Ep. 280 - Papale papale - "Agnello"
Giovanni XXIII, radiomessaggio Urbi et Orbi 22 aprile 1962
O Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi ».
Questa implorazione che è riconoscimento delle nostre miserie individuali e personali, delle miserie del mondo intero, si è oggi risoluta, nella liturgia, con la finale domanda della pace: Agnus Dei qui tollis peccata mundi, dona nobis pacem!
Oh pace, pace di Natale e di Pasqua!, sospiro di tutti i secoli e di tutte le nazioni; sospiro di questa epoca nostra di incertezze, di paure e di reciproche minacce!
Voi comprendete, diletti figli, come le sollecitudini pastorali del l'umile successore di San Pietro si estendano in soave espressione di paternità su quanti credono nel Cristo e nel Vangelo suo, ed egualmente su quanti altri — pur ignorando l'opera della redenzione — appartengono a Cristo e inconsapevoli anelano a lui.
Paolo VI, discorso durante la Via Crucis 27 marzo 1970
Quando incontriamo un bambino che soffre, quando osserviamo qualcuno che alla sofferenza fisica o morale aggiunge lo strazio d’una domanda cieca, che sembra rimanere senza risposta: perché? perché questo disordine, perché questo inesplicabile oltraggio al diritto fondamentale dell’esistenza, vivere bene, quando senza apparente ragione infierisce l’esperienza del male? Mistero, sì, mistero è per noi il dolore innocente; ma l’incontro che facciamo di questo mistero nel divino Crocifisso, in Lui, il supremo, il vero innocente (Cfr. Luc. 23, 41) arresta almeno la bestemmia che verrebbe alle nostre labbra. Anche Gesù era innocente, era un agnello, era l’agnello di Dio, che umile, debole s’è lasciato condurre al macello (Is. 53, 7).
Benedetto XVI, Angelus 22 luglio 2012
Il maligno semina guerra; Dio crea pace. Anzi, come afferma san Paolo, Cristo «è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne» (Ef 2,14). Per compiere questa opera di riconciliazione radicale Gesù, il Pastore Buono, ha dovuto diventare Agnello, «l’Agnello di Dio … che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29). Solo così ha potuto realizzare la stupenda promessa del Salmo: «Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne / tutti i giorni della mia vita, / abiterò ancora nella casa del Signore / per lunghi giorni» (22/23,6). Cari amici, queste parole ci fanno vibrare il cuore, perché esprimono il nostro desiderio più profondo, dicono ciò per cui siamo fatti: la vita, la vita eterna!
Francesco, visita pastorale alla parrocchia romana Sacro Cuore di Gesù a Castro Pretorio 19 gennaio 2014
Gesù è chiamato l’Agnello: è l’Agnello che toglie il peccato del mondo. Uno può pensare: ma come, un agnello, tanto debole, un agnellino debole, come può togliere tanti peccati, tante cattiverie? Con l’Amore. Con la sua mitezza. Gesù non ha mai smesso di essere agnello: mite, buono, pieno d’amore, vicino ai piccoli, vicino ai poveri. Era lì, fra la gente, guariva tutti, insegnava, pregava. Tanto debole Gesù, come un agnello. Ma ha avuto la forza di portare su di sé tutti i nostri peccati, tutti. “Ma, Padre, Lei non sa la mia vita: io ne ho uno che…, non posso portarlo nemmeno con un camion…”. Tante volte, quando guardiamo la nostra coscienza, ne troviamo alcuni che sono grossi! Ma Lui li porta. Lui è venuto per questo: per perdonare, per fare la pace nel mondo, ma prima nel cuore. Forse ognuno di noi ha un tormento nel cuore, forse ha un buio nel cuore, forse si sente un po’ triste per una colpa… Lui è venuto a togliere tutto questo, Lui ci dà la pace, Lui perdona tutto. “Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato”: toglie il peccato con la radice e tutto!