A San Pietro i funerali del cardinale Cordes. Re: una vita spesa per giovani, laici e carità
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Ventisette cardinali, tra cui il vice decano Leonardo Sandri e il segretario di Stato Pietro Parolin, poi alcuni vescovi, come monsignor Udo Markus Bentz, l’arcivescovo di Paderborn, la sua diocesi di origine, e anche alcuni sacerdoti tedeschi, tra i quali il parroco di Kirchhundem, dove verrà sepolto. Infine il Papa a presiedere il rito dell’Ultima commendatio e della Valedictio, la “raccomandazione” e il “commiato” pronunciati alla fine di ogni funerale. Tutti oggi pomeriggio erano riuniti nella Basilica vaticana, stretti in preghiera intorno alla bara in legno che custodiva le spoglie di Paul Josef Cordes, il cardinale tedesco presidente emerito del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, morto il 15 marzo a 89 anni, dopo diversi problemi di salute.
Ambasciatori e parenti presenti alle esequie
È stato il cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio, a presiedere le esequie alla quale erano presenti anche i membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, accompagnati dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, diversi familiari (tra loro il nipote Reinhard Baumgardt) e le quattro Memores domini che hanno assistito il porporato fino alla fine dei suoi giorni.
Stima da parte di molti
Una figura amata e stimata, Cordes, anzitutto dai giovani ai quali ha prestato attenzione sin dai tempi in cui aveva fondato il Centro San Lorenzo da cui nacque l’iniziativa di organizzare un incontro internazionale della gioventù a Roma nella solennità delle Palme del 1984, piccolo embrione di quelle che sarebbero divenute poi in seguito per volontà di Giovanni Paolo II e su spinta del cardinale Eduardo Pironio le GMG (Giornate Mondiali della Gioventù). Stimato e amato, Cordes, pure dai membri del Cammino Neocatecumenale e del Rinnovamento Carismatico di cui sempre Wojtyla gli chiese di seguire “ad personam” l’apostolato. Amato e stimato, infine, dal personale del Pontificio Consiglio per i Laici, di cui è stato vice presidente, e poi di Cor Unum, per l’attenzione che ebbe sempre ai bisogni dei più fragili, ai quali – ha scritto il Papa nel telegramma di cordoglio di sabato scorso – “ha comunicato l’amore e la tenerezza di Cristo”. Non solo Cordes, ha sottolineato sempre Francesco, “non ha risparmiato energie per testimoniare la paterna sollecitudine del Papa ai più poveri”.
"Ha accolto il tramonto con serenità"
Un servizio alla Santa Sede e alla Chiesa ripercorso, passo dopo passo, dal cardinale Re nella sua omelia che ha tratto le mosse dal ricordo degli ultimi giorni di vita di Cordes: “Mentre le sue energie andavano diminuendo, aveva accolto il suo tramonto con grande serenità, dando prova di genuina spiritualità”. “L’anima del cardinale Cordes è ora nelle mani di Dio”, ha aggiunto Re, rimarcando come “per il credente la realtà della morte è il passaggio da questo mondo alla casa del Padre per godere dell’immensità del suo amore”. È quell’amore che aveva spinto il giovane Paul Josef ad interrompere gli studi di medicina per entrare nel Seminario maggiore di Paderborn. Un cambiamento di prospettiva per cui lui stesso confidava di essere debitore a una suora francescana di clausura conosciuta dalla sua famiglia, suor Candida di Olpe, che per anni aveva pregato perché lui diventasse sacerdote, senza che lui lo sapesse.
Fedele a Dio, alla Chiesa e al Papa
Fu ordinato per la diocesi di Paderborn nel 1961; dieci anni dopo si laureò in Teologia dogmatica all’Università di Magonza e, qualche mese dopo, fu nominato segretario della Commissione pastorale in seno alla Conferenza Episcopale tedesca. Con questo incarico, incominciò a collaborare con associazioni, movimenti spirituali e diverse istituzioni ecclesiali in Germania. “Questa esperienza gli permise di dare un buon contributo al Sinodo delle diocesi della Repubblica Federale di Germania svoltosi nel 1972”, ha ricordato Re. Quando nel ‘75 Paolo VI lo nominò vescovo ausiliare di Paderborn, scelse “Deus fidelis” come motto episcopale perché, affermava, “Dio è sempre fedele e la fedeltà di Dio ci impegna ad essere anche noi fedeli”. “E il cardinale Cordes, nei vari compiti che gli furono affidati, fu sempre animato da uno spirito di fedeltà a Dio, alla Chiesa e al Papa”, ha sottolineato il decano del Collegio cardinalizio.
Il servizio per i più fragili
Ha quindi ricordato il lavoro nella Curia romana, l’impegno a favore del mondo giovanile, in contatto con le varie Associazioni giovanili e Movimenti spirituali, l’idea di creare un centro “per aiutare spiritualmente i giovani di passaggio a Roma”. Poi il ruolo di guida a “Cor Unum”, durante il quale “con grande trasporto si occupò del coordinamento delle organizzazioni umanitarie della Chiesa. Numerose furono le missioni nel mondo che gli furono affidate per portare la carità e la solidarietà del Papa”, ha rammentato Re. Fu Benedetto XVI nel 2007 a crearlo cardinale. E lui, Cordes, nel suo testamento spirituale, scriveva: “Uno sguardo retrospettivo di fede alla mia storia, mi convince che non è stata determinata da casualità o dal mio intervento... Ho potuto sperimentare le parole del cardinale Dopfner: ‘Dio è ed è per me, è qui per noi’. Nell’ora dell’addio, vorrei lasciare questa certezza ai miei compagni di viaggio. Mi resta da chiedere loro perdono per le offese e chiedere la loro preghiera affinché io possa raggiungere la beatitudine eterna nella vita trinitaria di Dio”.
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