Ep. 118 - Papale papale -"Contemplazione"
Benedetto XVI, udienza generale 13 giugno 2012
Contemplare il Signore è, allo stesso tempo, affascinante e tremendo: affascinante perché Egli ci attira a sé e rapisce il nostro cuore verso l’alto, portandolo alla sua altezza dove sperimentiamo la pace, la bellezza del suo amore; tremendo perché mette a nudo la nostra debolezza umana, la nostra inadeguatezza, la fatica di vincere il Maligno che insidia la nostra vita, quella spina conficcata anche nella nostra carne. Nella preghiera, nella contemplazione quotidiana del Signore, noi riceviamo la forza dell’amore di Dio e sentiamo che sono vere le parole di san Paolo ai cristiani di Roma, dove ha scritto: «Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli, né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (m 8,38-39).
Francesco, udienza generale 5 maggio 2021
Alcuni maestri di spiritualità del passato hanno inteso la contemplazione come opposta all’azione, e hanno esaltato quelle vocazioni che fuggono dal mondo e dai suoi problemi per dedicarsi interamente alla preghiera. In realtà, in Gesù Cristo nella sua persona e nel Vangelo non c’è contrapposizione tra contemplazione e azione, no. Nel Vangelo in Gesù non c’è contraddizione.
(...) C’è un’unica grande chiamata nel Vangelo, ed è quella a seguire Gesù sulla via dell’amore. Questo è l’apice, è il centro di tutto. In questo senso, carità e contemplazione sono sinonimi, dicono la medesima cosa. San Giovanni della Croce sosteneva che un piccolo atto di puro amore è più utile alla Chiesa di tutte le altre opere messe insieme. Ciò che nasce dalla preghiera e non dalla presunzione del nostro io, ciò che viene purificato dall’umiltà, anche se è un atto di amore appartato e silenzioso, è il più grande miracolo che un cristiano possa realizzare. E questa è la strada della preghiera di contemplazione: io Lo guardo, Lui mi guarda! Questo atto di amore nel dialogo silenzioso con Gesù fa tanto bene alla Chiesa.
Giovanni XXIII, festività della presentazione di Gesù al tempio, 2 febbraio 1962
L'episodio della Presentazione: Gesù infante, sostenuto dalle braccia materne di Maria, con accanto S. Giuseppe, il custode di entrambi, diffonde intorno a sé tanta tenerezza e pace, da toccare i cuori.
L'odierna liturgia prende tono dagli accenti arcani del vecchio Simeone, che saluta la visione della luce, discoperta innanzi agli uomini retti e timorati di Dio, lungo la successione dei secoli.
Oh! quale spettacolo e quale intimo godimento nella contemplazione di questa luce — lumen ad revelationem gentium — di cui si esalta la storia dell'umanità tutta intera: luce di verità, luce di carità. Questa, a sua volta, come dice S. Paolo, è gaudio, pace, pazienza, benignità, bontà, longanimità, mansuetudine: tutte espressioni di umana fraternità.
Giovanni Paolo II, Angelus 7 settembre 1997
Nel silenzio della contemplazione, Madre Teresa di Calcutta sentiva risuonare il grido di Gesù sulla croce: "Ho sete". Questo grido, raccolto nel profondo del cuore, la spingeva sulle strade di Calcutta e di tutte le periferie del mondo, alla ricerca di Gesù nel povero, nell'abbandonato, nel moribondo.
Questa Suora universalmente riconosciuta come Madre dei poveri, lascia un esempio eloquente per tutti, credenti e non credenti. Ci lascia la testimonianza dell'amore di Dio che, da lei accolto, ne ha trasformato la vita in un dono totale ai fratelli. Ci lascia la testimonianza della contemplazione che diventa amore, e dell'amore che diventa contemplazione. Le opere da lei compiute parlano da sé e manifestano agli uomini del nostro tempo quell'alto significato della vita che purtroppo sembra spesso smarrirsi.