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Ep. 220 - Papale papale -"Ospedale"

Francesco, incontro con i parroci di Roma, 6 marzo 2014

La Chiesa oggi possiamo pensarla come un “ospedale da campo”. Questo scusatemi lo ripeto, perché lo vedo così, lo sento così: un “ospedale da campo”. C’è bisogno di curare le ferite, tante ferite! Tante ferite! C’è tanta gente ferita, dai problemi materiali, dagli scandali, anche nella Chiesa... Gente ferita dalle illusioni del mondo… Noi preti dobbiamo essere lì, vicino a questa gente. Misericordia significa prima di tutto curare le ferite. Quando uno è ferito, ha bisogno subito di questo, non delle analisi, come i valori del colesterolo, della glicemia… Ma c’è la ferita, cura la ferita, e poi vediamo le analisi. Poi si faranno le cure specialistiche, ma prima si devono curare le ferite aperte. Per me questo, in questo momento, è più importante.

Giovanni XXIII, discorso agli infermi convenuti nella Basilica Vaticana, 19 marzo 1959

Siate i benvenuti, diletti figli, nella Casa del Comune Padre! Fin da quando la Divina Provvidenza nei suoi misteriosi disegni ha voluto innalzarCi al Supremo Pontificato, il Nostro pensiero si è rivolto in modo particolare a voi, diletti figli e figlie ammalati, che siete tra i più vicini al Nostro spirito. (..))Giunga a tutti gli altri infermi che in questo momento accogliamo nel Nostro abbraccio paterno: figli e figlie languenti nei grandi e piccoli Ospedali, nei Sanatori, nelle Cliniche, nelle case private. Per tutti preghiamo Gesù, amico dei sofferenti; preghiamo la Vergine Santissima, nostra affettuosissima Madre, affinché tutti consoli col suo sorriso e protegga sotto il suo manto.

Giovanni Paolo II saluto al personale del Policlinico Gemelli tre mesi dopo l’attentato in piazza San Pietro, 14 agosto 1981

Cari fratelli e sorelle!

Il 13 maggio, dopo l’attentato alla mia vita, ho trovato immediatamente un aiuto efficace in questa casa, che porta il nome di “Policlinico Gemelli”.

Oggi, dopo tre mesi, che per la maggior parte ho trascorso tra voi, posso (...) ritornare a casa....

Ringraziando per questo dono della vita salvata e della salute ristabilita, desidero in questo momento ringraziare ancora per una cosa: infatti mi è stato dato, nel corso di questi tre mesi, di appartenere, cari fratelli e sorelle, alla vostra comunità: alla comunità degli ammalati che soffrono in quest’ospedale e, per tal fatto, costituiscono in un certo senso un organismo particolare nella Chiesa: nel Corpo mistico di Cristo.

Benedetto XVI, discorso ai partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, 17 novembre 2012

È il linguaggio del Buon Samaritano della parabola evangelica, che può essere considerata - secondo il Beato Papa Giovanni Paolo II - «una delle componenti essenziali della cultura morale e della civiltà universalmente umana» (Lett. ap. Salvifici doloris, 29). In questa prospettiva gli ospedali vanno considerati come luogo privilegiato di evangelizzazione, perché dove la Chiesa si fa «veicolo della presenza di Dio» diventa al tempo stesso «strumento di una vera umanizzazione dell’uomo e del mondo» (Congr. per la Dottrina della Fede, Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione, 9). Solo avendo ben chiaro che al centro dell’attività medica e assistenziale c’è il benessere dell’uomo nella sua condizione più fragile e indifesa, dell’uomo alla ricerca di senso dinanzi al mistero insondabile del dolore, si può concepire l’ospedale come «luogo in cui la relazione di cura non è mestiere, ma missione; dove la carità del Buon Samaritano è la prima cattedra e il volto dell’uomo sofferente il Volto stesso di Cristo»

26 luglio 2024