Il Papa: l'ira è origine di guerre e violenze, ma c'è anche "una santa indignazione"
Adriana Masotti - Città del Vaticano
Non sempre le passioni sono un male, "sta a noi, con l’aiuto dello Spirito Santo, trovare la loro giusta misura", sta a noi "educarle bene perché si volgano al bene". Al termine della catechesi all'udienza generale di oggi, dopo aver parlato del vizio dell'ira e del suo potere "distruttivo", Papa Francesco afferma che esiste anche "una santa indignazione", come quella che è necessario provare davanti ad una ingiustizia.
L'ira è un vizio dilagante
"E' un vizio che non lascia tregua", afferma il Papa in Aula Paolo VI, parlando dell'ira e proseguendo così la serie di approfondimenti sui vizi e le virtù iniziato nell'udienza di mercoledì 27 dicembre scorso. Spesso l'ira, infatti, non si rivolge solo contro chi secondo noi ha sbagliato nei nostri confronti, ma anche contro il primo che ci capita a tiro. E Francesco fa un esempio:
Ci sono uomini che trattengono l’ira sul posto di lavoro, dimostrandosi calmi e compassati, ma che una volta a casa diventano insopportabili per moglie e figli. L’ira è un vizio dilagante: è capace di togliere il sonno e di farci macchinare in continuazione nella mente, senza riuscire a trovare uno sbarramento ai ragionamenti e ai pensieri.
Arrivare presto alla riconciliazione
L'ira, prosegue Francesco, "è un vizio distruttivo dei rapporti umani", e dimostra l'incapacità di accettare chi è diverso da noi o pensa in maniera diversa, provoca rabbia e risentimento che finisce con il coinvolgere non solo alcuni comportamenti, ma l'intera persona che abbiamo davanti. E' un vizio che toglie la lucidità e che spesso non si attenua con il passare del tempo. Per questo è importante, sostiene il Papa, cercare subito di affrontare il problema e di arrivare alla riconciliazione:
Se durante il giorno può nascere qualche equivoco, e due persone possono non comprendersi più, percependosi improvvisamente lontane, la notte non va consegnata al diavolo. Il vizio ci terrebbe svegli al buio, a rimuginare le nostre ragioni e gli sbagli inqualificabili che non sono mai nostri e sempre dell’altro. È così: quando una persona è sotto l’ira, sempre, sempre dice che il problema è dell’altro. Mai è capace di riconoscere i propri difetti, le proprie mancanze.
Esercitarsi nell'arte del perdono
Gesù nella preghiera del "Padre nostro" parla di "debitori" che dobbiamo perdonare, osserva Papa Francesco, ma certamente tutti noi lo siamo verso qualcuno che non abbiamo amato sempre come avremmo dovuto.
Siamo tutti peccatori, tutti, e tutti abbiamo i conti in rosso: non dimenticare questo. Siamo debitori, abbiamo i conti in rosso, e perciò tutti abbiamo bisogno di imparare a perdonare per essere perdonati. Gli uomini non stanno insieme se non si esercitano anche nell’arte del perdono, per quanto questo sia umanamente possibile. Ciò che contrasta l’ira è la benevolenza, la larghezza di cuore, la mansuetudine, la pazienza.
Esiste "una santa indignazione"
Se l'ira è un vizio terribile perché è "all'origine di guerre e di violenze", sottolinea ancora il Pontefice, non sempre siamo responsabili del suo insorgere dentro di noi, lo siamo però del suo sviluppo. Inoltre, prosegue, è un sentimento che non sempre va negato:
E qualche volta è bene che l’ira si sfoghi nella giusta maniera. Se una persona non si arrabbiasse mai, se una persona non si indignasse davanti a un’ingiustizia, se davanti all’oppressione di un debole non sentisse fremere qualcosa nelle sue viscere, allora vorrebbe dire che quella persona non è umana, e tantomeno cristiana.
Francesco indica Gesù che il Vangelo descrive a volte indignato, ma che "non ha mai risposto al male con il male". "Sta a noi, con l’aiuto dello Spirito Santo, - conclude - trovare la giusta misura delle passioni", sta a noi "educarle bene perché si volgano al bene e non al male".
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