Ep. 183- Papale papale -"Pecorella"
Francesco, udienza generale 4 maggio 2016
Conosciamo tutti l’immagine del Buon Pastore che si carica sulle spalle la pecorella smarrita. Da sempre questa icona rappresenta la sollecitudine di Gesù verso i peccatori e la misericordia di Dio che non si rassegna a perdere alcuno. La parabola viene raccontata da Gesù per far comprendere che la sua vicinanza ai peccatori non deve scandalizzare, ma al contrario provocare in tutti una seria riflessione su come viviamo la nostra fede.. Si discostano perchè Gesù si avvicinava ai peccatori.
(...) La nostra parabola si snoda intorno a tre personaggi: il pastore, la pecora smarrita e il resto del gregge. Chi agisce però è solo il pastore, non le pecore. Il pastore quindi è l’unico vero protagonista e tutto dipende da lui. Una domanda introduce la parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova?».
Giovanni XXIII, allocuzione in occasione della promulgazione della Sacre Scritture del primo Sinodo della Diocesi di Roma 28 giugno 1960
Benedette le nostre anime, esposte anch'esse alla tentazione, ma pronte a rimettersi sul buon cammino.
Ecco, o Signore, — conchiude il suo canto il Salmista — le mie vie sono innanzi a Te. Io bramo la mia salvezza da Te, o Signore, poiché la tua legge è la mia meditazione e la mia delizia. Viva l'anima mia e Ti lodi: i tuoi giudizi mi soccorrano. E se io vo errando come pecorella smarrita, cerca il tuo servo : perchè i tuoi precetti non li voglio dimenticare. Vivat anima mea et laudet Te et decreta tua adiuvent me.
Paolo VI, radiomessaggio natalizio 23 dicembre 1965
La figura evangelica del pastore che cerca, che rincorre, che si affanna per rintracciare la pecora sfuggita, ha dominato il Concilio. La coscienza che l’umanità intera, raffigurata con arcadica semplicità dalla pecorella errante, è sua, è della Chiesa, ha riempito lo spirito del Concilio: sì, sua cioè della Chiesa, l’umanità, per un mandato divino universale; la Chiesa ha capito, una volta di più, quale tremenda legge comporti il nome che la distingue autenticamente: cattolica; vuol dire che la sua missione, la sua responsabilità, il suo cuore non hanno confine.
Benedetto XVI, incontro con una delegazione dell’Azione Cattolica Italiana, 20 dicembre 2008
Tanti dicono che i ragazzi sono capricciosi, che non si accontentano mai di niente, che consumano i giochi uno dopo l’altro senza esserne contenti. Voi invece a Gesù dite: mi basti Tu! Che significa: Tu sei il nostro amico più caro, che ci fa compagnia quando giochiamo e quando andiamo a scuola, quando stiamo in casa con i nostri genitori, i nonni, i fratellini e sorelline e quando andiamo fuori con gli amici. Tu ci apri gli occhi per accorgerci dei nostri compagni tristi e dei tanti bambini del mondo che soffrono la fame, la malattia e la guerra. Ci basti Tu, Signore Gesù, Tu ci dai la gioia vera, quella che non finisce come i nostri giochi, ma scende nell’anima e ci rende buoni. Ci basti Tu soprattutto quando ti preghiamo, perché Tu ascolti sempre le nostre preghiere, che facciamo perché il mondo diventi più bello e più buono per tutti. Ci basti Tu, perché ci perdoni quando combiniamo qualche guaio; ci basti Tu, perché se ci perdiamo, ci vieni a cercare e ci prendi in braccio come hai fatto con la pecorella che si era smarrita.