Il Papa: la Chiesa in Papua Nuova Guinea sia casa accogliente
Lorena Leonardi – Città del Vaticano
Il coraggio di cominciare, la bellezza di esserci e la speranza di crescere, comportandosi secondo “lo stile di Dio”, fatto di “vicinanza, compassione e tenerezza”. Ruota attorno a questi temi il discorso rivolto da Papa Francesco oggi, 7 settembre, pomeriggio ora locale e mattina in Italia, ai presenti nel santuario di Maria Ausiliatrice a Port Moresby. Il Pontefice vi ha incontrato i vescovi della Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone, i sacerdoti e i diaconi, i consacrati e le consacrate, i seminaristi e i catechisti e, lasciandosi ispirare dalle testimonianze ascoltate, ha pronunciato il suo discorso.
Dono prezioso per la Chiesa
Dopo la visita di cortesia al governatore generale e l’incontro con le autorità, la società civile e il corpo diplomatico al mattino, nel pomeriggio Francesco ha vissuto un momento molto toccante con bambini di strada e disabili nella Caritas Technical Secondary School. Quindi ha raggiunto il santuario mariano per l’appuntamento conclusivo della giornata. Qui il presidente della Conferenza che riunisce i presuli dello Stato affacciato sul Pacifico e quelli delle isole dell’arcipelago al limite orientale del mare delle Salomone, monsignor Otto Separy, gli ha dato il benvenuto in una “terra bellissima con 800 lingue e culture diverse e migliaia di tribù”. Il vescovo ha espresso gratitudine al Pontefice per la sua presenza, “un dono prezioso per la Chiesa in questa terra e per ciascuno di noi individualmente, poiché conferma la nostra comunione nell’unica fede”.
Tre aspetti del cammino missionario
Dopo le testimonianze, Francesco ha parlato, manifestando apprezzamento per la struttura diocesana che ha ospitato l’incontro, dedicata “a Maria Aiuto dei Cristiani: Maria Ausiliatrice, secondo il titolo tanto caro a San Giovanni Bosco; Maria Helpim, come con affetto la invocate qui”.
Ha dunque tracciato un parallelismo con la costruzione – ispirata nel 1844 dalla Madonna al fondatore della famiglia salesiana – di un edificio di culto in suo onore a Torino, diventato poi “centro di irradiazione del Vangelo, di formazione dei giovani e di carità, punto di riferimento per tanta gente”. Ricordando con un sorriso di essere stato battezzato in una chiesa dedicata a Maria Ausiliatrice a Buenos Aires, il Papa ha spiegato che il santuario di Port Moresby può essere un simbolo in modo particolare a proposito di tre aspetti del cammino cristiano e missionario: il coraggio di cominciare, la bellezza di esserci e la speranza di crescere.
Fare il primo passo
“Il coraggio di cominciare”, ha detto, è quello dei costruttori della chiesa e del loro atto di fede, possibile però “solo grazie a tanti altri inizi coraggiosi di chi li ha preceduti”. Il Pontefice ha dunque fatto riferimento all’arrivo dei missionari nel Paese nella metà del XIX secolo: “I primi passi del loro lavoro non sono stati facili”, ma essi “non si sono arresi” e “con grande fede e con zelo apostolico hanno continuato a predicare il Vangelo e a servire i fratelli, ricominciando molte volte dove non avevano avuto successo, con tanti sacrifici”.
A ricordarlo, rimarca Francesco indicando le vetrate nonostante il buio, sono i volti dei santi e beati legati alla storia del cattolicesimo in Oceania. I missionari, ha aggiunto a braccio, “sono uomini di partenze, questa è la loro vita”.
È grazie a loro, alle loro “partenze” e “ripartenze”, che siamo qui e che oggi, nonostante le sfide che pure non mancano, continuiamo ad andare avanti, senza paura, sapendo che non siamo soli: è il Signore che agisce, in noi e con noi, rendendoci, come loro, strumenti della sua grazia.
In partenza per le periferie
A proposito di partenze, il Papa raccomanda “una via importante” verso cui dirigerle, quella delle periferie del Paese, pensando alle persone “appartenenti alle fasce più disagiate delle popolazioni urbane” e che vivono “nelle zone più remote e abbandonate, dove a volte manca il necessario”. La preoccupazione di Francesco è forte per quanti sono emarginati e feriti, “sia moralmente che fisicamente, dal pregiudizio e dalla superstizione, a volte fino a rischio della vita”.
A questi fratelli e sorelle la Chiesa desidera essere particolarmente vicina, perché in loro Gesù è presente in modo speciale, e dove c’è Lui, nostro capo, ci siamo anche noi, sue membra.
Per favore, ha aggiunto a braccio rivolgendosi ai presenti, “non dimenticate i tre atteggiamenti più belli di Dio, la vicinanza, la compassione e la tenerezza”.
Il tesoro più bello
Il secondo aspetto, “la bellezza di esserci”, il Papa lo vede simboleggiato nelle conchiglie kina poste a ornamento del presbiterio della chiesa in segno di prosperità:
Ci ricordano che qui il tesoro più bello agli occhi del Padre siamo noi, stretti attorno a Gesù, sotto il manto di Maria, spiritualmente uniti a tutti i fratelli e le sorelle che il Signore ci ha affidato e che non possono essere qui, accesi dal desiderio che il mondo intero possa conoscere il Vangelo e condividerne con noi la forza e la luce.
Riannodando il discorso all'interrogativo posto da una delle testimonianze su come trasmettere ai giovani l’entusiasmo della missione, Papa Francesco ammette che non pensa ci siano “tecniche” per questo, “un modo collaudato, però, – lo diceva Benedetto XVI – è proprio quello di coltivare e condividere con loro la nostra gioia di essere Chiesa, casa accogliente fatta di pietre vive, scelte e preziose, poste dal Signore le une accanto alle altre e cementate dal suo amore”.
Anche la stima e il rispetto reciproco, il mettersi al servizio gli uni degli altri, ha aggiunto richiamando la testimonianza della partecipante al Sinodo sulla sinodalità, mostra non solo ai giovani ma a chiunque ci incontri “quanto è bello seguire insieme Gesù e annunciare il suo Vangelo”.
La bellezza di esserci, allora, non si sperimenta tanto in occasione dei grandi eventi e nei momenti di successo, quanto piuttosto nella fedeltà e nell’amore con cui ogni giorno ci si impegna a crescere insieme.
Semi di bene nei solchi del mondo
Francesco giunge così al terzo e ultimo aspetto, la “speranza di crescere”, prendendo spunto dal passaggio del Mar Rosso raffigurato nel santuario, con i patriarchi Abramo, Isacco e Mosè “resi fecondi dalla fede”.
Questo è un segno importante, perché incoraggia anche noi, oggi, ad avere fiducia nella fecondità del nostro apostolato, continuando a gettare piccoli semi di bene nei solchi del mondo.
Anche se minuscoli “come un granello di senape”, se ci fidiamo e non smettiamo di spargerli, per grazia di Dio questi semi, assicura il Santo Padre, “germoglieranno, daranno un raccolto abbondante e produrranno alberi capaci di accogliere gli uccelli del cielo”. Così noi “continuiamo ad evangelizzare, pazientemente, senza lasciarci scoraggiare da difficoltà e incomprensioni”.
Continuate così la vostra missione, come testimoni di coraggio, di bellezza e di speranza! E non dimenticate lo stile di Dio: vicinanza, compassione e tenerezza. Sempre avanti con questo stile!
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