Ep. 80 - Papale papale -"Unzione"
Francesco udienza generale 26 febbraio 2014
Oggi vorrei parlarvi del Sacramento dell’Unzione degli infermi, che ci permette di toccare con mano la compassione di Dio per l’uomo. In passato veniva chiamato “Estrema unzione”, perché era inteso come conforto spirituale nell’imminenza della morte. Parlare invece di “Unzione degli infermi” ci aiuta ad allargare lo sguardo all’esperienza della malattia e della sofferenza, nell’orizzonte della misericordia di Dio. C’è un’icona biblica che esprime in tutta la sua profondità il mistero che traspare nell’Unzione degli infermi: è la parabola del «buon samaritano», nel Vangelo di Luca (10,30-35). Ogni volta che celebriamo tale Sacramento, il Signore Gesù, nella persona del sacerdote, si fa vicino a chi soffre ed è gravemente malato, o anziano.
Giovanni Paolo II, udienza generale 5 maggio 1993
Con l’Unzione degli infermi, i Presbiteri “sollevano gli ammalati”. È una missione prevista da san Giacomo, che nella sua lettera insegnava: “Chi è malato chiami a sé i Presbiteri della Chiesa, ed essi preghino su di lui, dopo averlo unto con l’olio, nel nome del Signore” (Gc 5, 14). Sapendo dunque che il sacramento dell’Unzione è destinato a “sollevare” e a portare purificazione e forza spirituale, il Presbitero sentirà il bisogno di impegnarsi a far sì che la sua presenza trasmetta all’infermo la compassione efficace di Cristo e renda testimonianza alla bontà di Gesù per gli ammalati, ai quali ha dedicato tanta parte della sua missione evangelica.
Giovanni XXIII, discorso agli infermi convenuti nella Basilica Vaticana, 19 marzo 1959
Purtroppo molti sono portati a giudicare come mali, e mali assoluti, tutte le sventure fisiche di quaggiù. Hanno dimenticato che il dolore è retaggio dei figli di Adamo; hanno dimenticato che il solo vero male è la colpa che offende il Signore; e che dobbiamo guardare alla Croce di Gesù, come la guardarono gli Apostoli, i Martiri, i Santi, maestri e testimoni che nella Croce è conforto e salvezza, e che nell'amore di Cristo non si vive senza dolore.
Grazie a Dio, non sempre vi sono anime che si ribellano sotto il peso del dolore. Vi sono infermi che comprendono il significato della sofferenza e si rendono conto delle possibilità che hanno di contribuire alla salvezza del mondo, e perciò accettano la loro vita di dolore come l'ha accettata Gesù Cristo, come l'ha accettata Maria Santissima nel giorno della sua Purificazione e come l'ha accettata il suo fedele e casto sposo San Giuseppe.
Benedetto XVI, Santa Messa del Crisma 21 aprile 2011
C’è poi l’olio per l’Unzione degli infermi. Abbiamo davanti a noi la schiera delle persone sofferenti: gli affamati e gli assetati, le vittime della violenza in tutti i Continenti, i malati con tutti i loro dolori, le loro speranze e disperazioni, i perseguitati e i calpestati, le persone col cuore affranto. Circa il primo invio dei discepoli da parte di Gesù, san Luca ci narra: “Li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi” (9,2). Il guarire è un incarico primordiale affidato da Gesù alla Chiesa, secondo l’esempio dato da Lui stesso che risanando ha percorso le vie del Paese. Certo, il compito principale della Chiesa è l’annuncio del regno di Dio. Ma proprio questo stesso annuncio deve essere un processo di guarigione: “…fasciare le piaghe dei cuori spezzati”, viene detto oggi nella prima lettura dal profeta Isaia (61,1). L’annuncio del regno di Dio, della bontà illimitata di Dio, deve suscitare innanzitutto questo: guarire il cuore ferito degli uomini.