Ep. 65 - Papale papale -"Nascita"
Giovanni XXIII, radiomessaggio 22 dicembre 1962
Il Nostro cuore, che è preso dal commosso incanto di quest'ora, viene presso ciascuno di voi, venerabili Fratelli e diletti figli; con l'ausilio potente e pur sommesso delle onde radiofoniche e televisive, entra nelle vostre case, che brillano di più ardente attesa per la nascita del Salvatore Divino, si apre alla tenerezza del saluto e augurio paterno. Vorremmo soffermarCi al desco dei poveri, nelle officine del lavoro, nelle aule dello studio e della scienza, al letto dei sofferenti e degli anziani, ovunque sono uomini che pregano e soffrono, lavorano per sè e per gli altri, lavorano con animo grande, in esercizio e disciplina della mente, del cuore, delle braccia. Sì, desidereremmo posare la Nostra mano sulle teste dei piccoli, guardare negli occhi i giovani, incoraggiare i papà e le mamme al proseguimento del quotidiano dovere! A tutti vorremmo ripetere le parole dell'Angelo: Vi annunzio un grande gaudio, è nato per voi il Salvatore.
Paolo VI, Angelus 9 gennaio 1972
Il Natale deve riflettere oggi in ciascuno di noi lo stesso mistero: la nascita di Cristo. Qual è questa nascita? È la fede, lo sappiamo; è la convinzione che quella realtà storica e mistica è per noi verità che ci salva; è l’adesione cosciente e voluta al fatto che siamo cristiani, che ciascuno di noi deve vivere di questa certezza e di questa coscienza. Credere bisogna; credere che da questo spirituale contatto deve derivare la luce interiore e la norma superiore della nostra maniera di pensare e di agire. Non è cosa semplice, anche perché siamo tutti pressati a prescindere dalla nostra fede religiosa, e a comportarci come se noi non la avessimo, o come se essa non avesse alcuna importanza effettiva e pratica. Invece no: il cristianesimo, al quale dobbiamo essere grati e fieri di appartenere, altro non è, nella vita vissuta, che un fatto di coerenza.
Benedetto XVI, udienza generale 19 dicembre 2007
Se da una parte il Natale ci fa commemorare il prodigio incredibile della nascita del Figlio Unigenito di Dio dalla Vergine Maria nella grotta di Betlemme, dall’altra ci esorta anche ad attendere, vegliando e pregando, lo stesso nostro Redentore, che nell’ultimo giorno “verrà a giudicare i vivi e i morti”. Forse noi oggi, anche noi credenti, aspettiamo realmente il Giudice; tutti però aspettiamo giustizia. Vediamo tanta ingiustizia nel mondo, nel nostro piccolo mondo, nella casa, nel quartiere, ma anche nel grande mondo degli Stati, delle società. E aspettiamo che sia fatta giustizia. La giustizia è un concetto astratto: chi fa giustizia. Noi aspettiamo che venga in concreto chi può fare giustizia. Ed in questo senso preghiamo: Vieni, Signore, Gesù Cristo come Giudice, vieni secondo il modo tuo.
Francesco, Angelus 5 gennaio 2020
Dunque, fratelli e sorelle, mentre continuiamo a contemplare il segno mirabile del Presepe, la Liturgia odierna ci dice che il Vangelo di Cristo non è una favola, non è un mito, un racconto edificante, no. Il Vangelo di Cristo è la piena rivelazione del disegno di Dio, del disegno di Dio sull’uomo e sul mondo. È un messaggio nello stesso tempo semplice e grandioso, che ci spinge a domandarci: quale progetto concreto ha posto in me il Signore, attualizzando ancora la sua nascita in mezzo a noi?
È l’apostolo Paolo a suggerirci la risposta: «[Dio] ci ha scelti […] per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità» (v. 4). Ecco il significato del Natale. Se il Signore continua a venire in mezzo a noi, se continua a farci dono della sua Parola, è perché ciascuno di noi possa rispondere a questa chiamata: diventare santi nell’amore.