L'incontro di preghiera con sacerdoti e consacrati della RD Congo
Adriana Masotti - Città del Vaticano
Papa Francesco guarda alle sfide poste alla vocazione dei sacerdoti, delle religiose e dei religiosi che l’ascoltano e ne elenca tre: la mediocrità spirituale, la comodità mondana e la superficialità, cita le consolanti parole di Isaia sulla fedeltà di Dio e afferma che ciò che chiede ai consacrati: è di “essere segno di questa promessa”. La loro chiamata è a “servire il popolo come testimoni dell’amore di Dio”.
"Ricordiamocelo: il sacerdozio e la vita consacrata - afferma - diventano aridi se li viviamo per “servirci” del popolo invece che per “servirlo”. Non si tratta di un mestiere per guadagnare o avere una posizione sociale, e nemmeno per sistemare la famiglia di origine, ma è la missione di essere segni della presenza di Cristo, del suo amore incondizionato, del perdono con cui vuole riconciliarci, della compassione con cui vuole prendersi cura dei poveri".
La preghiera personale, la sobrietà e la libertà interiore al posto della ricerca del proprio interesse e la formazione costante sono i suggerimenti di Francesco per vincere le tentazioni. Essenziale è la testimonianza della vita. "Carissimi, il ministero a cui siete chiamati è proprio questo: offrire vicinanza e consolazione, come una luce sempre accesa in mezzo a tanta oscurità. E per essere fratelli e sorelle di tutti, siatelo anzitutto tra di voi: testimoni di fraternità, mai in guerra; testimoni di pace". L'augurio per loro, infine, è di essere sempre “testimoni gioiosi del Vangelo, profezia di pace nelle spirali della violenza, discepoli dell’Amore pronti a curare le ferite dei poveri e dei sofferenti”.