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2024.07.26 Papale Papale TEMPESTA

Ep. 276 - Papale papale - "Tempesta"

Pio XII, radiomessaggio 24 dicembre 1948

Le dure prove che la Chiesa ha subite a causa della guerra e del dopoguerra, le perdite dolorose e i gravi danni che l’hanno afflitta, non hanno fatto che rendere più confortevole e incoraggiante la sua energia e la sua resistenza; battuta dalle tempeste e dai flutti, essa ha conservato intatta, inviolata, la sua sostanza vitale, e in tutti i popoli, nei quali professare la fede cattolica in realtà equivale a soffrire persecuzioni, si sono trovati e si trovano sempre migliaia di prodi, che, impavidi in mezzo ai sacrifici, alle proscrizioni e ai tormenti, intrepidi dinanzi alle catene e alla morte, non piegano il ginocchio dinanzi al Baal della potenza e della forza. Il gran pubblico ignora il più delle volte i loro nomi; ma essi sono scritti a caratteri indelebili negli annali della Chiesa. È per Noi un dovere di glorificare quei fedeli e quei forti, quegli infaticabili e quei valorosi, quegli eletti e quei benedetti da Dio, a cui le strettezze del tempo presente, i dolori e le lacrime materne della Sposa di Cristo non sono scandalo né stoltezza, ma occasione e stimolo potente a manifestare, non con le parole, ma con gli atti, la rettitudine e il disinteresse dei loro sentimenti, la loro assoluta fedeltà, la generosità sublime del loro cuore.

Benedetto XVI, Angelus 7 agosto 2011

Nel Vangelo incontriamo Gesù che, ritiratosi sul monte, prega per tutta la notte. Il Signore, in disparte sia dalla gente che dai discepoli, manifesta la sua intimità con il Padre e la necessità di pregare in solitudine, al riparo dai tumulti del mondo. Questo allontanarsi, però, non deve essere inteso come un disinteresse verso le persone o come un abbandono degli Apostoli. Anzi - narra san Matteo – fece salire i discepoli sulla barca per “precederlo sull’altra riva” (Mt 14,22), per incontrarli di nuovo. Nel frattempo, la barca “distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario” (v. 24), ed ecco che “sul finire della notte [Gesù] andò verso di loro camminando sul mare” (v. 25); i discepoli furono sconvolti e scambiandolo per un fantasma “gridarono dalla paura” (v. 26), non lo riconobbero, non capirono che si trattava del Signore. Ma Gesù li rassicura: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!” (v. 27). E’ un episodio, del quale i Padri della Chiesa hanno colto una grande ricchezza di significato. Il mare simboleggia la vita presente, e l’instabilità del mondo visibile; la tempesta indica ogni sorta di tribolazione, di difficoltà, che opprime l’uomo. La barca, invece, rappresenta la Chiesa costruita da Cristo e guidata dagli Apostoli.

Paolo VI, Angelus 20 giugno 1971

Il mare del mondo in cui viviamo, tutti lo vedono, è sempre in tempesta, non foss’altro per i contrasti e per le trasformazioni d’ogni genere che lo agitano; e la barca di Pietro galleggia sulle onde della storia, sicura, sì, ma scossa dentro e fuori da paurose perturbazioni. In adempienza del Nostro mandato Noi desideriamo tanto di più mantenere e rassodare con voi la comunione che tutti, Fratelli e Figli carissimi, qui presenti e sparsi sulla terra, ci unisce a Cristo; e due cose ora raccomandiamo: con San Pietro, di essere «forti nella fede» (1 Petr. 5, 9); e con Noi, col Vangelo, d’essere nel mondo promotori della pace, per meritare di essere chiamati figli di Dio (Cfr. Matth. 5, 9), cioè rappresentanti ed apostoli della religione di salvezza. Fede e pace, ecco il nostro programma!

Francesco, momento straordinario di preghiera in tempo di epidemia 27 marzo 2020

La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità.

Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli.

10 ottobre 2024