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Le suore carmelitane scalze di Compiègne ghigliottinate a Parigi nel 1794 Le suore carmelitane scalze di Compiègne ghigliottinate a Parigi nel 1794 

Sono sante le carmelitane scalze di Compiègne, ghigliottinate nel 1794 a Parigi

Papa Francesco, con la procedura della canonizzazione equipollente, ha deciso di estendere alla Chiesa universale il culto delle 16 carmelitane scalze di Compiègne ghigliottinate durante la Rivoluzione francese. Saranno beati due martiri: uno del comunismo, l’arcivescovo Eduardo Profittlich, e uno del nazifascismo, il prete Elia Comini. Diventano venerabili i servi di Dio Áron Márton, vescovo, Giuseppe Maria Leone, sacerdote, e Pietro Goursat, laico francese

Vatican News

Sono sante le beate Teresa di Sant’Agostino e 15 compagne dell’ordine delle Carmelitane Scalze di Compiègne, uccise in odium fidei durante la Rivoluzione francese. Lo ha stabilito Papa Francesco durante l’udienza odierna al cardinale prefetto Marcello Semeraro, nella quale ha anche autorizzato il Dicastero delle Cause dei Santi a promulgare i decreti riguardanti le beatificazioni di due martiri: uno del comunismo, l’arcivescovo Eduardo Profittlich, e uno del nazifascismo, il prete Elia Comini. Diventano inoltre venerabili i servi di Dio Áron Márton, vescovo, Giuseppe Maria Leone, sacerdote, e Pietro Goursat, laico francese.

Santa Teresa di Sant’Agostino e le 15 compagne carmelitane scalze di Compiègne

Approvando i voti favorevoli della sessione ordinaria dei cardinali e vescovi, membri del Dicastero, il Papa ha dunque deciso di estendere alla Chiesa universale il culto delle beate Teresa di Sant’Agostino (al secolo: Maria Maddalena Claudia Lidoine) e delle sue 15 compagne carmelitane scalze di Compiègne, che hanno subìto il martirio il 17 luglio 1794 a Parigi (Francia), iscrivendole direttamente nel catalogo dei Santi. Nel loro caso, è stata seguita la procedura della canonizzazione equipollente, una prassi avviata da Benedetto XIV con la quale il Papa estende a tutta la Chiesa mediante un decreto obbligante il culto di un servo di Dio non ancora canonizzato.

La Comunità di Compiègne fu la cinquantatreesima fondazione dell’ordine in Francia, avvenuta dopo l’arrivo nel Paese della beata Ana de Jesus, discepola di Santa Teresa d’Avila. Allo scoppio della Rivoluzione, i membri del Comitato di Salute pubblica locale si recarono al convento per indurre le monache ad abbandonare la vita religiosa. Esse rifiutarono e quando - tra il giugno e il settembre 1792 - gli episodi di violenza aumentarono, seguendo l’ispirazione della priora, suor Teresa di Sant’Agostino, tutte si offrirono al Signore in sacrificio affinché la Chiesa e lo Stato ritrovassero la pace.

Cacciate dal monastero, separate e vestite con abiti civili, esse continuarono la loro vita di preghiera e penitenza, pur divise in quattro gruppi in varie parti di Compiègne, ma unite dalla corrispondenza, sotto la direzione della superiora. Scoperte e denunciate, il 24 giugno 1794 vennero trasferite a Parigi e rinchiuse nel carcere della Conciergerie, ove già si trovavano pure molti sacerdoti, religiosi e religiose condannati a morte.

Anche nella prigionia le carmelitane furono esemplari. Il 17 luglio, il giorno dopo la festa della Madonna del Carmelo che esse avevano celebrato in carcere innalzando inni di giubilo, le sedici furono condannate a morte dal tribunale rivoluzionario tra gli altri motivi per “fanatismo” in relazione alla fervente devozione ai Sacri Cuori di Gesù e Maria.

Distribuite in due carrette, mentre venivano condotte all’esecuzione, cantarono i Salmi e, giunte ai piedi della ghigliottina, intonarono il Veni creator rinnovando una dopo l’altra i voti. I loro corpi vennero sepolti in una fossa comune, insieme a quelli di altri condannati nel luogo che è divenuto l’attuale cimitero di Picpus, dove una lapide ricorda il loro martirio. Furono beatificate nella basilica di San Pietro da san Pio X il 27 maggio 1906.

Il beato Eduardo Profittlich, martire durante il comunismo

Nel corso della stessa udienza, Francesco ha pure autorizzato il Dicastero a promulgare il decreto riguardante il martirio del servo di Dio Eduardo Profittlich, della Compagnia di Gesù, arcivescovo titolare di Adrianopoli e amministratore apostolico dell’Estonia. Nato l’11 settembre 1890 a Birresdorf, in Germania, è morto il 22 febbraio 1942 ex aerumnis carceris (per le sofferenze patite in carcere) a Kirov (Russia).

Cresciuto in una numerosa famiglia contadina, dopo aver ultimato gli studi classici nel 1912 entrò nel seminario di Treviri, ma l’anno successivo, attratto dalla spiritualità dei gesuiti ottenne di essere accolto nel loro noviziato a Heerenberg, in Olanda. Allo scoppio del Primo conflitto mondiale fu richiamato nell’esercito tedesco e assegnato al servizio sanitario. Finita la guerra riprese a studiare Filosofia e Teologia divenendo sacerdote il 27 agosto 1922. Inviato in Polonia, ottenne il dottorato in Filosofia e quello in Teologia all’Università Jagellonica di Cracovia; in seguito fu mandato in Estonia nell’ambito della Missione orientale della Compagnia di Gesù e venne affidata alle sue cure pastorali la parrocchia dei Santi Apostoli Pietro e Paolo di Tallinn. L’11 maggio 1931 Pio XI lo nominò amministratore apostolico dell’Estonia, dove Profittlich con il suo operato sostenne significativamente lo sviluppo della comunità cristiana locale. Nel novembre 1936 da Pio XI fu nominato arcivescovo titolare di Adrianopoli e nel dicembre successivo ricevette la consacrazione. A seguito dell’invasione sovietica dell’Estonia il 17 giugno 1940, quasi tutti i sacerdoti vennero arrestati: Profittlich avrebbe potuto rientrare in patria, ma scelse di restare in Estonia, con i suoi fedeli. Il 27 giugno 1941 fu arrestato e deportato a Kirpov, in Russia, dove venne sottoposto a molteplici torture alle quali rispose dichiarando che l’unica sua missione era stata rivolta alla formazione religiosa dei fedeli affidatigli. Condannato a morte, morì prima dell’esecuzione della sentenza per le sofferenze del carcere.

Il beato Elia Comini, martire del nazifascismo

Un altro decreto riguardante un martire è quello del servo di Dio Elia Comini, sacerdote salesiano nato a Calvenzano di Vergato (Italia) il 7 maggio 1910 e ucciso in odium fidei, il 1° ottobre 1944 a Pioppe di Salvaro (Italia).

Nato in una famiglia modesta, Comini frequentò la scuola degli eredi di Don Bosco a Finale Emilia, dove maturò la vocazione. Nel 1926, dopo il noviziato, fece la prima professione e venne inviato a completare gli studi a Torino Valsalice e all’Università Statale di Milano. Il 16 marzo 1935 fu ordinato sacerdote e si dedicò all’educazione dei giovani nelle scuole salesiane di Chiari e Treviglio, dove divenne anche preside.

Ogni anno trascorreva un periodo di vacanza presso l’anziana mamma e aiutava il parroco di Salvaro, dove viveva la famiglia di origine, nel servizio pastorale al villaggio. Anche nell’estate del 1944 il servo di Dio vi si recò, pur essendo quella zona al centro di combattimenti che coinvolgevano militari tedeschi, alleati e gruppi partigiani.

In quel contesto bellico don Elia predispose insieme al parroco l’accoglienza di diverse famiglie sfollate che trovarono rifugio nella parrocchia di San Michele in Salvaro. Con loro collaborò un giovane prete dehoniano, padre Martino Capelli, col quale don Elia aveva stabilito una buona intesa.

Quando i soldati delle SS dilagarono nella zona di Monte Sole, don Comini prestò soccorso alla popolazione, seppellendo i morti e nascondendo una settantina di persone in un locale attiguo alla sacrestia. Su richiesta di un gruppo di partigiani, celebrò una messa in suffragio di alcuni loro compagni caduti in battaglia. Il 29 settembre del 1944, dopo l’eccidio perpetrato dai nazisti nella vicina località detta “Creda”, il servo di Dio, insieme a padre Cappelli, accorse a portare conforto agli agonizzanti. Al suo arrivo, accusato da un delatore di essere una spia dei partigiani, fu imprigionato e costretto a trasportare munizioni. Venne infine condotto con padre Cappelli e con un altro centinaio di prigionieri, tra i quali altri tre sacerdoti, in una scuderia a Pioppe di Salvaro, dove assistette alle molteplici violenze perpetrate dagli invasori, sempre pronto a confortare, soccorrere e prestare il ministero della Confessione.

Falliti i tentativi di mediazione con i quali da più parti si cercò di salvarlo, la sera del 1° ottobre 1944 il servo di Dio venne ucciso insieme a padre Cappelli e a un gruppo di altra gente considerata “inabile al lavoro”, nonostante fosse in buona forma fisica. Durante l’esecuzione di una quarantina di persone che furono mitragliate, il corpo di don Comini protesse uno dei tre scampati a quello che divenne noto come l’eccidio di Pioppe di Salvaro. Il sopravvissuto, testimone decisivo di questi fatti, contribuì a far conoscere il martirio del servo di Dio, il cui corpo, come quello delle altre vittime, era stato disperso nelle acque del fiume Reno.

I venerabili Áron Márton, Giuseppe Maria Leone e Pietro Goursat

Quanto ai servi di Dio che diventano venerabili, si tratta di Áron Márton, vescovo di Alba Julia, nato il 28 agosto 1896 a Csíkszentdomokos (oggi Romania) e morto il 29 settembre 1980 ad Alba Iulia (Romania); di Giuseppe Maria Leone, sacerdote professo della Congregazione del Santissimo Redentore, nato il 23 maggio 1829 a Casaltrinità (oggi Trinitapoli, Italia) e morto ad Angri (Italia) il 9 agosto 1902; e di Pietro Goursat, fedele laico, nato il 15 agosto 1914 a Parigi (Francia) e ivi morto il 25 marzo 1991.

Áron Márton combatté durante la Prima guerra mondiale prima di diventare sacerdote, dedicandosi anche all’insegnamento. Da vescovo di Alba Julia, si dedicò a rinsaldare i vincoli tra il clero, diviso dalla guerra e dall’odio razziale. Negli anni della Seconda guerra mondiale si schierò apertamente contro le leggi razziali naziste e ed ebbe cura di profughi, esiliati ed ebrei. Nel periodo postbellico la sua azione pastorale fu rivolta alla salvaguardia della fede contro l’attacco dei comunisti rumeni che, tra l’altro, opprimevano la minoranza ungherese in Transilvania. Arrestato nel 1949, fu processato e condannato al carcere duro e ai lavori forzati. Soffrì molto anche fisicamente e, dopo aver lasciato la guida della sua diocesi il 2 aprile 1980 perché malato di cancro, morì qualche mese dopo.

Giuseppe Maria Leone condusse gli studi in seminario nonostante la contrarietà paterna e, dopo il noviziato dai Redentoristi, emise la professione religiosa nel 1851. Dopo essere stato a Vallo della Lucania e ad Angri, quando, nel 1860, vennero soppressi gli ordini religiosi, tornò al suo paese natale svolgendo un fruttuoso apostolato in collaborazione con il clero locale. Divenne predicatore e confessore, stando vicino alle famiglie colpite dall’epidemia di colera diffusosi nel 1867 tra la popolazione. Nel 1880, quando fu possibile riprendere la vita religiosa, rientrò nella comunità redentorista ad Angri e assunse vari incarichi dedicandosi anche alla pubblicazione e alla ristampa di alcune sue opere di carattere ascetico e spirituale. Si distinse come confessore, direttore spirituale e predicatore di esercizi spirituali ai sacerdoti, ai seminaristi e alle religiose, contribuendo notevolmente al rinnovamento della vita religiosa e alla crescita spirituale anche dei fedeli laici. Di salute assai cagionevole, le sue condizioni peggiorarono all’inizio del 1902 e morì qualche mese dopo.

Pietro Goursat visse una infanzia difficile a causa di un padre con turbe psichiche che abbandonò la famiglia. Laico consacrato, svolse una intensa attività nell’ambiente culturale francese e, riavvicinatosi al padre, sviluppò un crescente interesse per i poveri e le persone in difficoltà fisiche e mentali, dedicandosi soprattutto ai giovani minacciati dalla droga e dalla delinquenza, tanto da accogliere alcuni di essi nella casa-barcone Péniche. Avviò alcuni gruppi di preghiera che chiamò “Emmanuele”, organizzando per essi sessioni di formazione nel Santuario del Sacro Cuore di Gesù di Paray-Le-Monial. Il vescovo del luogo affidò la cura di questo santuario alla Comunità Emmanuele che lo ha fatto diventare un importante centro di spiritualità. Dopo aver avuto un infarto nel 1985, egli decise di ritirarsi dal governo della Comunità trascorrendo l’ultima parte della vita nel nascondimento e nella preghiera in un atteggiamento di fiducioso abbandono a Dio. 

 

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18 dicembre 2024, 12:10