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2024.02.15 Papaple Papale TENEREZZA

Ep. 194- Papale papale -"Tenerezza"

Francesco, discorso ai partecipanti al convegno promosso dal Centro familiare “Casa della tenerezza”, 13 settembre 2018

Teologia e tenerezza sembrano due parole distanti: la prima sembra richiamare l’ambito accademico, la seconda le relazioni interpersonali. In realtà la nostra fede le lega indissolubilmente. La teologia, infatti, non può essere astratta – se fosse astratta, sarebbe ideologia –, perché nasce da una conoscenza esistenziale, nasce dall’incontro col Verbo fatto carne! La teologia è chiamata allora a comunicare la concretezza del Dio amore. E tenerezza è un buon “esistenziale concreto”, per tradurre ai nostri tempi l’affetto che il Signore nutre per noi.

 (...) Quali contenuti potrebbe dunque avere una teologia della tenerezza? Due mi sembrano importanti, e sono gli altri due spunti che vorrei offrirvi: la bellezza di sentirci amati da Dio e la bellezza di sentirci di amare in nome di Dio.

(...) La tenerezza può indicare proprio il nostro modo di recepire oggi la misericordia divina. La tenerezza ci svela, accanto al volto paterno, quello materno di Dio, di un Dio innamorato dell’uomo, che ci ama di un amore infinitamente più grande di quello che ha una madre per il proprio figlio.

Pio XII, radiomessaggio per il Natale, 23 dicembre 1950

E passeranno dinanzi al Nostro ricordo con profonda nostalgia le care immagini dei vostri volti. Di voi anzitutto, Venerabili Fratelli nell’Episcopato, che in numero così imponente accorreste a Noi e tanto docilmente ascoltaste la Nostra parola. 

Nessuna sollecitudine, nessuna stanchezza è mai valsa a sottrarCi alle vostre brame, a farCi tralasciare i Nostri incontri con voi. Ammettervi alla Nostra presenza, aspettarvi anzi e desiderarvi, era per Noi più un bisogno del cuore che un dovere del Nostro ufficio pastorale. E tutte le volte che Ci dilungavamo a salutarvi, chiamandovi nazione per nazione, diocesi per diocesi, parrocchia per parrocchia, gruppo per gruppo, volevamo come raccogliere tutte le vostre voci, tutte le vostre preghiere, che voi bramavate di far passare per le Nostre mani per presentarle a Gesù.

Come avremmo allora voluto stringervi tutti al Nostro cuore; fare sentire a tutti come Noi rendevamo tenerezza per tenerezza.

Benedetto XVI, Santa Messa nella Solennità della Madre di Dio, 1 gennaio 2010  

Tra le molte tipologie di icone della Vergine Maria nella tradizione bizantina, vi è quella detta “della tenerezza”, che raffigura Gesù bambino con il viso appoggiato – guancia a guancia – a quello della Madre. Il Bambino guarda la Madre, e questa guarda noi, quasi a riflettere verso chi osserva, e prega, la tenerezza di Dio, discesa in Lei dal Cielo e incarnata in quel Figlio di uomo che porta in braccio. In questa icona mariana noi possiamo contemplare qualcosa di Dio stesso: un segno dell’amore ineffabile che lo ha spinto a “dare il suo figlio unigenito” (Gv 3,16). Ma quella stessa icona ci mostra anche, in Maria, il volto della Chiesa, che riflette su di noi e sul mondo intero la luce di Cristo, la Chiesa mediante la quale giunge ad ogni uomo la buona notizia: “Non sei più schiavo, ma figlio” (Gal 4,7) – come leggiamo ancora in san Paolo.

Giovanni Paolo II, udienza generale 22 novembre 1995

Maria, inoltre, testimonia il valore di una vita pura e piena di tenerezza per tutti gli uomini. La bellezza della sua anima, totalmente donata al Signore, è oggetto di ammirazione per il popolo cristiano. In Maria la comunità cristiana ha sempre visto un ideale di donna, piena di amore e di tenerezza, perché ha vissuto nella purezza del cuore e della carne.

Di fronte al cinismo di una certa cultura contemporanea che, troppo spesso, sembra non riconoscere il valore della castità e banalizza la sessualità separandola dalla dignità della persona e dal progetto di Dio, la Vergine Maria propone la testimonianza di una purezza che illumina la coscienza e conduce ad un amore più grande per le creature e per il Signore.

Giovanni Paolo I, udienza generale 13 settembre 1978

Nella fede non si tratta solo di credere alle cose che Dio ha rivelato ma a Lui, che merita la nostra fede, che ci ha tanto amato e tanto fatto per amore nostro. Difficile è anche accettare qualche verità, perché le verità della fede son di due specie: alcune gradite, altre ostiche al nostro spirito. Per esempio, è gradito sentire che Dio ha tanta tenerezza verso di noi, più tenerezza ancora di quella che ha una mamma verso i suoi figlioli, come dice Isaia. Com'è gradito e congeniale. C'è stato un grande vescovo francese, Dupanloup, che ai rettori dei seminari era solito dire: con i futuri sacerdoti, siate padri; siate madri.

20 giugno 2024