Francesco arrivato in Papua Nuova Guinea, in centinaia per strada a dargli il benvenuto
Salvatore Cernuzio - Inviato a Port Moresby
Un vento secco, neanche troppo leggero, che faceva volare le talari dei vescovi e le bandierine sulle vetture, un odore dolciastro nell'aria e un generale buio a causa della scarsità di corrente hanno dato il benvenuto a Papa Francesco, arrivato in serata a Port Moresby, capitale della Papua Nuova Guinea, seconda tappa fino al prossimo 9 settembre del 45.mo viaggio apostolico nel Sud Est asiatico e in Oceania. L'aereo, un A330 della Garuda Indonesia, vettore di bandiera, con a bordo il Papa, il seguito e circa 80 giornalisti di testate internazionali è atterrato nel Jacksons International Airport alle 19.06, ora locale (11.06 ora di Roma) quando era già buio. Un buio generalizzato, interrotto solo da qualche lampione che illuminava i cartelloni di Welcome Pope Francis e la pedana coperta, ultimata nel pomeriggio di oggi, dove si è svolta la cerimonia di benvenuto.
L'accoglienza al Jacksons International Airport
Venti colpi di cannone hanno reso onore all'arrivo del Pontefice argentino, per la prima volta in Oceania, salutato dal vice primo ministro John Rosso, e dall’arcivescovo di Port Moresby, cardinale John Ribat, e da due bambini in abito tribale, con grandi piume e gonne di paglia, che ai piedi della scaletta del velivolo gli hanno consegnato dei fiori. La cerimonia è stata breve e sobria: gli inni, il picchetto militare, il saluto delle reciproche delegazioni. Poi il Papa si è diretto in macchina nella Nunziatura Apostolica, presso la Lolorua Street, accanto al sobborgo di Korobosea, area prevalentemente residenziale, che sarà il suo luogo di residenza in questi giorni papuani.
In massa per strada con i lumini
Già uscendo dal piazzale dell'aeroporto si vedevano nutriti gruppi di bambini in abiti tipici sostare lungo le strade puntellate da piante tropicali. Forse avevano preparato qualche esibizione ma il ritardo generale non l'ha consentito. In pochi si aspettavano però l'enorme massa di fedeli scesi sui marciapiedi o in piedi su macchine e camionette venuti a salutare il passaggio del Papa. Difficile da quantificarli: centinaia di migliaia, quasi - forse - la metà dei 325 mila abitanti. Uno spettacolo reso ancora più impressionante dal contrasto tra il buio, simbolo di quella povertà che attanaglia la capitale (quasi paragonabile a una bidonville di Haiti o dell'Africa se non fosse per i pochi grattacieli, hotel e centri commerciali del centro), e i lumini a forma di candela bianca che tutti tenevano in mano. Sono rimasti ordinati nonostante i grossi numeri, a parte qualche attraversamento veloce che ha costretto le camionette del seguito a brusche frenate e qualcuno che rincorreva le vetture. Merito dei volontari dispiegati già dal pomeriggio.
Donne e bambini
Tantissimi erano bambini. Erano di ogni età e altezza, scalzi o in infradito, con le magliettone lunghe con stampato il volto del Papa. Numerose anche le donne: cantavano al passaggio dell’auto bianca o sventolavano striscioni e foto. Alcune di queste riportavano l'immagine di volti in bianco e nero, forse vittime delle violenze, specie quelle tribali, che hanno lacerato il Paese anche di recente. Due cartelloni spiccavano in particolare tra le luci flebili delle candele: uno in inglese con la scritta So far from Rome, yet close to help, "Così lontano da Roma, così vicino per aiutare" e un altro di benvenuto al Papa che recitava in stampatello Cristo viene tra noi. Una fiammella della fede viva che anima questi cristiani, il 95% dei nove milioni di abitanti, due dei quali cattolici, con alcune comunità nelle zone rurali che, raccontano i missionari di vari ordini, vivono un cristianesimo come quello delle origini che va ancora attecchendosi in tradizioni ancestrali e riti legati alla terra e alla natura.
Uno scenario, dunque, quello della Papua Nuova Guinea, totalmente diverso rispetto all’Indonesia salutata questa mattina con una Jakarta grigia ma assolata, inquinata ma tecnologicamente avanzata e per certi versi occidentalizzata. Quasi il 40% della popolazione qui vive in condizioni di povertà assoluta. Un quarto dei bambini in età scolare primaria e secondaria non frequenta la scuola, gran parte bambine. Ci si uccide in massa per regolamenti di conti tra tribù rivali e si lasciano i corpi per le strade di periferia. Certi volti dei tanti, tantissimi, visti dai marciapiedi sembravano urlare aiuto e denunciare sofferenza. Quella che il Papa è venuto a lenire, trent’anni dopo il suo predecessore Giovanni Paolo II, pellegrino in questa terra oceanica nel 1995.
Gli appuntamenti di domani
Il viaggio in Papua Nuova Guinea entrerà nel vivo: ad aprire la giornata sarà la visita di cortesia del Pontefice al governatore generale presso la Government House, seguita dall’incontro con le autorità, società civile e corpo diplomatico nell’Apec Haus. Nella stessa giornata di domani, il Papa vedrà, presso la Caritas Technical Secondary School, i bambini di Street Ministry, organizzazione che si occupa di minori svantaggiati, e i bimbi di Callan Services, rete che si occupa di persone, adulti e bambini, con disabilità. A chiudere il primo giorno di viaggio, infine, l’appuntamento presso il Santuario di Maria Ausiliatrice, con i vescovi della Papua e delle Isole Salomone, insieme a sacerdoti, diaconi, consacrati, seminaristi, catechisti. La tappa nel Paese prevede anche una visita del Pontefice nella piccola città di Vanimo, vicino al confine con l’Indonesia, dove Jorge Mario Bergoglio ritroverà il suo vecchio amico argentino padre Martin Prado, 35 anni, da dieci in Papua Nuova Guinea dove assiste le comunità dei villaggi anche più sperduti.
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