Ep. 193- Papale papale -"Apostoli"
Giovanni XXIII, festività dei Santi Pietro e Paolo 29 giugno 1961
San Pietro e San Paolo sono venerati dappertutto nel mondo per la più alta dignità del loro compito quale si è manifestato nel disegno di Cristo.
Di fatto, San Leone Magno — le cui spoglie mortali riposano qui, presso la Confessione, come a corona insieme coi Papi più insigni dell'antichità — San Leone Magno dice che i due Apostoli Pietro e Paolo, araldi precipui del Vangelo, sono giustamente oggetto di culto straordinario in quest'Urbe gloriosa, centro della cristianità, per aver consumato qui il loro sacrificio, e segnato per ciò da Roma l'inizio della loro universale esaltazione.
Che belle parole per questa loro festa, in die martyrii laetitiae principatus! (S. Leonis Papae - Sermo I in natali App. Petri et Pauli).
« Questi sono in verità i grandi personaggi che hanno fatto splendere innanzi a te, o Roma, il Vangelo di Cristo; e da maestra che tu eri di errore, sei divenuta discepola della verità ».
Benedetto XVI, Angelus 29 giugno 2006
Quest'oggi onoriamo solennemente i santi Pietro e Paolo, "apostoli di Cristo, colonne e fondamento della città di Dio", come canta l'odierna liturgia. Il loro martirio viene considerato come il vero e proprio atto di nascita della Chiesa di Roma. I due Apostoli resero la loro testimonianza suprema a poca distanza di tempo e di spazio l'uno dall'altro: qui, a Roma, fu crocifisso san Pietro e successivamente venne decapitato san Paolo. Il loro sangue si fuse così quasi in un'unica testimonianza a Cristo, che spinse sant'Ireneo, Vescovo di Lione, a metà del secondo secolo, a parlare della "Chiesa fondata e costituita a Roma dai due gloriosissimi apostoli Pietro e Paolo" (Contro le eresie 3, 3, 2). Poco tempo dopo, dall'Africa settentrionale, Tertulliano esclamava: "Questa Chiesa di Roma, quanto è beata!
Giovanni Paolo II, Angelus 29 giugno 1986
“O Roma felix”. La liturgia odierna proclama il martirio degli apostoli Pietro e Paolo. E mediante la memoria di questa morte, celebra oggi la loro vita. La morte infatti non è soltanto il termine della vita, ma è anche il suo compimento nei limiti del tempo, nei limiti della storia. È come l’ultimo sigillo impresso su tutta l’esistenza terrena dell’uomo.
Così dunque la morte degli apostoli Pietro e Paolo proclama in pari tempo la storia della loro vita. Questa vita - la vita di ognuno di loro - è stata tanto straordinaria per il rapporto con Cristo, che li chiamò alla sua sequela. Chiamò Simone, figlio di Giona, che fu pescatore in Galilea, e gli diede il nome di Pietro, cioè “pietra”. Chiamò pure Saulo di Tarso, che fu persecutore dei cristiani, e fece di lui l’apostolo delle genti, “strumento eletto” (At 9, 15).
Paolo VI, Angelus 29 giugno 1972
I Romani d’una volta, nella festa odierna usavano venire a San Pietro per ascoltare l’antico inno di S. Paolino d’Aquileia (del nono secolo), che celebrava la gloria spirituale dell’Urbe con la famosa apostrofe: O Roma felix!, o Roma felice, perché imporporata dal sangue dei martiri, tra i quali i più eccelsi i due principi degli Apostoli, Pietro e Paolo, e perché per loro merito sei diventata splendida in tutto il mondo. La musica ottocentesca del Raimondi piaceva allora ai gusti del tempo; e la festa religiosa diventava festa di popolo. L’inno rimane nel breviario col suo enfatico saluto, anche se la musica rimane forse solo nei ricordi; ed è sempre di attualità: O felice Te, o Roma!
Francesco, Angelus 29 giugno 2013
Oggi, 29 giugno, è la festa solenne dei Santi Pietro e Paolo. E’ in modo speciale la festa della Chiesa di Roma, fondata sul martirio di questi due Apostoli. Ma è anche una grande festa per la Chiesa universale, perché tutto il Popolo di Dio è debitore verso di loro per il dono della fede. Pietro è stato il primo a confessare che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio. Paolo ha diffuso questo annuncio nel mondo greco-romano. E la Provvidenza ha voluto che tutti e due giungessero qui a Roma e qui versassero il sangue per la fede.