Ep. 335 - Papale papale - "Respiro"
Francesco, Messa in suffragio dei cardinali e dei vescovi defunti 3 novembre 2014
Il Vangelo che abbiamo ascoltato, che unisce – secondo la redazione di Marco – il racconto della morte di Gesù e quello della tomba vuota, rappresenta il culmine di tutto quel cammino: è l’avvenimento della Risurrezione, che risponde alla lunga ricerca del popolo di Dio, alla ricerca di ogni uomo e dell’intera umanità.
Ognuno di noi è invitato ad entrare in questo avvenimento. Siamo chiamati a stare prima davanti alla croce di Gesù, come Maria, come le donne, come il centurione; ad ascoltare il grido di Gesù, e il suo ultimo respiro, e infine il silenzio; quel silenzio che si prolunga per tutto il sabato santo. E poi siamo chiamati ad andare alla tomba, per vedere che il grande masso è stato ribaltato; per ascoltare l’annuncio: «E’ risorto, non è qui» (Mc 16,6). Lì c’è la risposta. Lì c’è il fondamento, la roccia. Non in “discorsi persuasivi di sapienza”, ma nella parola vivente della croce e della risurrezione di Gesù.
Giovanni XXIII, radiomessaggio natalizio 22 dicembre 1960
Per le anime create da Dio e riservate ai destini eterni è naturale la ricerca e la scoperta della verità, che è l'oggetto primo dell'attività interiore dello spirito umano.
Perchè si dice la verità? Perchè è comunicazione di Dio, e tra l'uomo e la verità. non vi è semplicemente rapporto accidentale, ma necessario ed essenziale.
Questa verità, che irrompe dal Verbo Divino, e accende ed illumina il passato e vivifica con i suoi raggi il presente, è come il respiro che dà sicurezza di vita avvenire, oltre l'ultima apparizione di Dio per il giudizio estremo di quaggiù, che deciderà le sorti di ogni uomo per l'eternità.
Benedetto XVI, udienza generale 16 maggio 2012
Nella preghiera noi sperimentiamo, più che in altre dimensioni dell’esistenza, la nostra debolezza, la nostra povertà, il nostro essere creature, poiché siamo posti di fronte all’onnipotenza e alla trascendenza di Dio. E quanto più progrediamo nell’ascolto e nel dialogo con Dio, perché la preghiera diventi il respiro quotidiano della nostra anima, tanto più percepiamo ancheil senso del nostro limite, non solo davanti alle situazioni concrete di ogni giorno, ma anche nello stesso rapporto con il Signore. Cresce allora in noi il bisogno di fidarci, di affidarci sempre più a Lui; comprendiamo che «non sappiamo… come pregare in modo conveniente» (Rm 8,26). Ed è lo Spirito Santo che aiuta la nostra incapacità, illumina la nostra mente e scalda il nostro cuore, guidando il nostro rivolgerci a Dio.
Giovanni Paolo II, Messa nella Cena del Signore 12 aprile 1979
L’amore del Padre si è rivelato nella donazione del Figlio. Nella donazione mediante la morte.
Il Giovedì Santo, il giorno dell’Ultima Cena, è in un certo senso il prologo di quella donazione: è l’ultima preparazione. E in un certo modo quel che in questo giorno si compiva va già oltre tale donazione. Proprio nel Giovedì Santo, durante l’Ultima Cena, si manifesta cosa vuol dire: “Amò sino alla fine”.
Giustamente, infatti, pensiamo che amare sino alla fine significhi fino alla morte, sino all’ultimo respiro. Tuttavia l’Ultima Cena ci mostra che, per Gesù, “sino alla fine” significa al di là dell’ultimo respiro. Al di là della morte.
Tale è appunto il significato dell’Eucaristia. La morte non è la sua fine, ma il suo inizio.