiltà e dalla serietà professionale, e che fa della vostra comunicazione una rete coesa e nello stesso tempo aperta, estroversa.
L’invito è legato alla seconda traccia di cammino indicata dal Pontefice, che raccomanda di non scoraggiarsi anche se i destinatari della comunicazione sembrano “indifferenti, scettici, a volte critici, addirittura ostili”. “Non giudicateli - sollecita il Papa -. Condividete la gioia del Vangelo, l’amore che ci fa conoscere Dio e capire il mondo”. Perché “gli uomini e le donne del nostro tempo hanno sete di Dio, cercano un incontro con Lui” che cercano anche attraverso quanti comunicano nella Chiesa.
La carità spiega tutto
Infine, l’ultima indicazione di Francesco è quella di “guardare lontano”, di avere uno “sguardo largo” di fronte alla bellezza e alla complessità del “mondo intero”. Perché “in mezzo alle mormorazioni del nostro tempo, all’incapacità di vedere l’essenziale”, ciò che unisce è sempre più grande di ciò che divide; e “va comunicato, con la creatività che nasce dall’amore”. “Verità ignorata” è che la carità “spiega tutto”, conclude il Papa, “tutto diventa più chiaro – anche la nostra comunicazione – a partire da un cuore che vede con amore”.
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