Ep. 131 - Papale papale -"Annunciazione"
Pio XII, discorso in onore di Maria Regina, 1 novembre 1954
La regalità di Maria è una realtà ultraterrena, che però, al tempo stesso, penetra sin nel più intimo dei cuori e li tocca nella loro essenza profonda, in ciò che essi hanno di spirituale e d'immortale.
L'origine delle glorie di Maria, il momento solenne che illumina tutta la sua persona e la sua missione, è quello in cui, piena di grazia, rivolse all'Arcangelo Gabriele il «Fiat», che esprimeva il suo assenso alla disposizione divina; in tal guisa Ella diveniva Madre di Dio e Regina, e riceveva l'ufficio regale di vegliare sulla unità e la pace del genere umano. Per Lei noi abbiamo la ferma fiducia che l'umanità s'incamminerà a poco a poco in questa via di salvezza; Ella guiderà i capi delle nazioni e i cuori dei popoli verso la concordia e la carità.
Giovanni Paolo II, Angelus 25 marzo 1979
Sarebbe difficile non ricordare questa data odierna: il 25 marzo. Tanto più che la preghiera che reciteremo fra poco, l’Angelus, ci ricorda costantemente proprio l’Annunciazione. È dunque questa la solennità del Concepimento verginale di Cristo nel seno di Maria per opera dello Spirito Santo. Meditando questa verità centrale della nostra fede, ricordiamo contemporaneamente con quale spirito Maria abbia accolto l’annuncio: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,38). Vediamo chiaramente da queste parole che lo Spirito Santo ha riempito il suo cuore della fede, speranza e carità, che erano necessarie in quel momento decisivo per la storia della salvezza dell’uomo.
Francesco, Angelus 20 dicembre 2020
In questa quarta e ultima domenica di Avvento, il Vangelo ci ripropone il racconto dell’Annunciazione. «Rallegrati», dice l’angelo a Maria, «concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù» (Lc 1,28.31). Sembra un annuncio di pura gioia, destinato a fare felice la Vergine: chi tra le donne del tempo non sognava di diventare la madre del Messia? Ma, insieme alla gioia, quelle parole preannunciano a Maria una grande prova. Perché? Perché in quel momento ella era «promessa sposa» (v. 27). In tale situazione, la Legge di Mosè stabiliva che non dovevano esserci rapporti e coabitazione. Dunque, avendo un figlio, Maria avrebbe trasgredito la Legge, e le pene per le donne erano terribili: era prevista la lapidazione (cfr Dt 22,20-21). Certamente il messaggio divino avrà riempito il cuore di Maria di luce e di forza; tuttavia, ella si trovò di fronte a una scelta cruciale: dire “sì” a Dio rischiando tutto, compresa la vita, oppure declinare l’invito e andare avanti con il suo cammino ordinario. Che cosa fa? Risponde così: «Avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38). Avvenga (fiat).
Benedetto XVI, udienza generale 19 dicembre 2012
Oggi vorrei riflettere brevemente con voi sulla fede di Maria a partire dal grande mistero dell’Annunciazione. «Chaîre kecharitomene, ho Kyrios meta sou», «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1,28). Sono queste le parole - riportate dall’evangelista Luca – con cui l’arcangelo Gabriele si rivolge a Maria. A prima vista il termine chaîre, “rallegrati”, sembra un normale saluto, usuale nell’ambito greco, ma questa parola, se letta sullo sfondo della tradizione biblica, acquista un significato molto più profondo. Questo stesso termine è presente quattro volte nella versione greca dell’Antico Testamento e sempre come annuncio di gioia per la venuta del Messia (cfr Sof 3,14; Gl 2,21; Zc 9,9; Lam 4,21). Il saluto dell’angelo a Maria è quindi un invito alla gioia, ad una gioia profonda, annuncia la fine della tristezza che c’è nel mondo di fronte al limite della vita, alla sofferenza, alla morte, alla cattiveria, al buio del male che sembra oscurare la luce della bontà divina. E’ un saluto che segna l’inizio del Vangelo, della Buona Novella.