Ep. 201- Papale papale -"Ira"
Francesco, udienza generale 31 gennaio 2024
È un vizio particolarmente tenebroso, ed è forse il più semplice da individuare da un punto di vista fisico. La persona dominata dall’ira difficilmente riesce a nascondere questo impeto: lo riconosci dalle mosse del suo corpo, dall’aggressività, dal respiro affannoso, dallo sguardo torvo e corrucciato.
Nella sua manifestazione più acuta l’ira è un vizio che non lascia tregua. Se nasce da un’ingiustizia patita (o ritenuta tale), spesso non si scatena contro il colpevole, ma contro il primo malcapitato. Ci sono uomini che trattengono l’ira sul posto di lavoro, dimostrandosi calmi e compassati, ma che una volta a casa diventano insopportabili per la moglie e i figli. L’ira è un vizio dilagante: è capace di togliere il sonno e di farci macchinare in continuazione nella mente, senza riuscire a trovare uno sbarramento ai ragionamenti e ai pensieri. L’ira è un vizio distruttivo dei rapporti umani. Esprime l’incapacità di accettare la diversità dell’altro, specialmente quando le sue scelte di vita divergono dalle nostre.
Benedetto XVI, Angelus 19 febbraio 2006
La liturgia presenta nel Vangelo il racconto di varie guarigioni operate da Cristo. Domenica scorsa, il lebbroso; oggi è la volta di un paralitico, che quattro persone portano a Gesù su un lettuccio. Vista la loro fede, Egli dice al paralitico: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati» ( Mc 2, 5). Così facendo mostra di voler guarire prima di tutto lo spirito. Il paralitico è immagine di ogni essere umano a cui il peccato impedisce di muoversi liberamente, di camminare nella via del bene, di dare il meglio di sé. In effetti, il male, annidandosi nell'animo, lega l'uomo con i lacci della menzogna, dell'ira, dell'invidia e degli altri peccati, ea poco a poco lo paralizza. Per questo Gesù, suscitando lo scandalo degli scribi presenti, dice prima: "Ti sono rimessi i tuoi peccati", e solo dopo, per dimostrare l'autorità conferitagli da Dio di rimettere i peccati, aggiunge: "Alzati, prendi il tuo lettuccio e va' a casa tua» ( Mc 2, 11) e lo guarisce completamente.
Giovanni XXIII, discorso agli infermi convenuti nella Basilica Vaticana 19 marzo 1959
Ecco il grande compito dei sofferenti, che anime generose attuano fino all'eroismo dell'accettazione e dell'offerta. In questo apostolato non vi è settore che rimanga precluso alle loro possibilità; a tutti possono far giungere i benefici della Redenzione, molti dei quali non si sarebbero salvati se essi non avessero pregato e sofferto. E non è questo che la Vergine Immacolata ha specialmente richiesto con tanta insistenza a Lourdes, quando a Santa Bernardetta domandava « preghiera e penitenza? ». Il lavoro e il dolore sono la prima penitenza imposta da Dio alla umanità caduta nel peccato; orbene, come il peccato attira l'ira di Dio, così la santificazione del lavoro e del dolore attira la misericordia di Dio sul genere umano. Attuino i sofferenti questo programma nella loro vita; non si sentiranno più soli; in Paradiso vedranno i frutti immensi della loro spirituale attività, là dove non ci sono più né lacrime, né dolori, né separazioni, né possibilità di offendere Dio.
Paolo VI, Santa Messa al Santuario di Nemi 10 settembre 1969
Gesù ci ha salvato morendo per noi. Avevamo bisogno di chi ci salvasse, di chi morisse per noi: il dramma cieco del peccato - che noi uomini moderni, purtroppo non vogliamo considerare - è una realtà. Eravamo collegati con Dio e siamo diventati da figli dell’amore - come dice la Sacra Scrittura - figli dell’ira, perché noi, creature di Dio, ci siamo rivoltati contro di Lui ed abbiamo commesso il peccato che è la rottura dei nostri rapporti con Dio; è l’offesa che noi siamo stati tristemente capaci di compiere nei suoi riguardi.