Francesco saluta l'Indonesia: costruite una civiltà gentile e capace di speranza
Benedetta Capelli - Città del Vaticano
L’ultimo evento del Papa a Jakarta è nel segno del dare e del ricevere affetto da parte dei fedeli che affollano lo stadio Madya A, adiacente al Gelora Bung Karno, dove entra dopo un giro in papamobile assieme al cardinale Ignatius Suharyo, arcivescovo metropolita di Jakarta, e ricevendo il saluto del presidente uscente Joko Widodo. Poi si sposta nel secondo stadio, sempre sorridente mentre saluta la folla, circa 100 mila presenti nei due impianti, passa tra cappellini verdi, gialli e rossi, tra bandierine diverse e bacia i bambini mentre in tanti scandiscono in italiano un coro: “W Papa Francesco”. Sono tutti segni di quel moto di affetto che lo ha colpito nei tre giorni passati in Indonesia.
Costruttori di speranza
Sul palco dominato dal bianco e da un grande Crocifisso, il Pontefice celebra la Messa nel Gelora Bung Karno Main Stadium, il più grande del Paese e che vanta un record: è il più luminoso al mondo. Di luce il Papa parla anche nell’omelia quando ricorda che l’uomo ha bisogno di una fiammella che lo guidi e che viene dal cielo. È con la forza che viene dalla Parola e che trasforma il cuore che Francesco chiede al popolo indonesiano di assolvere ad un compito grande e importante ma che è anche scritto, come dimostra il passato, nel loro dna.
Non stancatevi di sognare e costruire ancora una civiltà della pace! Osate sempre il sogno della fraternità che è un vero tesoro, fra voi! Sulla Parola del Signore vi incoraggio a seminare amore, a percorrere fiduciosi la strada del dialogo, a praticare ancora la vostra bontà e gentilezza col sorriso tipico che vi contraddistingue. Vi hanno detto che voi siete un popolo sorridente? Non perdere il sorriso, per favore, e andare avanti! E siate costruttori di speranza.
La Parola che diventa vita
Ascoltare la Parola e viverla: sono le due direttrici che orientano la riflessione del Papa e che si intrecciano in maniera indissolubile nel Vangelo proclamato, solo così - afferma Francesco - non saremo “ascoltatori vani che illudono se stessi”, che sentono solo con le orecchie senza cambiare “il modo di pensare, di sentire, di agire”.
La Parola che ci viene donata e che ascoltiamo chiede di diventare vita, di trasformare la vita, di incarnarsi nella nostra vita.
La bussola per il cammino
Prendendo spunto dall’episodio evangelico nel quale Gesù dalla barca parla alla folla, Francesco sottolinea “che il cuore dell’uomo è sempre alla ricerca di una verità capace di sfamare e saziare il suo desiderio di felicità” ma attenzione perché non bisogna accontentarsi “delle sole parole umane, dei criteri di questo mondo, dei giudizi terreni”, c’è bisogno di una luce che illumini, di acqua viva che disseti i deserti dell’anima.
In mezzo allo stordimento e alla vanità delle parole umane, fratelli e sorelle c’è bisogno della Parola di Dio, la Parola di Dio, l’unica che è bussola per il nostro cammino, l’unica che tra tante ferite e smarrimenti è in grado di ricondurci al significato autentico della vita.
“La nostra vita di fede - prosegue il Papa - inizia quando umilmente accogliamo Gesù sulla barca della nostra esistenza, gli facciamo spazio, ci mettiamo in ascolto della sua Parola e da essa ci facciamo interrogare, scuotere e cambiare”.
Correre il rischio
La Parola che ci tocca non può però restare astratta, “ci chiede di cambiare il nostro sguardo, di lasciarci trasformare il cuore a immagine di quello di Cristo; ci chiama a gettare con coraggio le reti del Vangelo in mezzo al mare del mondo”. Significa correre il rischio, osare, prendere il largo nonostante le tentazioni che portano a lasciar stare.
Anche a noi, fratelli e sorelle, il Signore, con la forza bruciante della sua Parola, chiede di prendere il largo, di staccarci dalle rive stagnanti delle cattive abitudini, delle paure e delle mediocrità, per osare una nuova vita. La mediocrità, la mediocrità piace al diavolo, eh! Perchè entra lì e ci rovina.
Il silenzio per pensare ai propri fallimenti
Come Pietro che segue Gesù nonostante il fallimento di una notte con le reti vuote, così - è l’invito del Papa - dobbiamo “costruire una società più giusta”, “andare avanti sulla via della pace e del dialogo, che qui in Indonesia - afferma - già da tempo è stata tracciata”. Proprio sui fallimenti Francesco invita a riflettere mettendosi in silenzio.
I fallimenti ci prendono e noi possiamo diventare prigionieri dei fallimenti, no, per favore: non restate prigionieri dei nostri fallimenti - e, invece di rimanere con lo sguardo fisso sulle nostre reti vuote, di guardare a Gesù e fidarci di Lui. Non guardare le tue reti vuote, guarda Gesù, guarda Gesù! Lui ti farà camminare, lui ti farà andare bene: fidati di Gesù. Sempre possiamo rischiare di prendere il largo e gettare nuovamente le reti, anche quando abbiamo attraversato la notte del fallimento, il tempo della delusione in cui non abbiamo preso nulla. Adesso farò un piccolo silenzio e ognuno di voi pensi ai propri fallimenti. E guardando questi fallimenti, rischiamo, andiamo avanti con il coraggio della Parola di Dio.
Insieme per il bene della Chiesa
Nell’odierna memoria liturgica di Santa Teresa di Calcutta, Francesco richiama una sua bellissima frase: “Quando non abbiamo nulla da dare, diamogli quel nulla. E ricorda: anche se non dovessi raccogliere niente, non stancarti mai di seminare”. È questa la consegna al popolo indonesiano chiamato a gettare le reti e prendere il largo in nome della pace.
Camminate insieme per il bene della società e della Chiesa! Siate costruttori di speranza. Sentite bene: siate costruttori di speranza, quella speranza del Vangelo che non delude, non delude mai, e che ci apre alla gioia senza fine.
Fede, fraternità, compassione
Al termine della Messa, il cardinale Ignazio Suharyo, arcivescovo di Jakarta, esprime la sua gratitudine al Papa per il pellegrinaggio “lungo e faticoso” nel Paese, per la sua vicinanza “fin dall’inizio della lotta per l’indipendenza dell’Indonesia”. L’arcivescovo ricorda la preparazione alla visita, segnata dalla preghiera e dalle tre parole scelte come motto: fede, fraternità, compassione. Fraternità che deve diventare in futuro disposizione concreta verso i più fragili e attenzione alla terra sofferente, facendosi pellegrini di speranza. "La mia visita in mezzo a voi - dice il Papa - volge al termine e voglio esprimere la mia gioiosa gratitudine per la squisita accoglienza che mi è stata riservata". Parole di ringraziamento poi per le autorità del Paese e per la Chiesa locale in particolare le religiose che definisce "brave donne". "Mi raccomando - è poi l'ultima indicazione del Papa - fate chiasso!".
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