Il Papa: per il Giubileo si cancelli o riduca il debito estero dei Paesi poveri
Gianluca Biccini - Città del Vaticano
“Una nuova architettura finanziaria internazionale audace e creativa” che nella prospettiva del Giubileo del 2025 porti a una moratoria del debito estero dei Paesi più poveri. È tornato a chiederla Papa Francesco, ricevendo prima dell’udienza generale di stamane, mercoledì 5 giugno, i partecipanti al seminario “Affrontare la crisi del debito nel Sud del mondo”, promosso dalla Pontificia Accademia delle Scienze. Ad accompagnarli il cardinale cancelliere Peter Kodwo Appiah Turkson, organizzatore del dialogo sull’attuazione di politiche miranti a risolvere il problema del debito internazionale, che affligge molti Paesi del Sud del mondo: il che significa milioni di famiglie e persone.
Il Pontefice ha spiegato come non vada “bene qualsiasi forma di finanziamento”, ma solo quelle che implichino “una condivisione di responsabilità” tra chi riceve e chi concede gli aiuti. Perché, ha aggiunto, il beneficio che possono apportare, dipende dalle condizioni dei prestiti, da come vengono utilizzati e dal contesto in cui vengono risolte eventuali crisi economiche e finanziarie che potrebbero verificarsi. Del resto, ha incalzato Francesco, “dopo la globalizzazione mal gestita, la pandemia e le guerre, ci troviamo di fronte a una crisi del debito che colpisce soprattutto i Paesi del Sud del mondo, generando miseria e angoscia, e privando milioni di persone della possibilità di un futuro degno”.
Privazioni incompatibili con la dignità umana
E poiché nessun governo può accettare moralmente che il proprio popolo “soffra di privazioni incompatibili con la dignità umana” il Papa ritiene necessaria “la creazione di un meccanismo multinazionale, basato sulla solidarietà e sull’armonia tra i popoli, che tenga conto del significato globale del problema e delle sue implicazioni economiche, finanziarie e sociali” al fine di spezzare il circolo vizioso del finanziamento che diventa indebitamento. Del resto, per il vescovo di Roma l’assenza di meccanismi di compensazione favorirebbe quel “si salvi chi può”, in cui “a perdere sono sempre i più deboli”.
La bussola è la dottrina sociale della Chiesa
Ecco allora che sulla scia del magistero dei predecessori, Papa Bergoglio ha ribadito l’esigenza di soluzioni ispirate a principi di giustizia e di solidarietà, agendo in buona fede e nella verità e seguendo un codice di condotta internazionale con standard di valore etico che tutelino le negoziazioni. Appena due giorni fa, per esempio, incontrando i partecipanti ai “Dialoghi per una Finanza Integralmente Sostenibile”, promossi dalla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice, aveva indicato nel magistero sociale della Chiesa la bussola per una riforma etica in campo economico e finanziario. Stamattina, invece, ha rilanciato gli auspici di san Giovanni Paolo II in vista dell’Anno santo del 2000 contenuti nella lettera apostolica Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994) in preparazione al Grande Giubileo e riproposti cinque anni dopo, poco prima dell’apertura della Porta santa, all’udienza generale del 3 novembre 1999. Anche perché, ha sottolineato in proposito Francesco, quella di condonare i debiti nell’anno giubilare era una tradizione del popolo ebraico. Inoltre Papa Wojtyła ritenendo che la questione del debito estero fosse “non solo di natura economica”, ma toccasse “principi etici fondamentali” suggeriva che essa dovesse “trovare spazio nel diritto internazionale” e individuava nell’Anno santo l’occasione propizia per gesti di buona volontà come la cancellazione dei “debiti, o almeno ridurli”.
Debito estero e debito ecologico
E riecheggiando questo appello definito “profetico” ed “oggi più urgente che mai” Francesco, nel tener presente che debito ecologico e debito estero sono due facce della stessa medaglia che ipotecano il futuro, ha esortato per il Giubileo 2025 ad aprire mente e cuore “per sciogliere i nodi di quei legami che soffocano il presente, senza dimenticare che noi siamo solo custodi e amministratori”. Si tratta insomma di un nuovo invito a sognare e ad agire insieme nella costruzione responsabile della casa comune, nella consapevolezza che “nessuno può abitarla con la coscienza tranquilla quando sa” di essere circondato da “moltitudini di fratelli e sorelle affamati, immersi nell’esclusione sociale e nella vulnerabilità”. Di più: “Permettere che ciò accada è un peccato umano”, ha concluso Papa Bergoglio, e “anche se uno non ha fede, è peccato sociale”.
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