Ep. 203 - Papale papale -"Invidia"
Giovanni Paolo II, udienza generale 28 settembre 1988
E prima di tutto: come si è giunti alla morte di Gesù di Nazaret? Come si spiega il fatto che egli è stato dato a morte dai rappresentanti della sua nazione, che lo hanno consegnato al “procuratore” romano, il cui nome, trasmesso dai Vangeli, figura anche nei Simboli di fede? Per ora cerchiamo di raccogliere le circostanze, che “umanamente” spiegano la morte di Gesù. L’evangelista Marco, descrivendo il processo di Gesù davanti a Ponzio Pilato, annota che egli era stato “consegnato per invidia” e che Pilato era cosciente di questo fatto: “Sapeva . . . che i sommi sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia” (Mc 15,10). Chiediamoci: perché questa invidia? Noi possiamo trovarne le radici nel risentimento non solo per ciò che Gesù insegnava, ma per il modo in cui lo faceva. Se, al dire di Marco, egli insegnava “come uno che ha autorità, e non come gli scribi” (Mc 1, 22), questa circostanza doveva mostrarlo agli occhi di questi ultimi come una “minaccia” per il loro proprio prestigio.
Benedetto XVI, Angelus 8 dicembre 2008
L’esistenza di quello che la Chiesa chiama "peccato originale" è purtroppo di un’evidenza schiacciante, se solo guardiamo intorno a noi e prima di tutto dentro di noi. L’esperienza del male è infatti così consistente, da imporsi da sé e da suscitare in noi la domanda: da dove proviene? Specialmente per un credente, l’interrogativo è ancora più profondo: se Dio, che è Bontà assoluta, ha creato tutto, da dove viene il male? Le prime pagine della Bibbia ( Gn 1-3) rispondono proprio a questa domanda fondamentale, che interpella ogni generazione umana, con il racconto della creazione e della caduta dei progenitori: Dio ha creato tutto per l’esistenza, in particolare ha creato l’essere umano a propria immagine; non ha creato la morte, ma questa è entrata nel mondo per invidia del diavolo (cfr Sap 1,13-14; 2,23-24) il quale, ribellatosi a Dio, ha attirato nell’inganno anche gli uomini, inducendoli alla ribellione. E’ il dramma della libertà, che Dio accetta fino in fondo per amore, promettendo però che ci sarà un figlio di donna che schiaccerà la testa all’antico serpente.
Sì, pensiamo che anche voi amerete conservare memoria di questo fatto nuovo ed unico, nel suo genere; e che alla compiacenza, che potremo dire professionale, d’aver mostrato quale sia l’efficienza, non soltanto degli strumenti, ma altresì degli uomini, di cui la vostra impresa dispone, si aggiunga nei vostri animi un’altra meno definibile, ma ancor più dolce e fiera compiacenza, che vogliamo dire spirituale, quella d’essere stati associati, e non solo come semplici operatori tecnici, ma anche come collaboratori cordiali, come amici, come figli devoti e fedeli, al Papa, al primo Papa che è ritornato nella Terra di Gesù...
(...) Cari Signori e carissimi Figli! si, questo volevamo dirvi per dare ragione completa di questa Udienza; il pensiero cioè e l’augurio che la vostra volonterosa e provvida prestazione per la radio-telediffusione del Nostro pellegrinaggio sia stata fonte di spirituale commozione anche per voi, per i vostri spiriti, per quelli stessi delle persone delle vostre Famiglie e dei vostri Colleghi, che certo vi hanno seguiti con appassionata attenzione e con qualche nobile invidia.
Francesco, Angelus 29 giugno 2019
Fa bene apprezzare le qualità altrui, riconoscere i doni degli altri senza malignità e senza invidie. L’invidia! L’invidia provoca amarezza dentro, è aceto sul cuore. Gli invidiosi hanno uno sguardo amaro. Tante volte, quando uno trova un invidioso, viene voglia di domandare: ma con che ha fatto colazione oggi, col caffelatte o con l’aceto? Perché l’invidia è amara. Rende amara la vita. Quant’è bello invece sapere che ci apparteniamo a vicenda, perché condividiamo la stessa fede, lo stesso amore, la stessa speranza, lo stesso Signore. Ci apparteniamo gli uni gli altri e questo è splendido, dire: la nostra Chiesa! Fratellanza.