Ep. 332- Papale papale - "Pazienza"
Giovanni XXIII, radiomessaggio in occasione del Natale 21 dicembre 1961
Con l'autorità che Ci viene da Gesù Cristo, vi diciamo : Allontanate, allontanate la suggestione della forza; tremate alla idea di determinare una catena imponderabile di fatti, di giudizi, di risentimenti, che possa concludersi con atti inconsulti e irreparabili. Potere grande vi è stato dato non per distruggere, ma per edificare; non per dividere, ma per unire; non per far scorrere lacrime, ma per dare a tutti lavoro e sicurezza.
Ecco le varie applicazioni di una bontà, che si deve estendere a tutti i campi dell'umana convivenza. Questa bonitas è forza e dominio di se stessi, pazienza con gli altri, carità che non si estingue, che non si perde d'animo, perchè vuole realmente il bene attorno a sè, secondo le immortali parole di S. Agostino. Essa « rimane tranquilla fra le offese, benefica in mezzo agli odii : nell'ira è mansueta, è innocua nelle insidie; nell'iniquità geme, e respira nella verità : inter iniquitates gemens, in veritate respirans ».
Paolo VI, Angelus 18 giugno 1978
Noi non dobbiamo perdere il senso del tempo, e cioè conservare nella successione degli avvenimenti, dapprima, la fiducia; la fiducia nella simultanea assistenza dell’azione provvida e buona della Provvidenza, che vigila sulle nostre cose, e sa trarre da ogni situazione conseguenze propizie al nostro bene superiore.
Avere cioè un ottimismo galleggiante sulle onde, spesso tempestose della nostra immediata e anche non lieta esperienza. «Dio, ammonisce S. Paolo, non permetterà che siamo tribolati oltre le nostre possibilità» (1 Cor. 10, 13).
E in secondo luogo, fortezza noi dobbiamo avere nei casi incerti ed avversi del nostro cammino nel tempo. Il tempo presente è la palestra delle nostre virtù; non dobbiamo vivere nel timore e nella pigrizia, ma dobbiamo interpretare le difficoltà della vita come un esercizio di fedeltà, di costanza, di pazienza. «Con la vostra pazienza, ha detto il Signore, voi sarete padroni della vostra vita» (Luc. 21, 19).
Benedetto XVI, celebrazione dei Vespri con gli universitari, 15 dicembre 2011
Dio, nell’incarnazione del Verbo, nell’incarnazione del suo Figlio, ha sperimentato il tempo dell’uomo, della sua crescita, del suo farsi nella storia. Quel Bambino è il segno della pazienza di Dio, che per primo è paziente, costante, fedele al suo amore verso di noi; Lui è il vero “agricoltore” della storia, che sa attendere. Quante volte gli uomini hanno tentato di costruire il mondo da soli, senza o contro Dio! Il risultato è segnato dal dramma di ideologie che, alla fine, si sono dimostrate contro l’uomo e la sua dignità profonda. La costanza paziente nella costruzione della storia, sia a livello personale che comunitario, non si identifica con la tradizionale virtù della prudenza, di cui certamente si ha bisogno, ma è qualcosa di più grande e più complesso. Essere costanti e pazienti significa imparare a costruire la storia insieme con Dio, perché solo edificando su di Lui e con Lui la costruzione è ben fondata, non strumentalizzata per fini ideologici, ma veramente degna dell’uomo.
Francesco, Messa nella solennità della Natività del Signore 24 dicembre 2014
La pazienza di Dio. Quanto è difficile capire questo: la pazienza di Dio verso di noi!
Lungo il cammino della storia, la luce che squarcia il buio ci rivela che Dio è Padre e che la sua paziente fedeltà è più forte delle tenebre e della corruzione. In questo consiste l’annuncio della notte di Natale. Dio non conosce lo scatto d’ira e l’impazienza; è sempre lì, come il padre della parabola del figlio prodigo, in attesa di intravedere da lontano il ritorno del figlio perduto; e tutti i giorni, con pazienza. La pazienza di Dio.