Il Papa: il disastro di Valencia, dal fango la luce della solidarietà
Tiziana Campisi - Città del Vaticano
Sono come un grande abbraccio, carico di emozione, le parole che Francesco rivolge, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, ai formatori e ai seminaristi delle diocesi spagnole di Valencia, Orihuela-Alicante, Segorbe-Castellón, Mallorca, Menorca e Ibiza colpite, dalla fine di ottobre dello scorso anno, dalle violente alluvioni dovute alla Dana, l’estremo fenomeno meteorologico con piogge intense e temporali particolarmente noto in Spagna, che ha provocato oltre duecento morti e ingenti e gravi danni. “Non è facile esprimervi il mio sentimento”, dice il Papa nel suo discorso in spagnolo riflettendo sulle problematicità che tutti hanno dovuto affrontare. E il suo pensiero va, in particolare, alle "festività natalizie indubbiamente atipiche" vissute nelle zone devastate dal terribile disastro naturale.
“Dio si è fatto fango” in voi. Un dolore e un lutto che, nonostante la loro durezza, ci aprono alla speranza poiché, obbligandoci a toccare il fondo e a lasciare indietro tutto ciò che sembrava sostenerci, ci permettono di andare oltre. Non è qualcosa che possiamo fare da soli; è un'oscurità immensa quella che voi avete vissuto e state vivendo. E penso all'aiuto disinteressato di tante persone, agli sguardi pieni di dedizione della gente, che sono stati capaci di illuminarci con la tenerezza di Dio. In questo campo che voi siete chiamati a lavorare.
LEGGI IL DISCORSO INTEGRALE DI PAPA FRANCESCO
La speranza di fronte a una perdita
Riflettendo su quanto accaduto nella penisola iberica, Francesco considera che la Dana è la proiezione "di ciò che vive ogni essere umano che deve affrontare una perdita e si sente solo, disorientato e bisognoso di sostegno per poter andare avanti”.
Gesù lo dice chiaramente: “perché mi ha unto - perché voi siete unti - per guarire quelli che hanno il cuore rotto, per predicare un anno di grazia del Signore”. Siamo già in questo Anno di Grazia, che ho voluto dedicare alla speranza, e che vivrete in tutta la sua forza meditando queste parole.
Essere sacerdote è essere un altro Cristo
La speranza non è ottimismo, che è un’espressione “light”, spiega il Papa, “la speranza è un'altra cosa” e non si può “prendere alla leggera la sofferenza delle persone e cercare di consolarle con frasi di circostanza e buonismo”.
La nostra speranza ha un nome, Gesù, quel Dio che non ha provato disgusto per il nostro fango e che, invece di salvarci dal fango, si è fatto fango per noi. Ed essere sacerdote è essere un altro Cristo, è farsi fango nel pianto del popolo.
Donarsi agli altri gratuitamente
Stare al fianco delle “persone spezzate” che a Valencia, “hanno perso la vita a pezzi”, questo è necessario fare. “Offrite loro pezzi di voi stessi, come fa Cristo nell'Eucaristia”, incoraggia Francesco, che esorta i sacerdoti a donarsi gratuitamente, “perché tutto ciò che avete - conclude - lo avete ricevuto gratuitamente, non dimenticatevi della gratuità”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui