Il Papa: la distruzione della terra offende Dio, lavorare a una cultura della vita
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Il dilemma è capire se “stiamo lavorando per una cultura della vita o una cultura della morte”, a una cultura cioè di totale distruzione del pianeta che rappresenta “un’offesa contro Dio”. E se si sta lavorando ad una cultura della vita, allora bisogna stare “attenti al grido della terra”, “ascoltare la supplica dei poveri”, e sviluppare “una nuova architettura finanziaria che risponda alle esigenze del Sud del mondo e degli Stati insulari gravemente colpiti dai disastri climatici”, procedendo anche alla “ristrutturazione e riduzione del debito, insieme allo sviluppo di una nuova Carta finanziaria globale entro il 2025”, riconoscendo così il “debito ecologico”.
È una sorta di road map sulla difesa della Casa comune il lungo discorso che Papa Francesco rivolge ai partecipanti al Summit organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze e dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, dal titolo “Dalla crisi climatica alla resilienza climatica”, che alla Casina Pio IV riunisce anche sindaci e governatori. Francesco li ha ricevuti oggi, 16 maggio, nel Palazzo Apostolico vaticano.
I poveri sono vittime
Francesco rilancia gli appelli già espressi nella Laudato si’ e nella Laudate Deum e ribadisce la preoccupazione per i dati sul cambiamento climatico che “si aggravano di anno in anno”: “È pertanto urgente proteggere le persone e la natura”, afferma.
Le popolazioni più povere, che hanno ben poco a che fare con le emissioni inquinanti, dovranno ricevere maggior sostegno e protezione. Sono delle vittime
Cultura della vita e cultura della morte
Come nel discorso alla Cop28 di Dubai del dicembre 2023, Papa Francesco ripete che “la distruzione dell’ambiente è un’offesa contro Dio, un peccato che non è solo personale ma anche strutturale, che mette in grave pericolo tutti gli esseri umani, soprattutto i più vulnerabili, e minaccia di scatenare un conflitto tra generazioni”.
La domanda dunque è: stiamo lavorando per una cultura della vita o una cultura della morte?
Minacce esistenziali per l’umanità
C’è in gioco una “grave responsabilità” che è quella di garantire che non venga negato il futuro a giovani e bambini. Le sfide davanti sono numerose: “Sistemiche, distinte ma interconnesse: il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, il degrado ambientale, le disparità globali, l’insicurezza alimentare e una minaccia alla dignità delle popolazioni coinvolte”.
Questi problemi rappresentano minacce esistenziali per l’umanità, per gli altri esseri viventi e per tutti gli ecosistemi
Le Nazioni più ricche producono oltre la metà degli inquinanti
Sia chiaro: “Sono i poveri della terra a soffrire maggiormente, nonostante contribuiscano in misura minore al problema”, rimarca il Papa. “Le Nazioni più ricche, circa un miliardo di persone, producono oltre la metà degli inquinanti che intrappolano il calore”. Al contrario, “i tre miliardi di persone più povere contribuiscono per meno del 10%, ma sopportano il 75% delle perdite che ne derivano”. Poi ci sono i 46 Paesi meno sviluppati – per lo più africani – che rappresentano solo l’1,1% delle emissioni globali di CO2, mentre le nazioni del G20 sono responsabili dell’80% di queste emissioni.
Il peso "sproporzionato" per donne e bambini
Dunque è “un peso sproporzionato”, denuncia Francesco, quello che devono sopportare soprattutto donne e bambini.
Spesso le donne non dispongono del medesimo accesso alle risorse degli uomini; inoltre, la cura della casa e dei bambini può ostacolare la possibilità di migrare in caso di catastrofe. Tuttavia, le donne non sono solo vittime del cambiamento climatico: esse sono anche potenti agenti di resilienza e di adattamento
Colpe gravi
Riguardo ai bambini, Francesco ricorda che quasi “un miliardo” di minori risiede in Paesi che affrontano “un rischio estremamente elevato di devastazione legata al clima”. “L’età evolutiva li rende più suscettibili agli effetti, sia fisici che psicologici, del cambiamento climatico”. È pertanto una “colpa grave” il rifiuto di agire rapidamente per proteggere i più vulnerabili. Senza dimenticare che, evidenzia il Pontefice, “un ordinato progresso” è ostacolato dalla “vorace ricerca di guadagni a breve termine delle industrie inquinanti e dalla disinformazione”, che “genera confusione e ostacola gli sforzi collettivi per un’inversione di rotta”.
Lo spettro del cambiamento climatico incombe su ogni aspetto dell’esistenza, minacciando l’acqua, l’aria, il cibo e i sistemi energetici. Altrettanto allarmanti sono le minacce alla salute pubblica e al benessere
Affermare la sacralità di ogni vita umana
In mezzo ad uno scenario a dir poco drammatico, ferito da dissoluzione delle comunità, sfollamento forzato delle famiglie, inquinamento atmosferico che “miete prematuramente milioni di vite ogni anno”, si aggiunge anche la tragedia della migrazione forzata. Su quest’ultimo punto si sofferma il Papa, richiamando l'attenzione collettiva sui tanti fratelli e sorelle che perdono la vita nei viaggi disperati.
Difendere la dignità e i diritti dei migranti climatici significa affermare la sacralità di ogni vita umana ed esige di onorare il mandato divino di custodire e proteggere la casa comune
Approccio universale e azioni rapide e risolute
Di fronte a questa crisi planetaria, l’appello del Vescovo di Roma è molteplice. Anzitutto “adottare un approccio universale e un’azione rapida e risoluta, in grado di produrre cambiamenti e decisioni politiche”; poi “invertire la curva del riscaldamento, cercando di dimezzare il tasso di riscaldamento nel breve arco di un quarto di secolo” e puntare “a una de-carbonizzazione globale, eliminando la dipendenza dai combustibili fossili”. In terzo luogo, rimuovere “le grandi quantità di anidride carbonica dall’atmosfera, mediante una gestione ambientale che abbraccia diverse generazioni”.
Lavoro sinfonico
“È un lavoro lungo, ma è anche lungimirante. Ma dobbiamo intraprenderlo tutti insieme”, incoraggia Francesco. Dobbiamo farlo in modo “sinfonico, armonicamente, tutti insieme”.
Salvaguardiamo le ricchezze naturali: il bacino amazzonico e quello del Congo, le torbiere e le mangrovie, gli oceani, le barriere coralline, i terreni agricoli e le calotte glaciali, per il loro contributo alla riduzione delle emissioni globali di carbonio.
“Con questo approccio olistico – assicura il Papa - si combatte il cambiamento climatico, e si affronta anche la duplice crisi della perdita di biodiversità e della disuguaglianza, coltivando gli ecosistemi che sostengono la vita”.
Nuova architettura finanziaria per il Sud del mondo
Ultimo punto che il Papa affronta è quello di “una nuova architettura finanziaria che risponda alle esigenze del Sud del mondo e degli Stati insulari gravemente colpiti dai disastri climatici”. “La ristrutturazione e riduzione del debito, insieme allo sviluppo di una nuova Carta finanziaria globale entro il 2025, riconoscendo una sorta di debito ecologico – dice –, possono essere di valido aiuto alla mitigazione dei cambiamenti climatici”.
Da qui l’invito ad “agire con urgenza – con urgenza! –, compassione e determinazione”.
“La posta in gioco non potrebbe essere più alta”.
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