Ep. 121 - Papale papale -"Elemosina"
Giovanni Paolo II, udienza generale 28 marzo 1979
Che cosa significa la parola “elemosina”. La parola greca “eleemosyne” proviene da “eleos” che vuol dire compassione e misericordia; inizialmente indicava l’atteggiamento dell’uomo misericordioso e, in seguito, tutte le opere di carità verso i bisognosi. Questa parola trasformata è rimasta quasi in tutte le lingue europee.
In francese: “aumône”; spagnolo: “limosna”; portoghese: “esmola”; tedesca: “Almosen”; inglese: “alms”. Perfino l’espressione polacca “jalmuzna” è la trasformazione della parola greca.
(....) Possiamo non esser d’accordo con chi fa l’elemosina, per il modo in cui la fa. Possiamo anche non consentire con chi tende la mano chiedendo l’elemosina, in quanto non si sforza di guadagnarsi la vita da sé. Possiamo non approvare la società, il sistema sociale, in cui ci sia necessità di elemosina. Tuttavia il fatto stesso di prestare aiuto a chi ne ha bisogno, il fatto di condividere con gli altri i propri beni deve suscitare rispetto.
Giovanni XXIII, radio messaggio 27 febbraio 1963
Eccoci ora alla quaresima. La prima quaresima dopo l'inizio del Concilio.
(...) È dunque il Concilio che dà il tono alla quaresima di quest'anno, battendo specialmente l'accento sull'impegno di ogni buon cristiano a vivere il precetto della carità, più che a soffermarsi a contemplare la novella fioritura di cui tutti vorranno allietarsi. È impegno di artefici, quindi, non di spettatori.
Voi comprendete, diletti figli, che la Nostra parola, oggi, non vi richiama particolarmente a pratiche esterne, che pure hanno il loro pieno valore; la Nostra parola non rinnova subito e solo l'angoscioso appello a provvedere ai nostri simili più sventurati, immedesimandoci delle loro necessità. Questo appello è permanente nella Chiesa.
Francesco, udienza giubilare 9 aprile 2016
Fare l’elemosina dev’essere per noi anche una cosa che sia un sacrificio. Io ricordo una mamma: aveva tre figli, di sei, cinque e tre anni, più o meno. E sempre insegnava ai figli che si doveva dare l’elemosina a quelle persone che la chiedevano. Erano a pranzo: ognuno stava mangiando una cotoletta alla milanese, come si dice nella mia terra, “impanata”. Bussano alla porta. Il più grande va ad aprire e torna: “Mamma, c’è un povero che chiede da mangiare”. “Cosa facciamo?”, chiede la mamma. “Gli diamo – dicono tutti e – gli diamo!” – “Bene: prendi la metà della tua cotoletta, tu prendi l’altra metà, tu l’altra metà, e ne facciamo due panini” - “Ah no, mamma, no!” - “No? Tu da’ del tuo, dà di quello che ti costa”. Questo è il coinvolgersi con il povero. Io mi privo di qualcosa di mio per darlo a te. E ai genitori dico: educate i vostri figli a dare così l’elemosina, ad essere generosi con quello che hanno.
Paolo VI, Mercoledì delle ceneri 8 febbraio 1978
Mettiamoci dunque tutti in cammino. Cercheremo sostegno ai buoni propositi nella preghiera, una preghiera convalidata da una più volenterosa disponibilità di sacrificio ed anche dalla rinuncia generosa a qualcosa di nostro per avere di che venire in soccorso ai poveri. È il consiglio antico di quello sperimentato maestro di vita spirituale, che fu Sant’Agostino: «Vuoi che la tua preghiera voli fino a Dio?», egli domanda. «Fac illi duas alas, ieiunium et eleemosynam», «Mettile due ali, il digiuno e l’elemosina».