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2024.09.08 Viaggio Apostolico in Papua Nuova Guinea - Incontro con i fedeli della Diocesi di Vanimo Editoriale

Il cristianesimo, una storia di volti

In Papua Nuova Guinea, Francesco a Vanimo ha coronato il sogno di abbracciare la periferia più periferica del mondo.

ANDREA TORNIELLI

Il cristianesimo non è una filosofia, un’idea, un manuale di regole morali. Il cristianesimo è un avvenimento intessuto di stupore e di volti. A Vanimo e poi nello sperduto villaggio di Baro, un’afosissima domenica pomeriggio, ne abbiamo avuto ancora una volta la prova. C’era stupore e gratitudine nei volti di Miguel De la Calle, Martín Prado e Tomás Ravaioli, i missionari argentini del Verbo Incarnato che con gioia spendono la loro esistenza per annunciare il Vangelo nella periferia della periferia del mondo, in questa terra stupenda che ha i colori dei quadri di Paul Gauguin. C’era stupore e gratitudine nel volto di Francesco, che a quasi 88 anni, costretto in sedia a rotelle, si è imbarcato su un Hercules C130 dell’Air Force australiana zeppo di pacchi di aiuti e di regali, per coronare un sogno coltivato lungo un decennio: quello di essere qui, con loro e di abbracciare con lo sguardo e le mani di vecchio padre gesuita divenuto pastore universale quegli uomini felici, vestiti di bianco come lui, e soprattutto la loro gente. Quella gente che ha imparato a conoscere la Madre di Gesù dal volto di “Mama Luján”, la Madonna patrona dell’Argentina.

Bisognava vederlo Papa Francesco, seduto nella piccola sala della casa di legno tappezzata di zanzariere dove risiedono i missionari, mentre sorseggiava il mate seduto accanto a loro, dopo il bagno di folla tra uomini, donne e bambini dai vestiti coloratissimi, coperti di poche piume o paglia, con i corpi variopinti. Da anni il Successore di Pietro è in contatto con i suoi conterranei che testimoniano l’amore incondizionato del Dio di Gesù Cristo tra questa gente. In particolare con uno di questi, padre Martín. Ieri il giovane missionario non aveva parole per ringraziare l’amico che ha sfidato tutto e tutti per poter essere qui anche soltanto per poche ore e vedere con i suoi occhi lo spettacolo di una chiesa nascente e le sue mille sfide vissute con letizia.

I problemi a Vanimo e Baro non mancano. La gente vive nella precarietà, senza acqua corrente ed elettricità, ci sono pochi medicinali. La violenza, il tribalismo e lo sfruttamento dell’enorme ricchezza di minerali e legname da parte delle multinazionali, sono una realtà. I padri del Verbo Incarnato, in questa costa dell’Oceano Pacifico stretta tra la giungla e la barriera corallina, nel 2018 hanno fatto nascere un’orchestra di archi composta da bambini e ragazzi. Nella tonnellata di pacchi trasportati dal Papa sull’aereo militare c’erano anche violini e violoncelli. Francesco, felice come un bambino, ha potuto ascoltare un paio di brani. Nel vedere la scena non si può non pensare al miracolo delle reducciones, i villaggi indigeni del Paraguay organizzati dai gesuiti, con le loro scuole di canto, dei quali rimane eco nei libri di storia e nelle scene del film “Mission”. Piccoli germogli di Vangelo che spuntano sommessamente tra le culture ancestrali e riverberano tenerezza, vicinanza, compassione, amore incondizionato verso gli ultimi e i dimenticati. Vite donate per amore fino all’ultima goccia. Gioia nei volti di anziani e dei tantissimi bambini sorridenti. Gioia nei volti impastati di sole e sudore dei missionari che oggi indossano la veste candida per accogliere il Vescovo di Roma loro amico. Gioia nel volto di Francesco, che risale sul C130 militare ma avrebbe voluto rimanere qui.

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09 settembre 2024, 01:58