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2019.01.21 Piazza di Spagna, Propaganda Fide, Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli 2019.01.21 Piazza di Spagna, Propaganda Fide, Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli 

Francesco riorganizza la Diocesi di Roma per "integrare" periferie e centro

Per favorire un sempre maggiore spirito di comunione ecclesiale, con il Motu proprio “La vera bellezza” il Papa include le cinque prefetture del settore Centro negli altri settori periferici, riducendo l’organizzazione territoriale ai quattro punti cardinali. Una visione dinamica che prevede non muri ma ponti: “Più ci prendiamo cura delle fragilità e più risultiamo belli”. L’auspicio, in vista del Giubileo, è che Roma sia un’unica grande casa per tutti

Antonella Palermo - Città del Vaticano

Con un Motu proprio del 1° ottobre, Papa Francesco dispone la ridefinizione dei confini delle prefetture in cui è suddivisa la Diocesi di Roma, affinché siano armonizzati i contesti di riferimento e le parrocchie che vi appartengono. Le attuali cinque prefetture del settore Centro vengono incluse negli altri Settori, riducendo l’organizzazione territoriale ai quattro punti cardinali.

Favorire maggiore comunione ecclesiale

Nell’imminenza del Giubileo, spiega il Pontefice nel documento, la rilettura del senso pastorale da attribuire alla presenza sul territorio da parte della diocesi di Roma è diventata "necessaria e improrogabile" per una serie di ragioni che attengono al cambiamento d'epoca che stiamo vivendo e al bisogno di creare una visione più dinamica tra centro e periferie. Lo spirito sotteso a questa modifica che, precisa il Papa, richiederà alcuni mesi di lavoro, è favorire "sempre maggiore spirito di comunione ecclesiale". 

Centro e periferie

La constatazione che fa da premessa al documento riguarda il fatto che l'espansione dell'agglomerato urbano ha via via creato di fatto una separazione tra centro e periferie. Il centro storico (grande santuario a cielo aperto) si è sempre più isolato con il rischio di diventare esclusivamente un museo da visitare e meno un luogo capace di "manifestare e diffondere tutta la santità di Roma". Le periferie, al contrario, hanno ricevuto una minore attenzione e cura da parte del Comune spesso percepito poco capace di fornire adeguati servizi. Da un lato, dunque, svuotamento residenziale del centro - caratterizzato prevalentemente da pendolari, turisti, commercianti - accompagnato da una pastorale sempre più ridotta "anche se talune belle e positive" (lo stesso numero di parrocchie, trentacinque, ne è segno) dall'altro, periferie che trovano nelle parrocchie un riferimento importante, valido e ben radicato. "Un patrimonio dall’alta potenzialità da tempo in giacenza - scive il Papa - chiede di essere ripensato e messo a servizio del popolo di Dio".

Sciogliere la tensione bipolare, non muri ma ponti

"In questo orizzonte - prosegue il testo - non ci sono più un centro isolato e una periferia divisa in compartimenti separati, ma, in una visione dinamica che prevede non muri ma ponti, la diocesi di Roma sarà concepita come un unico centro che si espande attraverso i quattro punti cardinali". Il Papa precisa che il venir meno dei confini del settore Centro "non significa affatto chiuderlo", bensì aprirlo. Il proposito è favorire "anche in seno al Consiglio Episcopale condivisione di lavoro e unità d’intenti su un’area della città così nevralgica. Con l’auspicio di sciogliere - sottolinea - la tensione bipolare che nel tempo si è innestata nella percezione sociale ed ecclesiale tra centro storico e periferie".

Rimodulare i ritmi pastorali sul popolo di Dio

Sono quattro i principi della Dottrina Sociale della Chiesa, e richiamati nella Evangelii gaudium, che costituiscono la matrice ispiratrice del Motu proprio. Francesco li ha ricordati più di una volta anche durante il suo recente viaggio apostolico in Lussemburgo e Belgio. "Se i pastori non si rendono conto che il cambiamento d’epoca richiede una rimodulazione anche dei ritmi sacramentali e pastorali, il rischio è di risultare sterili", scandisce il Papa. "Occorre tenere conto dei ritmi del Popolo di Dio che abita in un determinato territorio parrocchiale e di orari più compatibili con i tempi di una famiglia". E aggiunge che la confluenza del settore Centro negli altri settori significa renderli partecipi di tutta la storia del cristianesimo a Roma. Nel concreto vuol dire che le riunioni, le celebrazioni, gli incontri di Settore possono arricchirsi di luoghi e di spazi antichi, capaci di rendere esplicite le profonde radici che fondano l’identità dei credenti romani. 

Oltre i numeri, la profondità dell'esperienza spirituale

Poiché, come ribadisce il Successore di Pietro, il tempo è superiore allo spazio, la preparazione al Giubileo per le parrocchie di Roma non si deve fermare a valutare il dato quantitativo relativo ai pellegrini presenti: bisogna prepararsi a sentirsi parte di una storia carica di luce e di bellezza, e pronti ad accogliere e condividere tale bellezza in un senso più profondo. In questa ottica, "le porte del Giubileo, prima ancora di essere occasione d’incontro con i pellegrini provenienti da tutto il mondo, devono essere meta di pellegrinaggio per gli stessi romani". Il Vescovo di Roma fa alcuni esempi di pellegrinaggio urbano, come la “Corona di Maria” o la “visita delle Sette Chiese” sulle orme di San Filippo Neri o la visita alle catacombe e al Verano nel mese dei defunti, la visita a Piazza di Spagna nel giorno della Solennità dell’Immacolata Concezione, il pellegrinaggio verso la Sacra Culla custodita a Santa Maria Maggiore nel tempo di Natale, la visita alle antiche Stationes nel tempo di Quaresima, la visita alla Scala Santa e a Santa Croce in Gerusalemme nella Settimana Santa, la scoperta di tante icone mariane nel mese di maggio e di ottobre. 

"Più ci prendiamo cura delle fragilità e più risultiamo belli"

Il Papa si sofferma inoltre sul significato di bellezza nella convinzione, osserva, che "la bellezza salverà il mondo solo se la Chiesa riuscirà a salvare la bellezza; salvarla dalle manipolazioni ideologiche del falso progresso e dalla sottomissione al commercio e all’economia, che spesso la riducono a specchietto per le allodole o a bene di consumo effimero". Torna la metafora materna: tutta la città, e non solo il centro storico, è manifestazione della concreta maternità della Chiesa, dice Francesco che mette a fuoco: "La fragilità è un’altra manifestazione della bellezza che ci impone attenzione. Più ci prendiamo cura delle fragilità e più risultiamo belli". Il Papa coglie l'occasione per ringraziare i tanti operatori e volontari che, con autentico spirito evangelico, hanno reso Roma una città sensibile alle esigenze dei bisognosi, soprattutto nel Centro Storico. Elogia tante realtà aggregative che fanno capo a molte confraternite o enti affini, le quali si occupano della cura dei più deboli. Realtà che devono essere "conosciute, incrementate e sostenute da tutta la diocesi". A questo proposito, si è proceduto nel nominare un Vicario Episcopale specifico a cui fare riferimento per gli Enti e le Rettorie.

I "feudi" nella Chiesa sono un peccato verso la comunione

Il Papa infine puntualizza che "oggi non ha più senso moltiplicare appartenenze e adesioni a subculture che invece di rafforzare l’unità diocesana spesso alimentano conflitti. Non possono esistere feudi nella divisione dei territori dal punto di vista ecclesiale". Arriva a dire che "ridurre la parrocchia a microcosmo è un peccato verso l’unità e la comunione diocesana, ridurre le comunità a subculture a sé stanti è un peccato contro la comunione ecclesiale. Ciò vale per tutte quelle realtà o movimenti ecclesiali che preferiscono spendere energie marcando differenze, piuttosto che salvaguardare l’unità della diocesi. Roma è un’unica grande casa in cui tutti – romani e non – dobbiamo sentirci “a casa”, accolti come pellegrini". Il Vescovo di Roma conclude dunque che "il dinamismo sinodale della Chiesa deve essere assecondato e deve permettere un’agevole fluttuazione all’interno dell’unica cornice solida, che è la Chiesa particolare, la diocesi". È necessario andare al di là del "bisogno elitario ed egoistico di erigere muri di separazione e di contrasto", ripete il documento papale. "La risposta della nostra diocesi è quella di gettare ponti" su cui possa scorrere agevolmente la comunione ecclesiale che ci rende tutti, uno per uno e tutti insieme, appartenenti solo a Cristo Risorto e alla sua Chiesa. 

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03 ottobre 2024, 17:47