Il Papa: tristi le disparità nella scolarizzazione, imperativo morale cambiare la situazione
Antonella Palermo - Città del Vaticano
Il discorso che il Papa rivolge oggi, 21 novembre, ai partecipati alla prima assemblea plenaria del Dicastero per la Cultura e l'Educazione ha una forte connotazione sociale. Precisando che la confluenza dei due ambiti in un'unica struttura vaticana ha la finalità di promuovere dialogo, sinergie e innovazione, il Pontefice dà una scossa di vigore ed entusiasmo a chi lavora nell'ambito della formazione per far sì che ci si liberi da paure e da schemi che intrappolano ispirazione e creatività. Usa inoltre il termine "genocidio" per riferirsi a quelle che definisce "tristi disparità" nell'accesso scolastico e riporta alcuni dati: se da un lato circa 110 milioni di bambini completano la scolarizzazione primaria, dall'altro, circa 250 milioni non frequentano la scuola.
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Il mondo non ha bisogno di sonnambuli
"Le patologie del mondo presente non sono una fatalità che dobbiamo accettare passivamente, e meno ancora comodamente", afferma il Successore di Pietro che vuole infondere linfa nuova a scuole, università, centri culturali. La vocazione di questi luoghi del sapere viene rimessa a fuoco: dovrebbero insegnare a desiderare, a rimanere assetati, ad avere sogni.
Il mondo non ha bisogno di ripetitori sonnambuli di quello che c’è già; ha bisogno di nuovi coreografi, di nuovi interpreti delle risorse che l’essere umano si porta dentro, di nuovi poeti sociali. Infatti, non servono modelli di istruzione che siano mere “fabbriche di risultati”, senza un progetto culturale che permetta la formazione di persone capaci di aiutare il mondo a cambiare pagina, eradicando la disuguaglianza, la povertà endemica e l’esclusione.
Conoscere per andare oltre l'autopreservazione
Cita un passaggio dalle poesie di Emily Dickinson in cui emerge un sursum corda, una chiamata ad essere "traboccanti", aperti costamentente a nuove scoperte, senza timori. Del resto, non è la prima volta che il Papa invita a usare massima creatività nella vita, e non solo nei campi in cui questa è data per scontata. In particolare riprende un verso che gli piace: “Ubriacarsi d’Aurora”, una bella immagine per sottolineare questo processo. È sulla qualità delle attese che spinge il Papa e, da buon gesuita, rimette ancora una volta in campo il discernimento:
La domanda-chiave per le nostre istituzioni è questa: «Che cosa aspettiamo davvero?». Forse la risposta sincera sarà deludente: il successo agli occhi del mondo, l’onore di essere nel “ranking” o l’autopreservazione. Certo, se fosse così, sarebbe troppo poco!
"Siate copiosi! Rischiate"
Il Papa spiega che la fiducia può davvero scansare ogni forma di ripiegamento: Cristo è compagno di viaggio e l'umanità è custode di una eredità che ci supera. Ciò basta a sollevarci. Qui cita il prezioso bagaglio di cui siamo corredati e che aiuta il cammino verso una conoscenza sempre più ampia e alacremente donata: da Sant'Agostino a san Tommaso, da Edith Stein a Mozart a Rothko e Pascal.
Vi esorto: comprendete la vostra missione nel campo educativo e culturale come una chiamata ad allargare gli orizzonti, a traboccare di vitalità interiore, a fare spazio a possibilità inedite, a elargire le modalità del dono che solo diventa più ampio quando viene condiviso. A un educatore e a un artista il nostro dovere è dire: «Siate copiosi!». Non abbiamo motivo per lasciarci sopraffare dalla paura.
Sbarazzarsi del pessimismo
Fa affidamento proprio al mondo della cultura e dell'educaizone Francesco, guardando all’Anno giubilare: gridare la speranza, dice. "C’è tanto da fare: questo è il momento di rimboccarsi le maniche".
Sbarazziamoci di ogni fardello del pessimismo: il pessimismo non è cristiano. Convergiamo, con tutte le nostre forze, per sottrare l’essere umano dell’ombra del nihilismo, che è forse la piaga più pericolosa della cultura odierna, perché è quella che pretende di cancellare la speranza. E non dimentichiamo: la speranza non delude, è la forza. Quell’immagine dell’ancora: la speranza non delude.
Privare i giovani del futuro è genocidio culturale
All'indomani della Giornata Internazionale dell'infanzia e dell'adolescenza, considerando la forte dispersione scolastica che si registra nel mondo, accompagnata anche da una marcata disparità nella possibilità di frequentare la scuola, Francesco invita ad adoperarsi per modificare queste condizioni. "La nostra responsabilità è immensa. Ripeto: immensa! - afferma il Papa - Educare è avere l’audacia di confermare l’altro con quella espressione di Sant’Agostino: Volo ut sis, Voglio che tu sia". E questo è educare, precisa.
È un imperativo morale cambiare questa situazione. Perché i genocidi culturali non avvengono solo per la distruzione di un patrimonio; è genocidio culturale quando rubiamo il futuro ai bambini, quando non offriamo loro condizioni per diventare ciò che potrebbero essere. Quando vediamo in tante parti i bambini che vanno a cercare nelle spazzature cose per vendere e per poter così mangiare, pensiamo al futuro dell’umanità con questi bambini.
Studiare vantaggi e pericoli dell'AI
Alla luce dell'accelerazione scientifica che investe il mondo culturale con lo sviluppo dell'Intelligenza Artificiale, il Papa auspica che i centri di ricerca delle università studino questa "rivoluzione" per evidenziare "vantaggi e pericoli". E conclude ripetendo:
Non dobbiamo far vincere il sentimento di paura. Ricordatevi che i passaggi culturali complessi si rivelano spesso i più fecondi e creativi per lo sviluppo del pensiero umano. Contemplare Cristo vivo ci permette di avere il coraggio di lanciarci nel futuro, confidando nella parola del Signore che ci sfida: "Passiamo all’altra riva". Per favore, non siate educatori in pensione: l'educatore sempre va avanti, sempre
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