Migranti, il Papa: tutti hanno diritto a una vita dignitosa nella propria terra
Vatican News
“Accogliere, proteggere, promuovere e integrare tutti, senza distinzioni e senza escludere nessuno”, ma allo stesso tempo “tutti abbiano il diritto di rimanere nella propria terra con una vita dignitosa e pacifica”. È l’impegno che il Papa invoca per il fenomeno delle migrazioni in un messaggio inviato oggi, 20 marzo, ai partecipanti all’incontro “Pasqua con i nostri fratelli migranti” che riunisce i vescovi di frontiera di Colombia e Costa Rica e i vescovi di Panama. Un evento che si aggiunge a iniziative simili tenutesi a El Salvador, Cúcuta e Pasto e che vuole essere una risposta della Chiesa “peregrina” nei due Paesi alla domanda dei discepoli a Cristo nel Vangelo di Matteo: “Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua?”. “Nel Darién, con i fratelli e le sorelle migranti”, scrive il Papa, facendo riferimento al Darién Gap, il pericoloso percorso nella giungla che si estende dalla Colombia a Panama durante il quale migliaia di persone - venezuelane, ecuadoregne, colombiane, haitiane, a cui si uniscono a gruppi di nicaraguensi e centroamericani - subiscono violenze e soprusi.
È lì che ci aspettano, sulla riva terrestre di un mare di lacrime e di morte che unisce uomini e donne, adulti e bambini delle più diverse latitudini
Una via crucis nella giungla
Questa carovana umana e multiculturale attraversa il Tapón del Darién, giungla che è “un trionfo della natura” ma che oggi sta diventando “una vera e propria via crucis, che non solo mette in evidenza i limiti della gestione dei migranti nell’emisfero occidentale - osserva il Pontefice - ma alimenta anche un fiorente business che permette di accumulare profitti illeciti provenienti dalla tratta di esseri umani”. “Né i pericoli che presuppongono il passaggio e i ricatti illegali, né i crescenti respingimenti o trattenimenti in Paesi dove questi fratelli e sorelle non sono desiderati riducono l’attrazione (reale o illusoria) di soddisfare i bisogni di lavoro e di migliori condizioni di vita o, persino, di una sperata riunificazione familiare”, sottolinea il Vescovo di Roma.
Si unisce alla preoccupazione della Chiesa in America Latina e nei Caraibi che cerca di essere “una Chiesa senza frontiere, Madre di tutti”: “È per questo che, come cristiani, ogni rifugiato o migrante che abbandona la sua patria c’interpella. Nei nostri popoli troviamo al tempo stesso la fratellanza ospitale che accoglie con sensibilità umana ma, purtroppo, anche l’indifferenza, che insanguina il Darién”.
Vi incoraggio a lavorare instancabilmente affinché sia possibile sradicare questa indifferenza, di modo che quando un fratello o una sorella migrante giunge, trovi nella Chiesa un posto dove non si senta giudicato, bensì accolto; dove possa placare la fame e la sete, e ravvivare la speranza.
Approccio regionale alla migrazione
L’invito è a “creare le condizioni necessarie per accogliere il prossimo come un fratello o una sorella, e renderlo partecipe della nostra quotidianità”. Al contempo il Papa chiede di non trascurare le diverse strutture - come case di accoglienza, centri per rimpatriati, assistenza umanitaria di emergenza, assistenza medica, assistenza psicosociale, consulenza legale, sostegno spirituale, rafforzamento dei collettivi di migranti, mezzi di sussistenza e processi d’impatto politico - che “sono opportunità di accoglienza e carità per i fratelli più bisognosi”.
“Un approccio regionale alla migrazione rappresenta inoltre un’opportunità pastorale”, scrive ancora Papa Francesco. E, come nel messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2023, ricorda che "il diritto a non migrare si presenta a noi come soluzione, sebbene a lungo termine, alla migrazione forzata, attraverso l’integrazione regionale dei Paesi che respingono e di quelli di passaggio, destinazione e ritorno di migranti”.
Vi esorto quindi a unire gli sforzi con tutte le istanze della comunità internazionale affinché tutti abbiano questo diritto a rimanere nella propria terra con una vita dignitosa e pacifica
Formare una Chiesa disposta ad accogliere
Le ultime righe del messaggio del Papa sono dedicate a pastori e agenti di pastorale, perché nel cammino della migrazione “osino superare i limiti di quanto stabilito”, “non temano di riconoscere alcun sentiero, perché hanno perso la paura che paralizza”, e siano “capaci di ritornare all’essenziale, abbandonando l’indifferenza, perché sono consapevoli che, solo camminando al ritmo di Dio con il suo popolo santo, si potranno superare le barriere del convenzionale, portando la Chiesa, insieme con i fratelli e le sorelle migranti, lungo vie di speranza”.
Cari fratelli e sorelle, che possiamo formare una sola Chiesa disposta ad accogliere, proteggere, promuovere e integrare tutti, senza distinzioni e senza escludere nessuno, riconoscendo il diritto che ognuno ha di offrire il proprio contributo, attraverso il lavoro e l’impegno personale, al bene di tutti e alla protezione della nostra casa comune
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