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Ep. 208 - Papale papale -"Droga"

Francesco, discorso ai partecipanti alla 31.ma edizione alla Conferenza internazionale sul controllo degli stupefacenti 20 giugno 2014

Il flagello della droga continua ad imperversare in forme e dimensioni impressionanti, alimentato da un mercato turpe, che scavalca confini nazionali e continentali. In tal modo continua a crescere il pericolo per i giovani e gli adolescenti. Di fronte a tale fenomeno, sento il bisogno di manifestare il mio dolore e la mia preoccupazione.

Vorrei dire con molta chiarezza: la droga non si vince con la droga! La droga è un male, e con il male non ci possono essere cedimenti o compromessi. Pensare di poter ridurre il danno, consentendo l’uso di psicofarmaci a quelle persone che continuano ad usare droga, non risolve affatto il problema. Le legalizzazioni delle cosiddette “droghe leggere”, anche parziali, oltre ad essere quanto meno discutibili sul piano legislativo, non producono gli effetti che si erano prefisse. Le droghe sostitutive, poi, non sono una terapia sufficiente, ma un modo velato di arrendersi al fenomeno. Intendo ribadire quanto già detto in altra occasione: no ad ogni tipo di droga. Semplicemente. No ad ogni tipo di droga (cfr Udienza generale, 7 maggio 2014).

Giovanni Paolo II, Santa Messa per il Comitato italiano di solidarietà 9 agosto 1980

Dicono gli psicologi e i sociologi che la prima causa che spinge giovani ed adulti alla deleteria esperienza della droga è la mancanza di chiare e convincenti motivazioni di vita. Infatti la mancanza di punti di riferimento, il vuoto dei valori, la convinzione che nulla abbia senso e che pertanto non valga la pena di vivere, il sentimento tragico e desolato di essere dei viandanti ignoti in un universo assurdo, può spingere alcuni alla ricerca di fughe esasperate e disperate.

Già lo scriveva la ben nota pensatrice francese Raïssa Maritain, narrando le esperienze della sua giovinezza, all’inizio del secolo, quando era studente alla Sorbona di Parigi ed aveva perso ogni fede: “Tutto diventava assurdo e inaccettabile. (...) E concludeva con drammatico realismo: “Quest’angoscia metafisica che penetra alle sorgenti stesse del desiderio di vivere, è capace di divenire una disperazione totale e di sfociare nel suicidio”.

Benedetto XVI, Santa Messa nella Cappella Sistina 8 gennaio 2006

E se adesso riflettiamo, possiamo dire che anche nel nostro tempo è necessario dire un «no» alla cultura ampiamente dominante della morte. Un’«anticultura» che si manifesta, per esempio, nella droga, nella fuga dal reale verso l’illusorio, verso una felicità falsa che si esprime nella menzogna, nella truffa, nell’ingiustizia, nel disprezzo dell’altro, della solidarietà, della responsabilità per i poveri e per i sofferenti; che si esprime in una sessualità che diventa puro  divertimento senza responsabilità, che diventa una «cosificazione» - per così dire - dell’uomo, che non è più considerato persona, degno di un amore personale che esige fedeltà, ma  diventa merce, un mero oggetto. A questa promessa di apparente felicità, a questa «pompa» di una vita apparente che in realtà è solo strumento di morte, a questa «anticultura» diciamo «no», per coltivare la cultura della vita. Per questo il «sì» cristiano, dai tempi antichi fino ad oggi, è un grande «sì» alla vita. Questo è il nostro «sì» a Cristo, il «sì» al vincitore della morte e il «sì» alla vita nel tempo e nell’eternità.

Paolo VI, Angelus 16 agosto 1970

Siamo sempre in cerca di questa personale ricomposizione che dovrebbe dare all’anima il dominio sul corpo, ed a questo la capacità di riflettere in sé la trasparenza dell’anima. Questa riflessione ci fa soffrire e ci fa sperare. Soffrire, perché vediamo oggi prevalere, in manifestazioni quanto mai spregiudicate, il tentativo di fare del corpo il principio prioritario, unificatore dell’armonia psicologica ed estetica della vita, arrivando proprio, in questi giorni, con ostentazioni naturistiche ed oscene, all’esaltazione del nudismo, dell’erotismo, del pansessualismo (chi segue i giornali sa a quali spudorate manifestazioni alludiamo): l’uomo animale si degrada senza più limiti. Perché meravigliarsi se poi il piacere, l’egoismo, la delinquenza, la droga si diffondono come epidemie sociali, e rendono così bassa e così triste la vita?

10 luglio 2024