Ep. 298 - Papale papale - "Dolore"
Paolo VI, radiomessaggio ai malati 10 settembre 1965
Procurate d’essere in pace con Dio e lasciate che il balsamo misterioso della sua grazia circoli nel vostro essere sofferente.
Allora (ma dovete crederci), primo, non siete soli: una silenziosa Presenza, quella dell’Uomo del dolore, di Gesù Redentore, veglia presso di voi, dentro di voi: vi assiste, vi parla, vi conforta!
Secondo: la vostra sofferenza non è inutile; il tempo della vostra malattia non è perduto. Essa può essere utile per voi stessi, come una penitenza che vi fa più buoni, come un’esperienza che vi fa più saggi. E può essere utile anche per altri, non solo perché chi soffre virtuosamente dà esempio di fortezza e di bontà; ma anche perché, nella comunione col dolore redentore di Cristo, essa acquista valore di riscatto, di supplica, di salvezza! Può trasformarsi in amore!
Pio XII, radiomessaggio 24 dicembre 1944
Sia benedetto il Signore! Dai lugubri gemiti del dolore, dal seno stesso della straziante angoscia degli individui e dei paesi oppressi, si leva un'aurora di speranza. In una schiera sempre crescente di nobili spiriti sorge un pensiero, una volontà sempre più chiara e ferma: fare di questa guerra mondiale, di questo universale sconvolgimento, il punto da cui prenda le mosse un'era novella per il rinnovamento profondo, la riordinazione totale del mondo. In tal guisa, mentre gli eserciti continuano ad affaticarsi in lotte micidiali, con sempre più crudeli mezzi di combattimento, gli uomini di governo, rappresentanti responsabili delle nazioni, si riuniscono in colloqui, in conferenze, allo scopo di determinare i diritti e i doveri fondamentali, sui quali dovrebbe essere ricostituita una comunanza degli Stati, di tracciare il cammino verso un avvenire migliore, più sicuro, più degno della umanità.
Giovanni Paolo II, visita pastorale a Viterbo, discorso agli infermi 27 maggio 1984
In questo cammino di liberazione dal male e dal peccato, nell’incontro con Cristo, abbiamo una guida straordinaria e un aiuto potente in colei che, in modo unico, è stata associata all’opera della redenzione: Maria santissima, madre del Redentore e madre nostra. La beata Vergine Maria è invocata dalla Chiesa con vari titoli, tra i quali è particolarmente significativo quello di liberatrice, con cui i fedeli da secoli si rivolgono a lei nel santuario che abbiamo qui accanto.
A lei ricorrono con questa speranza tutti coloro che sono afflitti dal male. A lei domandano aiuto, conforto, speranza. Per mezzo suo offrono a Dio i dolori, le sofferenze, le croci, che non mancano mai nella vita di ogni persona. A lei, liberatrice, chiedono di intercedere presso colui che solo può togliere il male e il peccato.
Francesco, udienza generale 14 ottobre 2020
Ogni dolore reclama una liberazione, ogni lacrima invoca una consolazione, ogni ferita attende una guarigione, ogni calunnia una sentenza di assoluzione. “Fino a quando, Signore, dovrò soffrire questo? Ascoltami, Signore!”: quante volte noi abbiamo pregato così, con “Fino a quando?”, basta Signore!
Ponendo in continuazione domande del genere, i salmi ci insegnano a non assuefarci al dolore, e ci ricordano che la vita non è salvata se non è sanata. L’esistenza dell’uomo è un soffio, la sua vicenda è fugace, ma l’orante sa di essere prezioso agli occhi di Dio, per cui ha senso gridare. E questo è importante. Quando noi preghiamo, lo facciamo perché sappiamo di essere preziosi agli occhi di Dio. È la grazia dello Spirito Santo che, da dentro, ci suscita questa consapevolezza: di essere preziosi agli occhi di Dio. E per questo siamo indotti a pregare.