Ep. 207 - Papale papale -"Lussuria"
Francesco, udienza generale 17 gennaio 2024
La lussuria depreda, rapina, consuma in tutta fretta, non vuole ascoltare l’altro ma solo il proprio bisogno e il proprio piacere; la lussuria giudica una noia ogni corteggiamento, non cerca quella sintesi tra ragione, pulsione e sentimento che ci aiuterebbe a condurre l’esistenza con saggezza. Il lussurioso cerca solo scorciatoie: non capisce che la strada dell’amore va percorsa con lentezza, e questa pazienza, lungi dall’essere sinonimo di noia, permette di rendere felici i nostri rapporti amorosi.
Ma c’è una seconda ragione per cui la lussuria è un vizio pericoloso. Tra tutti i piaceri dell’uomo, la sessualità ha una voce potente. Coinvolge tutti i sensi, dimora sia nel corpo che nella psiche, e questo è bellissimo, ma se non è disciplinata con pazienza, se non è inscritta in una relazione e in una storia dove due individui la trasformano in una danza amorosa, essa si muta in una catena che priva l’uomo di libertà. Il piacere sessuale, che è un dono di Dio, è minato dalla pornografia: soddisfacimento senza relazione che può generare forme di dipendenza. Dobbiamo difendere l’amore, l’amore del cuore, della mente, del corpo, amore puro nel donarsi uno all’altro. E questa è la bellezza del rapporto sessuale.
Pio XII, discorso alla Fondazione della Gioventù italiana di Azione cattolica 19 marzo 1958
Già la semplice certezza dell'esistenza di Dio, e più ancora la fede nella paternità divina, deve darvi fiducia e speranza. Dio, essendo sommamente buono, non permetterebbe in nessun modo che nelle sue opere vi fosse alcun male, se non fosse tanto potente e tanto buono, da saper trarre il bene anche dal male (S. Th. I p. q. 2 a. 3 ad I). Dunque tutto ciò che accade, accade sotto gli occhi di un padre, di un amorosissimo padre. Se poi si considerano attentamente le circostanze dell'ora presente, aumenterà ancora la vostra certezza. Mille errori moderni sono stati puniti dal loro stesso fallimento: avete veduto l'orgoglio di certe grandezze precipitare nel nulla, l'opulenza di certe fortune venir meno all'improvviso, il fango della lussuria spesso mescolarsi nel fiume di lacrime e di sangue che ha percorso il mondo nei tempi passati.
Altri errori, o giovani, dovranno scomparire; altri seggi elevati cadere; altre ambizioni sfrenate precipitare infrante.
Benedetto XVI, udienza generale 3 dicembre 2008
Il dato empirico è che esiste una contraddizione nel nostro essere. Da una parte ogni uomo sa che deve fare il bene e intimamente lo vuole anche fare. Ma, nello stesso tempo, sente anche l'altro impulso di fare il contrario, di seguire la strada dell'egoismo, della violenza, di fare solo quanto gli piace anche sapendo di agire così contro il bene, contro Dio e contro il prossimo. San Paolo nella sua Lettera ai Romani ha espresso questa contraddizione nel nostro essere così: «C'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio» (7, 18-19). Questa contraddizione interiore del nostro essere non è una teoria. Ognuno di noi la prova ogni giorno. E soprattutto vediamo sempre intorno a noi la prevalenza di questa seconda volontà. Basta pensare alle notizie quotidiane su ingiustizie, violenza, menzogna, lussuria. Ogni giorno lo vediamo: è un fatto.
Giovanni Paolo II, udienza generale 14 gennaio 1981
Paolo scrive su questo argomento in modo esplicito e inequivoco. Vi leggiamo: "Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dalla impudicizia, che ciascuno sappia mantenere il proprio corpo [Senza entrare nelle discussioni particolareggiate degli esegeti, occorre tuttavia segnalare che l’espressione greca tò heautoû skeûos può riferirsi anche alla moglie (cf. 1Pt 3,7)] con santità e rispetto, non come oggetto di passioni e libidine, come i pagani che non conoscono Dio" (1Ts 4,3-5). E poi: "Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione. Perciò chi disprezza queste norme non disprezza un uomo, ma Dio stesso che vi dona il suo Santo Spirito" (1Ts 4,7-8). Sebbene anche in questo testo abbiamo a che fare col significato generico della "purezza", identificata in questo caso con la "santificazione" (in quanto si nomina l’"impurità" come antitesi della "santificazione"), nondimeno tutto il contesto indica chiaramente di quale "purezza" o di quale "impurità" si tratti, cioè in che cosa consista ciò che Paolo chiama qui "impurità", e in qual modo la "purezza" contribuisca alla "santificazione" dell’uomo.