Ep. 323 - Papale papale - "Intelletto"
Pio XII, radiomessaggio alle popolazioni dell’Emilia, 28 ottobre 1956
Tu, chiunque tu sia, qualunque cosa tu abbia fatto, ascolta: prima di recitare l'atto di consacrazione, curva la fronte, piega il ginocchio, sciogliti in lagrime di pentimento e di amore. Non puoi consacrarti, se prima non ti riconcili con Gesù. ... Potrai riacquistare la grazia, se dirai col cuore: « Gesù, perdonami. Tu mi hai tanto amato e io ti ho tanto offeso. Io detesto la colpa con cui ho disprezzato la tua paterna bontà. Perdonami! ». Pregate così, diletti figli; e sarete nuovamente amici di Dio. — Ecco, sì: voi avete Gesù con voi. Accingetevi pure a recitare con sincerità di cuore il vostro atto di consacrazione Bisogna offrirsi completamente a Gesù Consacrandovi a lui e vivendo tale consacrazione, voi non sarete soltanto tabernacoli vivi di Gesù, ma vi trasformerete realmente — anche se misteriosamente — in lui. Quando gli direte: ti offriamo la nostra anima, la nostra memoria, il nostro intelletto, nostra volontà, la nostra libertà; voi proclamerete: tutto quel ;il n abbiamo è tuo e lo sottoponiamo al tuo divino volere.
Giovanni Paolo II, discorso agli studenti di Univ ’83 29 marzo 1983
Lo studio, nel senso tecnico e preciso, è innanzitutto lavoro dell’intelletto alla ricerca della verità da conoscere e comunicare. Se “lavoro vuol dire disciplina, metodo, fatica, lo studio è certamente tutto questo. E come è fondamentale per la vostra vita il lavoro metodico, umile, perseverante del nostro intelletto! È infatti, come dice Cristo, dalla conquista della verità, che ci viene la libertà, quella libertà vera che vuol dire perfezione della persona, virtù, santità.
Lo studio, però, non è soltanto lavoro dell’intelletto: è anche lavoro della volontà. L’intelletto non può procedere da solo nella ricerca della verità - soprattutto quando si tratta delle verità morali - se non è costantemente sorretto dalla volontà.
Benedetto XVI, celebrazione della Domenica delle Palme 17 aprile 2011
Dopo la liturgia della Parola, all’inizio della Preghiera eucaristica durante la quale il Signore entra in mezzo a noi, la Chiesa ci rivolge l’invito: “Sursum corda – in alto i cuori!”. Secondo la concezione biblica e nella visione dei Padri, il cuore è quel centro dell’uomo in cui si uniscono l’intelletto, la volontà e il sentimento, il corpo e l’anima. Quel centro, in cui lo spirito diventa corpo e il corpo diventa spirito; in cui volontà, sentimento e intelletto si uniscono nella conoscenza di Dio e nell’amore per Lui. Questo “cuore” deve essere elevato. Ma ancora una volta: noi da soli siamo troppo deboli per sollevare il nostro cuore fino all’altezza di Dio. Non ne siamo in grado. Proprio la superbia di poterlo fare da soli ci tira verso il basso e ci allontana da Dio. Dio stesso deve tirarci in alto, ed è questo che Cristo ha iniziato sulla Croce.
Francesco, udienza generale 30 aprile 2014
L’apostolo Paolo, rivolgendosi alla comunità di Corinto, descrive bene gli effetti di questo dono - cioè che cosa fa il dono dell’intelletto in noi -, e Paolo dice questo: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano. Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito» (1 Cor 2,9-10). Questo ovviamente non significa che un cristiano possa comprendere ogni cosa e avere una conoscenza piena dei disegni di Dio: tutto ciò rimane in attesa di manifestarsi in tutta la sua limpidezza quando ci troveremo al cospetto di Dio e saremo davvero una cosa sola con Lui. Però, come suggerisce la parola stessa, l’intelletto permette di “intus legere”, cioè di “leggere dentro”: questo dono ci fa capire le cose come le capisce Dio, con l’intelligenza di Dio.