Ep. 228 - Papale papale - "Tenebre"
Paolo VI, rito quaresimale a Santa Maria della visitazione, 19 marzo 1972
Quando si cammina nelle tenebre, non si sa dove si va. Si va a tentoni. Il mondo contemporaneo, nel suo aspetto visibile, corre, moltiplica i suoi passi, ma è un cieco che cammina nelle tenebre. Abbiamo bisogno di luce, di verità, di principi, cioè di poter rendere la nostra vita logica, derivata da alcune affermazioni che ci mettono in contatto con Dio. L’uomo oggi è nel mondo senza sapere donde viene, dove va e perché vive. Il perché della vita gli sfugge. È bravissimo l’uomo moderno, ma non sa perché lavora. Non a caso si nota che la cosiddetta contestazione di questi anni, che è una forma di ribellione contro ciò che il mondo crea di più bello e di più grande, nasce specialmente là dove il mondo si è affermato con maggiori opere e con maggiori documenti della sua potenza e della sua sapienza. Proprio dalle nazioni più evolute sale questo senso di nausea della vita, questo malcontento di ciò che si fa, questa insoddisfazione radicale.
Giovanni Paolo II, festa della presentazione del Signore 2 febbraio 1979
Quando è stato crocifisso “si fece buio nella terra” (Mt 27,45), ma il terzo giorno queste tenebre hanno ceduto il posto alla luce della risurrezione. È con noi la luce! Che cosa illumina? Illumina il buio delle anime umane. Le tenebre dell’esistenza. Perenne e immenso è lo sforzo dell’uomo per aprirsi la strada e arrivare alla luce; luce della conoscenza e dell’esistenza. Quanti anni, a volte, l’uomo dedica per chiarire a se stesso qualche fatto, per trovare la risposta a una determinata domanda. E quanto lavoro su noi stessi costa ad ognuno di noi affinché possiamo, attraverso tutto ciò che in noi è “oscuro”, tenebroso, attraverso tutto il nostro “io peggiore” (...) svelare ciò che è luminoso: l’uomo di semplicità, di umiltà, di amore, di disinteressato sacrificio; i nuovi orizzonti del pensiero, del cuore, della volontà, del carattere.
Benedetto XVI, veglia pasquale 7 aprile 2007
Nell’oscurità impenetrabile della morte Egli è entrato come luce – la notte divenne luminosa come il giorno, e le tenebre divennero luce. Perciò la Chiesa giustamente può considerare la parola di ringraziamento e di fiducia come parola del Risorto rivolta al Padre: “Sì, ho fatto il viaggio fin nelle profondità estreme della terra, nell’abisso della morte e ho portato la luce; e ora sono risorto e sono per sempre afferrato dalle tue mani”. Ma questa parola del Risorto al Padre è diventata anche una parola che il Signore rivolge a noi: “Sono risorto e ora sono sempre con te”, dice a ciascuno di noi. La mia mano ti sorregge. Ovunque tu possa cadere, cadrai nelle mie mani. Sono presente perfino alla porta della morte. Dove nessuno può più accompagnarti e dove tu non puoi portare niente, là ti aspetto io e trasformo per te le tenebre in luce.
Francesco, Santa Messa nella Solennità del Signore 24 dicembre 2013
Anche nella nostra storia personale si alternano momenti luminosi e oscuri, luci e ombre. Se amiamo Dio e i fratelli, camminiamo nella luce, ma se il nostro cuore si chiude, se prevalgono in noi l’orgoglio, la menzogna, la ricerca del proprio interesse, allora scendono le tenebre dentro di noi e intorno a noi. «Chi odia suo fratello – scrive l’apostolo Giovanni – è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi» (1 Gv 2,11).
(...)
Il Signore ci ripete: «Non temete» (Lc 2,10). Come hanno detto gli angeli ai pastori: «Non temete». E anch’io ripeto a tutti voi: Non temete! Il nostro Padre è paziente, ci ama, ci dona Gesù per guidarci nel cammino verso la terra promessa. Egli è la luce che rischiara le tenebre.