Ep. 319 - Papale papale - "Imitazione"
Paolo VI, Angelus 26 ottobre 1975
Come ammiriamo l'opera di Dio, la sua onnipotenza, la sua grandezza, la sua bellezza nel quadro della natura, così, e tanto più, possiamo e dobbiamo vedere l'immagine di Dio, ricondotta alla sua perfezione, e irradiante la sua opera ed il suo amore, nello specchio di quei nostri più valorosi fratelli che risplendono della santità della grazia. «Mirabile è Dio nei suoi Santi», dice un salmo (Ps. 67, 36): ed è questa meraviglia divina che noi esaltiamo in queste singolari creature che sono i Santi. Diciamo di più. Noi abbiamo bisogno di esempi umani per arrivare alla superiore imitazione di Dio. Lo diceva anche S. Paolo proponendo se stesso ad esempio: «siate miei imitatori, come io lo sono di Cristo» (1 Cor. 4, 16). Non trascuriamo questa pedagogia efficacissima dell'imitazione di modelli più grandi di noi. L'agiografia, cioè la scienza su i Santi, può essere una scuola superiore di vita virtuosa, forte e bella.
Giovanni XXIII, solennità di Pentecoste 10 giugno 1962
La Chiesa segue i passi del Buon Pastore nel suo mistico pellegrinare di villaggio in villaggio, di casa in casa.
Essa esce dal recinto chiuso dei suoi cenacoli e, ad imitazione e testimonianza del suo divin Fondatore, percorre tutte le strade del mondo : né sa contenere il fervore della continuata Pentecoste, che la pervade e la porta a trarre il gregge ai pascoli ubertosi di vita eterna.
Questo è il compito della Chiesa, cattolica ed apostolica: radunare gli uomini che gli egoismi e la stanchezza potrebbero tenere dispersi: insegnare loro a pregare; portarli alla contrizione dei peccati e al perdono; nutrirli col Pane Eucaristico; rafforzare la unione reciproca col vincolo della carità.
Giovanni Paolo II, udienza generale 3 giugno 1992
La carità della Chiesa comporta essenzialmente un atteggiamento di perdono, ad imitazione della benevolenza di Cristo, che, pur condannando il peccato, si è comportato da “amico dei peccatori” (Mt 11, 19; cf. Lc 9, 5-10) e ha rifiutato di condannarli (Gv 8, 11). In questo modo la Chiesa si sforza di riprodurre in sé, e nell’animo dei suoi figli, la disposizione generosa di Gesù, che ha perdonato e ha chiesto al Padre di perdonare coloro che lo avevano mandato al supplizio. cristiani sanno che non possono mai ricorrere alla vendetta e che, secondo la risposta di Gesù a Pietro, devono perdonare tutte le offese, senza mai stancarsi (Mt 18, 22). Ogni volta che recitano il Padre nostro, riaffermano la loro volontà di perdono.
Francesco, Regina Caeli 12 maggio 2019
Ai verbi e ai gesti che descrivono il modo in cui Gesù, il Buon Pastore, si relaziona con noi, fanno riscontro i verbi che riguardano le pecore, cioè noi: «ascoltano la mia voce», «mi seguono». Sono azioni che mostrano in che modo noi dobbiamo corrispondere agli atteggiamenti teneri e premurosi del Signore. Ascoltare e riconoscere la sua voce, infatti, implica intimità con Lui, che si consolida nella preghiera, nell’incontro cuore a cuore con il divino Maestro e Pastore delle nostre anime. Questa intimità con Gesù, questo essere aperto, parlare con Gesù, rafforza in noi il desiderio di seguirlo, uscendo dal labirinto dei percorsi sbagliati, abbandonando i comportamenti egoistici, per incamminarci sulle strade nuove della fraternità e del dono di noi stessi, ad imitazione di Lui.