Ep. 27 - Carta d'imbarco - Port Moresby - 6 settembre 2024
"Nulla, non si vedeva nulla per strada. La luce va e viene qui a Port Moresby, uno dei segni più evidenti di quella povertà che attanaglia questa che sarebbe una bidonville dell’Africa o di Haiti se non fosse per i pochi alberghi, grattacieli e centri commerciali del piccolo centro". Così il nostro inviato Salvatore Cernuzio racconta l'arrivo in Papua Nuova Guinea, seconda tappa del 45.mo viaggio apostolico di Papa Francesco. Un arrivo segnato da tante fiammelle che hanno accompagnato il percorso dall'aeroporto alla Nunziatura apostolica e che erano in mano a uomini, bambini di tutte le età, alle donne che cantavano al passaggio dell’auto bianca con le bandierine del Vaticano e della Papua Nuova Guinea.
"Mi hanno colpito - spiega Salvatore Cernuzio - pure due striscioni: uno in inglese So far from Rome, yet close to help: così lontano da Roma, così vicino per aiutare; e un altro di benvenuto al Papa con la scritta: Cristo viene tra noi". "Uno scenario totalmente diverso rispetto all’Indonesia, pure il clima che ci ha accolto ha subito voluto attestare che, dopo 6 ore di volo e 3 in più di fuso orario da Roma, ci trovavamo in una differente porzione di mondo: un vento neanche troppo leggero che faceva volare le talari dei monsignori e le bandierine sulle vetture. Un sollievo dall’umidità al 90% di Jakarta".
Un'atmosfera di generale raccoglimento che ben racconta le ferite di questa gente piagata da tanti problemi e difficili condizioni di vita. "Quasi il 40% della popolazione qui vive in povertà. Un quarto dei bambini in età scolare primaria e secondaria non frequenta la scuola, gran parte bambine. Ci si uccide in massa per regolamenti di conti tra tribù rivali e si lasciano i corpi per strada nelle zone rurali". Una terra complessa che il Papa visita trent’anni dopo il suo predecessore Giovanni Paolo II, pellegrino nel 1995.