Ep. 259 - Papale papale - "Dittatura"
Pio XII, radiomessaggio in occasione del Natale 24 dicembre 1955
Chi, in questa epoca industriale, con diritto accusa il comunismo di aver privato della libertà i popoli su cui domina, non dovrebbe omettere di notare che anche nell’altra parte del mondo la libertà sarà un ben dubbio possesso, se la sicurezza dell’uomo non sarà più derivata da strutture che corrispondano alla sua vera natura.
La errata credenza che fa riporre la salvezza nel sempre crescente processo della produzione sociale, è una superstizione, forse l’unica del nostro razionalistico tempo industriale, ma è anche la più pericolosa, perché sembra stimare impossibili le crisi economiche, che sempre portano in sé il rischio di un ritorno alla dittatura. Inoltre quella superstizione non è neppure atta ad erigere un saldo baluardo contro il comunismo, perché essa è condivisa dalla parte comunista ed anche da non pochi della non comunista. In questa errata credenza le due parti s’incontrano, stabilendo in tal modo una tacita intesa, tale, da poter indurre gli apparenti realisti dell’Ovest al sogno di una possibile vera coesistenza.
Benedetto XVI, concelebrazione eucaristica con i membri della Pontificia Commissione biblica 15 aprile 2010
Le dittature sono state sempre contro questa obbedienza a Dio. La dittatura nazista, come quella marxista, non possono accettare un Dio che sia al di sopra del potere ideologico; e la libertà dei martiri, che riconoscono Dio, proprio nell’obbedienza al potere divino, è sempre l'atto di liberazione nel quale giunge a noi la libertà di Cristo. Oggi, grazie a Dio, non viviamo sotto dittature, ma esistono forme sottili di dittatura: un conformismo che diventa obbligatorio, pensare come pensano tutti, agire come agiscono tutti, e le sottili aggressioni contro la Chiesa, o anche quelle meno sottili, dimostrano come questo conformismo possa realmente essere una vera dittatura. Per noi vale questo: si deve obbedire più a Dio che agli uomini. Ma ciò suppone che conosciamo veramente Dio e che vogliamo veramente obbedire a Lui.
La misura di una civiltà si vede da come vengono trattati i più vulnerabili – non dimentichiamo che le grandi dittature, pensiamo al nazismo, scartavano i vulnerabili, li uccidevano, li scartavano –: poveri, disoccupati, senza tetto, immigrati, sfruttati e tutti coloro che la cultura dello scarto trasforma in rifiuti. E questa è una delle cose più brutte. Una politica veramente al servizio dell’uomo non può lasciarsi dettar legge dalla finanza e dai meccanismi di mercato. No. La solidarietà, oltre che virtù morale, è esigenza di giustizia, che richiede di correggere le distorsioni e purificare le intenzioni dei sistemi iniqui, anche attraverso radicali cambiamenti di prospettiva nella condivisione di sfide e risorse tra gli uomini e tra i popoli. Per questo mi piace chiamare “poeta sociale” chi si impegna in questo campo, perché poesia è creatività, e qui si tratta di mettere la creatività al servizio della società, perché sia più umana e fraterna.
Giovanni Paolo II, incontro con i lavoratori a Sesto San Giovanni, 21 maggio 1983
L’incontro con voi, carissimi uomini e donne del mondo del lavoro, mi è particolarmente caro perché il vostro è un mondo che sento tanto vicino anche per la diretta esperienza che a suo tempo ne ho fatto: anch’io ho vissuto la vita che voi state vivendo, la sua fatica, i suoi disagi, come anche le sue gioie e le sue speranze. (...) Come non ricordare l’alta testimonianza di civica coscienza, offerta quarant’anni or sono dai lavoratori di questa città, nel dicembre del 1943, che vide gli operai di tutti gli stabilimenti incrociare le braccia, quale testimonianza di protesta contro le prevaricazioni della dittatura?