Il Papa: la cultura non sia settaria ma contribuisca al bene dell’umanità

Incontrando i docenti dell’Università Cattolica di Lovanio, Francesco auspica che la formazione culturale non sia “fine a sé stessa” e che le università siano finestre aperte al mondo. Ringrazia l’ateneo belga per avere accolto tanti rifugiati costretti a fuggire dalle loro terre, tra insicurezze, disagi e sofferenze. E ai docenti dice: siate inquieti cercatori della verità, generate una cultura dell’inclusione, della compassione, dell’attenzione verso i più deboli

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Allargare i confini della conoscenza! Non si tratta di moltiplicare le nozioni e le teorie, ma di fare della formazione accademica e culturale uno spazio vitale, che comprende la vita e parla alla vita. 

Lascia questo compito Papa Francesco ai docenti dell’Università cattolica di Lovanio, il più antico ateneo cattolico del mondo, fondato con una bolla di Papa Martino V il 9 dicembre 1425, che nel corso del tempo è cresciuto notevolmente e che oggi, puntando allo sviluppo scientifico orientato a livello internazionale, conta oltre 60mila studenti e circa 10mila dipendenti. Nel 1968 ha originato due entità distinte: la Katholieke Universiteit di lingua fiamminga e l’Université Catholique di lingua francese, a Louvain-la-Neuve, ed è nella sede della prima che Francesco viene accolto dai due rettori, dall’arcivescovo di Malines-Bruxelles in qualità di Gran Cancelliere dell’Università, monsignor Luc Terlinden, e da diverse autorità civili.

Raggiunta, mediante l’ascensore, la Promotion Hall, il Pontefice firma il Libro d’Onore, dove scrive: “Quest'antica e grande Università possa sempre formare menti e cuori aperti alla verità, capaci di leggere i segni dei tempi e dediti alle nobili cause della vita civile. Non dimenticatevi: la realtà è superiore alla idea, il tutto è superiore alla parte, l’unità è superiore al conflitto, il tempo è superiore allo spazio”.

Il Papa mentre firma il Libro d'Onore
Il Papa mentre firma il Libro d'Onore

Il Coro della Cappella Pratensis intona un canto polifonico. Al termine parla al Pontefice il rettore della KU, Luc Sels che rivolge il suo saluto e presenta l’ateneo, prossimo a celebrare 600 anni di storia, successivamente vengono proiettati un video sull’assistenza ai rifugiati e una video-testimonianza di alcuni di loro.

Le università finestre aperte sul mondo

Francesco pronuncia il suo discorso dopo avere ascoltato un altro canto polifonico, e sottolinea anzitutto che il primo compito di una università è “offrire una formazione integrale perché le persone ricevano gli strumenti necessari a interpretare il presente e a progettare il futuro”, perché la formazione culturale non deve essere “fine a sé stessa” e gli atenei non devono “diventare delle ‘cattedrali nel deserto’”, essendo “per loro natura, luoghi propulsori di idee e di stimoli nuovi per la vita e il pensiero dell’uomo e per le sfide della società”, e quindi “spazi generativi”, che generano cioè “cultura”, “idee”, e promuovono “la passione per la ricerca della verità, al servizio del progresso umano”. E inoltre devono essere “una finestra aperta al mondo di oggi”.  

E, a questo proposito, voglio dirvi sinceramente: grazie! Grazie perché, allargando i confini, vi siete fatti spazio accogliente per tutti i rifugiati che sono costretti a fuggire dalle loro terre, tra mille insicurezze, enormi disagi e sofferenze a volte atroci. Grazie.

Francesco mentre tiene il suo discorso
Francesco mentre tiene il suo discorso

La cultura sia a servizio dell’umanità

Guardando al momento attuale, il Papa rimarca che “mentre alcuni invocano il rafforzamento dei confini”, la comunità universitaria di Lovanio, i confini li ha “allargati”, accogliendo “persone segnate dal dolore, per aiutarle a studiare e a crescere”.

Ci serve questo: una cultura che allarga i confini, che non è “settaria” - e voi non siete settari, grazie - né si pone al di sopra degli altri ma, al contrario, sta nella pasta del mondo portandovi dentro un lievito buono, che contribuisce al bene dell’umanità. Questo compito, questa “speranza più grande”, è affidata a voi!

La missione degli atenei cattolici

A proposito degli atenei cattolici, Francesco ricorda che, come evidenziato nella Costituzione apostolica Veritatis gaudium circa le università e le facoltà ecclesiastiche, “sono chiamati a ‘portare il decisivo contributo del lievito, del sale e della luce del Vangelo di Gesù Cristo e della Tradizione viva della Chiesa sempre aperta a nuovi scenari e a nuove proposte’” e ribadisce che “allargare i confini e diventare uno spazio aperto per l’uomo e per la società è la grande missione dell’università”.

La Promotion Hall della Katholieke Universiteit Leuven
La Promotion Hall della Katholieke Universiteit Leuven

La stanchezza dello spirito

Ma il Papa si sofferma soprattutto sulla realtà contemporanea, dove emerge “una cultura segnata dalla rinuncia alla ricerca della verità”, è venuta meno “l’inquieta passione del cercare” e ci si rifugia “nella comodità di un pensiero debole, il dramma del pensiero debole", e ciò "nella convinzione che tutto sia uguale, che una cosa valga l’altra, che tutto sia relativo”. È quella che si può chiamare “stanchezza dello spirito, che ci consegna all’incertezza permanente e all’assenza di passione, come se fosse inutile cercare un senso in una realtà che rimane incomprensibile”. In pratica si tratta della “condizione tragica e angosciante dell’uomo del Novecento”, fa notare il Pontefice, descritta da Franz Kafka in alcuni personaggi delle sue opere. E la definisce stanchezza dello spirito, poiché risulta faticoso “cercare la verità”, "uscire" da sè stessi, "rischiare", farsi "delle domande”, e allora affascina maggiormente “una vita superficiale che non si pone troppi interrogativi; così come allo stesso modo ci attira di più una ‘fede’ facile, leggera, confortevole, che non mette mai nulla in discussione”.

Il razionalismo senz’anima

E inoltre bisogna considerare che quando “si parla della verità, si scade spesso in un atteggiamento razionalista", aggiunge Francesco, che ritiene "vero soltanto ciò che possiamo misurare e sperimentare, toccare, come se la vita fosse ridotta unicamente alla materia e a ciò che è visibile”. È questo “il razionalismo senz’anima”, nel quale si rischia di cadere, avverte il Pontefice. Perché “quando si riduce l’uomo alla sola materia, quando la realtà viene costretta dentro i limiti di ciò che è visibile; quando la ragione è soltanto quella matematica”, una ragione “da laboratorio”, succede che “viene meno lo stupore - e quando manca lo stupore non si può pensare; lo stupore è l’inizio della filosofia, è l’inizio del pensiero - viene meno quella meraviglia interiore che ci spinge a cercare oltre, a guardare il cielo, a scovare nella verità nascosta che affronta le domande fondamentali: perché vivo? che senso ha la mia vita?”.

Alcuni docenti
Alcuni docenti

Essere inquieti cercatori della verità

Di fronte a tutto ciò il Papa esorta ancora ad allargare i propri confini, a guardare oltre, a non fermarsi alla propria circoscritta realtà

Chiediamo che Dio benedica il nostro lavoro, al servizio di una cultura capace di affrontare le sfide di oggi. Lo Spirito Santo che abbiamo ricevuto in dono ci spinge a creare, ad aprire gli spazi del nostro pensare e del nostro agire, fino a condurci alla verità tutta intera.

E se è vero che l’uomo ha la consapevolezza di non sapere ancora tutto, l’auspicio di Francesco ai docenti è che “questo limite” possa spingerli “sempre in avanti”, aiutarli “a mantenere accesa la fiamma della ricerca e a rimanere una finestra aperta al mondo di oggi”. Da qui l’incoraggiamento ad essere “inquieti cercatori della verità”, a non spegnere “mai la passione, per non cedere all’accidia del pensiero, che è una malattia molto brutta”. Infine dal Papa un’ulteriore raccomandazione ai professori dell’Università di Lovanio, quella di essere “protagonisti nel generare una cultura dell’inclusione, della compassione, dell’attenzione verso i più deboli e verso le grandi sfide nel mondo in cui viviamo”.

 

Un fragoroso applauso accoglie le parole di Francesco, che concluso il suo discorso, dopo alcune strette di mano e qualche saluto, raggiunle i saloni del Rettorato. Qui si intrattiene con alcuni giovani rifugiati del Centro sanitario Paso, poi lascia l'università per recarsi a Grote Markt. Nella piazza principale di Lovanio, che ospita alcuni maestosi edifici in gotico brabantino, lo aspettano 5mila persone radunatesi nonostante la pioggia. Il Pontefice attraversa un lungo tratto in strada in golf car, accolto calorosamente dai fedeli assiepati dietro le transenne. E mentre continua a piovere e il piccolo veicolo procede lentamente, il Papa dispensa saluti e sorrisi, poi, raggiunta la sua auto, si avvia verso la Nunziatura Apostolica, a Bruxelles.

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27 settembre 2024, 18:00