Belgio, il Papa: le nazioni imparino dalla storia ed evitino nuove catastrofi
Alessandro Di Bussolo - Città del Vaticano
Una preghiera per “i responsabili delle Nazioni” di tutto il mondo, perché guardando al Belgio e alla sua storia, “magistra vitae troppo spesso inascoltata”, ne traggano insegnamento e sappiano “risparmiare ai loro popoli” le sciagure e i lutti delle guerre. Papa Francesco la eleva nella Grande Galerie del Castello di Laeken, residenza ufficiale del re del Belgio, a conclusione del discorso a circa 300 rappresentanti delle autorità politiche e religiose, degli imprenditori, e della società civile e della cultura. Da questo piccolo ma al tempo stesso grande Paese, che lo ha accolto nella serata di venerdì con una pioggia battente, il Papa prega “affinché i governanti sappiano assumersi la responsabilità, il rischio e l’onore della pace e sappiano allontanare l’azzardo, l’ignominia e l’assurdità della guerra”. E convertano i loro cuori, “mettendo sempre al primo posto il bene comune”. Ancora, nel Paese definito “cuore pulsante” dell’Europa e ponte tra il suo sud e nord, chiama il Vecchio continente a riprendere il cammino, investire nel futuro “aprendosi alla vita”, per “sconfiggere l’inverno demografico e l’inferno della guerra!”. Infine, parla degli abusi sui minori come di "un crimine di cui Chiesa deve vergognarsi e chiedere perdono, e cercare di risolvere con l’umiltà cristiana".
La prima giornata del viaggio in Belgio
La prima giornata di Francesco in Belgio, secondo Pontefice dopo san Giovanni Paolo II nel 1995 a visitare questo Paese e la capitale Bruxelles, scelta dall’Europa, al termine della Seconda Guerra mondiale, come sede delle principali istituzioni europee, era iniziata con la Messa privata in Nunziatura alle 7. Alle 9.15 il corteo papale parte per raggiungere - scortato da soldati a cavallo schierati in parata - il Castello di Laeken, residenza solitamente usata per le cerimonie ufficiali. E’ stato costruito dagli arciduchi austriaci e governatori generali dei Paesi Bassi, Maria Cristina d’Austria e Alberto di Sassonia-Teschen e completato nel 1785. Qui, poco dopo le 9.30, inizia la visita di cortesia al Re del Belgio Filippo, che accoglie con molta cordialità e scambi di sorrisi Papa Francesco all’ingresso, insieme alla regina Mathilde.
La visita di cortesia al re Filippo
Dopo la foto ufficiale nel Vestibule, nel Salon des arts il Papa firma del Libro d’onore, circondato dagli splendidi arazzi provenienti dalla Francia. Francesco scrive: “Con animo grato visito il Belgio, segno e ponte di pace, dove culture, lingue e popoli diversi convivono nel rispetto reciproco. Che Dio benedica il Belgio!”. Successivamente il re e il Pontefice spostano nel Bureau de Sa Majesté e infine nel Salon des princes per lo scambio di doni e la presentazione dei quattro figli della coppia reale. Al termine, l’incontro con il primo ministro Alexander De Croo. Quindi il re, la regina e il Papa, con il premier, si trasferiscono, poco dopo le 10.15, nella Grande Galerie per l’incontro con le Autorità.
Un ponte per costruire la pace e ripudiare la guerra
Papa Francesco apre il suo discorso definendo il Belgio un ponte, “tra il continente e le isole britanniche, tra l’area di matrice germanica e quella francofona, tra il sud e il nord dell’Europa”. E proprio per il suo essere “sulla linea di faglia tra mondo germanico e mondo latino, confinante con Francia e Germania, che più avevano incarnato le antitesi nazionalistiche alla base del conflitto” fu scelto dai popoli europei come sede naturale delle principali istituzioni europee, luogo ideale dove iniziare un serio cammino di pacificazione e integrazione. “Quasi una sintesi dell’Europa – spiega il Papa - da cui ripartire per la sua ricostruzione, fisica, morale e spirituale”. Un ponte, quindi, “per permettere alla concordia di espandersi e di far indietreggiare le controversie”. Dove ciascuno incontra l’altro “e sceglie la parola, il dialogo, la condivisione come mezzi per relazionarsi”.
Un luogo dove si impara a fare della propria identità non un idolo o una barriera, ma uno spazio ospitale da cui partire e a cui ritornare, dove promuovere validi interscambi e cercare insieme nuovi equilibri, costruire nuove sintesi. Un ponte che favorisce i commerci, mette in comunicazione e fa dialogare le civiltà. Un ponte dunque indispensabile per costruire la pace e ripudiare la guerra.
"Vicini ad una guerra quasi mondiale"
Per questo, prosegue Francesco, l’Europa ha bisogno del Belgio “per ricordare a sé stessa la sua storia”, fatta di popoli e culture, di cattedrali e università, di conquiste dell’ingegno umano, ma anche da tante guerre, volute “volontà di dominio”, diventata a volte “colonialismo e sfruttamento”. Ne ha bisogno “per portare avanti il cammino di pace e di fraternità tra i popoli che la compongono”.
Questo Paese ricorda a tutti gli altri che, quando – sulla base delle più varie e insostenibili scuse – si comincia a non rispettare più confini e trattati e si lascia alle armi il diritto di creare il diritto, sovvertendo quello vigente, si scoperchia il vaso di Pandora e tutti i venti incominciano a soffiare violenti, squassando la casa e minacciando di distruggerla. Siamo vicini ad una guerra quasi mondiale.
L'Europa investa sul futuro aprendosi alla vita
La concordia e la pace, sottolinea il Pontefice, vanno coltivate con tenacia e pazienza, perché l’essere umano, “quando smette di fare memoria del passato e di lasciarsene istruire”, ha la capacità “di tornare a cadere anche dopo che si era finalmente rialzato”, dimenticando “le sofferenze e i costi spaventosi pagati dalle generazioni precedenti”. Per questo il Belgio è prezioso per la memoria dell’Europa, perché sviluppi “un’azione culturale, sociale e politica costante e tempestiva”, che escluda un futuro in cui la guerra diventi “un’opzione percorribile, con conseguenze catastrofiche”.
La storia, magistra vitae troppo spesso inascoltata, dal Belgio chiama l’Europa a riprendere il suo cammino, a ritrovare il suo vero volto, a investire nuovamente sul futuro aprendosi alla vita, alla speranza, per sconfiggere l’inverno demografico e l’inferno della guerra! E sono due calamità in questo momento. L’inferno della guerra, lo stiamo vedendo, che può trasformarsi in una guerra mondiale; e l’inverno demografico. Questo dobbiamo essere pratici: fare figli! Fare figli!
La Chiesa in Belgio tra la carità e il dramma degli abusi
La Chiesa Cattolica, in Belgio e in Europa, ricorda Papa Francesco vuol’essere una presenza che, “testimoniando la propria fede in Cristo Risorto, offre alle persone, alle famiglie, alle società e alle Nazioni una speranza antica e sempre nuova”. E aiutare tutti ad affrontare le sfide e le prove, “con la certezza che l’essere umano, amato da Dio, ha una vocazione eterna di pace e di bene”. La Chiesa, prosegue, “annuncia una Notizia che può colmare i cuori di gioia e, con le opere di carità e le innumerevoli testimonianze di amore al prossimo, cerca di offrire segni concreti e prove dell’amore che la muove”. Ma nella concretezza del tempo, non sempre “vive il messaggio evangelico nella sua purezza e completezza”. La Chiesa, aggiunge, è santa e peccatrice.
In questa perenne coesistenza fra santità e peccato, di luce e ombra vive la Chiesa, con esiti spesso di grande generosità e splendida dedizione, e a volte purtroppo con l’emergere di dolorose contro-testimonianze. Penso alle drammatiche vicende degli abusi sui minori, una piaga che la Chiesa sta affrontando con decisione e fermezza, ascoltando e accompagnando le persone ferite e attuando in tutto il mondo un capillare programma di prevenzione.
Un crimine di cui la Chiesa deve vergognarsi
Francesco, alzando gli occhi dal discorso preparato, aggiunge che questa è "la vergogna che oggi tutti noi dobbiamo prendere in mano e chiedere perdono" e risolvere il problema, la vergogna degli abusi minorili.
Noi pensiamo al tempo dei santi innocenti e diciamo: “Oh che tragedia, cosa ha fatto il re Erode”, ma oggi nella stessa Chiesa c’è questo crimine e la Chiesa deve vergognarsi e chiedere perdono, e cercare di risolvere questa situazione con l’umiltà cristiana. E mettere tutte le cose, tutte le possibilità perché questo non succeda più. Qualcuno mi dice: “Ma santità, pensi che secondo le statistiche la grande maggioranza degli abusi si da in famiglia o nel quartiere o al mondo dello sport, nella scuola”, se uno solo è sufficiente per vergognarsi. Nella Chiesa dobbiamo chiedere perdono di questo, che gli altri chiedano perdono dalla loro parte. Questa è la nostra vergogna e la nostra umiliazione.
Il drammatico fenomeno delle "adozioni forzate"
Il Papa sottolinea anche di essere rattristato dal fenomeno delle “adozioni forzate”, avvenute anche in Belgio tra gli anni ’50 e ’70 del secolo scorso. Spinose storie frutto “di una mentalità diffusa in tutti gli strati della società”. Spesso la famiglia e anche la Chiesa, spiega, “hanno pensato che per togliere lo stigma negativo, che purtroppo a quei tempi colpiva la madre non sposata, fosse preferibile per il bene di entrambi, madre e bambino, che quest’ultimo venisse adottato”. E in alcuni “ad alcune donne non venne data la possibilità di scegliere se tenere il bambino o darlo in adozione”.
"Prego perchè i governi si assumano la responsabilità della pace"
Per questo Francesco prega il Signore, “affinché la Chiesa trovi sempre in sé la forza per fare chiarezza e per non uniformarsi alla cultura dominante”, anche quando questa utilizzasse, manipolandoli, valori che derivano dal Vangelo, per trarne però indebite conclusioni, con il loro pesante esito di sofferenze e di esclusione. Prega anche “affinché i responsabili delle Nazioni, guardando al Belgio e alla sua storia, sappiano trarne insegnamento e in questo modo risparmiare ai loro popoli sciagure senza fine e lutti senza numero”.
Prego affinché i governanti sappiano assumersi la responsabilità, il rischio e l’onore della pace e sappiano allontanare l’azzardo, l’ignominia e l’assurdità della guerra. Prego affinché temano il giudizio della coscienza, della storia e di Dio, e convertano lo sguardo e i cuori, mettendo sempre al primo posto il bene comune. In questo momento nel quale l’economia si è sviluppata tanto, vorrei sottolineare che in qualche Paese gli investimenti che danno più redditi sono le fabbriche delle armi.
Il motto: in cammino con speranza
Il Pontefice conclude ricordando il motto della visita in Belgio, “En route, avec Espérance”, in cammino con speranza. E riflette sul fatto che Espérance “sia scritto con la maiuscola”: perché “la speranza è un dono di Dio, e si porta nel cuore!”. Lascia così un augurio a tutti gli uomini e le donne che vivono in Belgio: “possiate sempre chiedere e accogliere questo dono dallo Spirito Santo, per camminare insieme con Speranza nella strada della vita e della storia”.
Il re Filippo: l’impegno del Papa contro ogni forma di ingiustizia
Il primo a salutare il Pontefice era stato il re Filippo, che ha ricordato l’impegno del Papa contro ogni forma d’ingiustizia, a difesa dei popoli più poveri e più colpiti dai cambiamenti climatici e dalle guerre dimenticate. Ha parlato dei suoi sforzi per la pace e contro il rischio di una “terza guerra mondiale a pezzi” e sottolineato l’impegno del Pontefice per la nostra "casa comune", per lo sviluppo integrale e per il dialogo tra culture e fedi. Da parte sua, il primo ministro De Croo ha ricordato gli sforzi del Belgio nel sostenere il popolo ucraino “e promuovere la sua ricerca di pace e di sicurezza”. Sul conflitto in Medio Oriente. ha evidenziato che la via d’uscita passa “dalla liberazione degli ostaggi e dal ritorno, per la popolazione di Gaza, a delle condizioni di vita dignitosa”. Ha raccontato poi di un Paese “cambiato radicalmente dalla visita” di san Giovanni Paolo II del 1995, nel quale “varie comunità religiose vivono pacificamente insieme, l'uno accanto all'altro nella nostra società secolarizzata”.
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