Ep. 90 - Papale papale -"Zizzania"
Giovanni Paolo II, udienza generale 25 settembre 1991
Una delle parabole narrate da Gesù sulla crescita del Regno di Dio sulla terra ci fa scoprire con molto realismo il carattere di lotta che il regno comporta, per la presenza e l’azione di un “nemico”, che “semina la zizzania (o gramigna) in mezzo al grano”. Dice Gesù che, quando “la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania”. I servi del padrone del campo vorrebbero strapparla, ma il padrone non glielo consente, “perché non succeda che . . . sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altra crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio” (Mt 13, 24-30). Questa parabola spiega la coesistenza e spesso l’intreccio del bene e del male nel mondo, nella nostra vita, nella stessa storia della Chiesa. Gesù ci insegna a veder le cose con realismo cristiano e a trattare ogni problema con chiarezza di principi, ma anche con prudenza e con pazienza.
Benedetto, Angelus 17 luglio 2011
Gesù paragona il Regno dei cieli ad un campo di grano, per farci comprendere che dentro di noi è seminato qualcosa di piccolo e nascosto, che, tuttavia, possiede un’insopprimibile forza vitale. Malgrado tutti gli ostacoli, il seme si svilupperà e il frutto maturerà. Questo frutto sarà buono solo se il terreno della vita sarà stato coltivato secondo la volontà divina. Per questo, nella parabola del buon grano e della zizzania (Mt 13,24-30), Gesù ci avverte che, dopo la semina fatta dal padrone, “mentre tutti dormivano” è intervenuto “il suo nemico”, che ha seminato l’erba cattiva. Questo significa che dobbiamo essere pronti a custodire la grazia ricevuta dal giorno del Battesimo, continuando ad alimentare la fede nel Signore, che impedisce al male di mettere radici. Sant’Agostino, commentando questa parabola, osserva che “molti prima sono zizzania e poi diventano buon grano” e aggiunge: “se costoro, quando sono cattivi, non venissero tollerati con pazienza, non giungerebbero al lodevole cambiamento”.
Paolo VI, Angelus 22 agosto 1971
Ma poi, guardando meglio in questa area della nostra esperienza, piena di troppo rigogliosa zizzania, scorgiamo anche molto, molto buon grano. (...) E poi quante, quante opere buone e utili e nobili vigoreggiano ancora in questo mondo turbato e traviato. Il bene non è vinto, non è morto: anzi cresce e vigoreggia proprio nel confronto dialettico del male provocante e crescente. Il bene! tocca a noi, a ciascuno di noi, generarlo! E allora lo sguardo si fa verticale e implorante, e chiede dall’alto luce, forza, speranza e gaudio, con la Madonna a dialogo.
Francesco, discorso alla Curia Romana, 21 dicembre 2018
Cari fratelli e sorelle,
ora permettetemi di parlare anche di un’altra afflizione, ossia dell’infedeltà di coloro che tradiscono la loro vocazione, il loro giuramento, la loro missione, la loro consacrazione a Dio e alla Chiesa; coloro che si nascondono dietro buone intenzioni per pugnalare i loro fratelli e seminare zizzania, divisione e sconcerto; persone che trovano sempre giustificazioni, perfino logiche, perfino spirituali, per continuare a percorrere indisturbati la strada della perdizione.
E questa non è una novità nella storia della Chiesa. Sant’Agostino, parlando del buon grano e della zizzania, afferma : «Credete forse, fratelli miei, che la zizzania non possa salire fino alle cattedre episcopali? Credete forse che essa sia solo nei ceti inferiori e non in quelli superiori? Volesse il cielo che noi non fossimo zizzania! […] Anche sulle cattedre episcopali c’è il frumento e c’è la zizzania; e tra le varie comunità di fedeli c’è il frumento e c’è la zizzania» (Sermo 73, 4: PL 38, 472).