Ep. 206 - Papale papale -"Accidia"
Francesco, Angelus 28 novembre 2021
Abbiamo bisogno di vigilare per non trascinare le giornate nell’abitudine, per non farci appesantire – dice Gesù – dagli affanni della vita (cfr v. 34). Gli affanni della vita ci appesantiscono. Oggi, dunque, è una buona occasione per chiederci: che cosa appesantisce il mio cuore? Che cosa appesantisce il mio spirito? Che cosa mi fa accomodare sulla poltrona della pigrizia? È triste vedere i cristiani “in poltrona”! Quali sono le mediocrità che mi paralizzano, i vizi, quali sono i vizi che mi schiacciano a terra e mi impediscono di alzare il capo? E riguardo ai pesi che gravano sulle spalle dei fratelli, sono attento o indifferente? Queste domande ci fanno bene, perché aiutano a custodire il cuore dall’accidia. Ma, padre, ci dica: cosa è l’accidia? È un grande nemico della vita spirituale, anche della vita cristiana. L’accidia è quella pigrizia che fa precipitare, scivolare nella tristezza, che toglie il gusto di vivere e la voglia di fare. È uno spirito negativo, è uno spirito cattivo che inchioda l’anima nel torpore, rubandole la gioia.
Giovanni Paolo II, discorso al personale dell’ospedale Fatebenefratelli 5 aprile 1981
Riconosciamo anche noi il Cristo come il nostro Signore, come Colui che sta davanti a noi, come stava davanti a quella tomba di Lazzaro in Betania. Abbiamo bisogno anche noi di risurrezione. Tutta la nostra vita non è forse un risorgere dal male, dalla malattia e dalla morte? Ma non temiamo c’è un Salvatore, c’è Gesù Cristo tra noi. Egli ci sta davanti e ci grida come a Lazzaro: “Vieni fuori!” (Gv 11,43). Vieni fuori dalla tua infermità fisica e morale, dalla tua indifferenza, dalla tua accidia, dal tuo egoismo e dal disordine in cui vivi. Vieni fuori dalla tua disperazione e dalla tua inquietudine, perché è giunto il tempo preannunziato dai profeti, il tempo della salvezza, in cui “Io vi risuscito, o popolo mio... farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete”.
Pio XII, radiomessaggio in occasione del Natale 24 dicembre 1955
Sono quelli che si dicono soddisfatti se riescono a vivere del momento, di null’altro interessati e bramosi se non che sia loro assicurata la massima disponibilità di beni esteriori, e che nel momento successivo non vi sia da temere alcuna menomazione nel loro tenore di vita. Né la grandezza di Dio, né la dignità dell’uomo, ambedue mirabilmente e visibilmente esaltate nel mistero del Natale, fanno presa su questi poveri spiriti, divenuti insensibili e inetti a dare un senso alla loro vita. Ignorata o rigettata in tal modo la presenza del Dio Incarnato, l’uomo moderno ha costruito un mondo, in cui le meraviglie si confondono con le miserie, ricolmo d’incoerenze, come una via senza sbocco, o come una casa fornita di tutto, ma che per la mancanza del tetto è incapace di dare la desiderata sicurezza ai suoi abitanti. In alcune Nazioni, infatti, nonostante l’enorme sviluppo del progresso esteriore, e benché a tutte le classi del popolo sia assicurato il materiale mantenimento, serpeggia e si estende un senso d’indefinibile malessere, un’attesa ansiosa di qualche cosa che debba accadere.
Giovanni XXIII, omelia nella solennità di Pentecoste 10 giugno 1962
O Santo Spirito Paraclito, perfeziona in noi l'opera iniziata da Gesù: rendi forte e continua la preghiera che facciamo in nome del mondo intero: accelera per ciascuno di noi i tempi di una profonda vita interiore: dà slancio al nostro apostolato, che vuol raggiungere tutti gli uomini e tutti i popoli, tutti redenti dal Sangue di Cristo e tutti sua eredità. Mortifica in noi la naturale presunzione, e sollevaci nelle regioni della santa umiltà, del vero timor di Dio, del generoso coraggio. Che nessun legame terreno ci impedisca di far onore alla nostra vocazione: nessun interesse, per ignavia nostra, mortifichi le esigenze della giustizia: nessun calcolo riduca gli spazi immensi della carità dentro le angustie dei piccoli egoismi. Tutto sia grande in noi: la ricerca e il culto della verità, la prontezza al sacrificio sino alla croce e alla morte; e tutto, infine, corrisponda alla estrema preghiera del Figlio al Padre celeste; e a quella effusione che di Te, o Santo Spirito di amore, il Padre e il Figlio vollero sulla Chiesa e sulle sue istituzioni, sulle singole anime e sui popoli.