La guerra jiahadista per le risorse del Mozambico. 700 mila profughi e 2.500 morti
La guerra dei jihadisti in Mozambico è un bagno di sangue e di terrore per la conquista e il controllo delle immense ricchezze minerarie ed energetiche del nord del paese. Una guerra spietata, condotta con atrocità inenarrabili contro la popolazione inerme: obiettivo spingere gli abitanti alla fuga o sottometterli alla schiavitù di Ansar al Sunna, il movimento terrorista che ha giurato fedeltà all'Isis. Le miniere di pietre preziose e gli immensi giacimenti di gas individuati nella regione di Cabo Delgado sono la nuova piaga dei mozambicani, già provati da carestie e catastrofi naturali, cui ovviamente si è aggiunta la pandemia da Covid-19. L'attenzione su questo martoriato paese si è riaccesa in questi giorni dopo la rivelazione dell'ong Save the Children della decapitazione di bambini preadolescenti, uccisi davanti agli occhi dei genitori. Nonostante le denunce internazionali, anche da parte dell'Alto Commissario ONU Michelle Bachelet, gli unici a muoversi sono stati i mercenari assoldati per difendere gli interessi delle multinazionali che nella regione prevedono di investire circa 60 miliardi di dollari, quattro volte il Pil del paese.
Ospiti della trasmissione:
padre Bernardo Suate, sacerdote mozambicano e responsabile dei programmi per l'Africa lusofona di VaticanNews
don Angelo Romano, responsabile dell'Ufficio relazioni internazionali della Comunità di Sant'Egidio
Martina Zavagli, responsabile dei progetti di AVSI in Mozambico
Conduce: Stefano Leszczynski