Ep. 352 - Papale papale - "Neve"
Francesco, Solennità della Madonna della Neve, 5 agosto 2024
E allora suggerisco di lasciarsi guidare da due versetti del libro del Siracide che, a proposito della neve che Dio fa cadere dal cielo, dice così: «L’occhio ammira la bellezza del suo candore / e il cuore stupisce nel vederla fioccare» (Sir 43,18). Qui il sapiente evidenzia il duplice sentimento che il fenomeno naturale suscita nell’animo umano: ammirazione e stupore. Vedendo scendere la neve, “l’occhio ammira” e “il cuore stupisce”. E questo ci orienta nell’interpretazione del segno della nevicata: essa può essere intesa come simbolo della grazia, cioè di una realtà che unisce la bellezza e la gratuità. È qualcosa che non si può meritare, né tanto meno comprare, si può solo ricevere in dono, e come tale è anche del tutto imprevedibile, proprio come una nevicata a Roma in piena estate. La grazia suscita ammirazione e stupore. Non dimentichiamo queste due parole: capacità di ammirare e capacità di stupirsi. E queste due capacità non dobbiamo perderle, perché entrano nell’esperienza della nostra fede.
Giovanni Paolo II, Santa Messa sull’Adamello 16 luglio 1988
Benedite, ghiacci e nevi, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli!
Benedite, monti e colline, il Signore;
Benedite, sorgenti, il Signore! (Dn 3, 70. 75).
...Grande gioia è per me poter elevare al Signore, insieme con voi, il cantico della lode e della riconoscenza qui vicino alla vetta dell’Adamello, di fronte ai maestosi ghiacciai del Pian di Neve.
(...) Quante volte il bianco colore della neve si è tinto del rosso del sangue! Il nostro pensiero va a tutti coloro che sono caduti sull’Adamello, a tutte le vittime delle guerre passate e presenti, alle loro famiglie, ai loro ideali infranti, e mentre eleviamo per loro la nostra preghiera di suffragio, esprimiamo nuovamente il nostro anelito e la nostra invocazione alla pace, alla fraternità, alla concordia tra i popoli e le nazioni. In avvenire sia la pace a guidare il cammino dell’umanità. La pace maestosa di queste montagne è un invito ad un impegno a costruire e a consolidare una società libera dalla schiavitù della guerra e dell’odio.
Da noi, come è stato detto, l’Avvento è chiamato “tempo silenzioso” – “staade Zeit”. La natura fa una pausa; la terra è coperta dalla neve; non si può lavorare, nel mondo contadino, all’esterno; tutti sono necessariamente a casa. Il silenzio della casa diventa, per la fede, attesa del Signore, gioia della sua presenza. E così sono nate tutte queste melodie, tutte queste tradizioni che rendono un po’ – come è stato detto anche oggi – “il cielo presente sulla terra”. Tempo silenzioso, tempo di silenzio. Oggi l’Avvento è spesso proprio il contrario: tempo di una sfrenata attività, si compra, si vende, preparativi di Natale, dei grandi pranzi, eccetera. Così, anche da noi. Ma, come avete visto, le tradizioni popolari della fede non sono sparite, anzi, sono state rinnovate, approfondite, aggiornate.
Paolo VI, udienza generale 28 agosto 1974
La vera religione, quale noi crediamo essere la nostra, non si può dire legittima, né efficace, se non è ortodossa, cioè derivata da un autentico ed univoco rapporto con Dio. Né un vago, e fosse anche commosso e sincero, sentimento religioso, né una libera ideologia spirituale costruita con autonome elaborazioni personali, né uno sforzo di elevare a livello religioso le pur nobili ed appassionate espressioni di sociologia lirica e morale di popoli interi, né le vivisezioni ermeneutiche rivolte ad attribuire al cristianesimo un’origine naturale o mitica, né ogni altra teoria o osservanza, che prescinda dalla voce infinitamente misteriosa ed estremamente chiara, risuonata sul monte della trasfigurazione e riferita a Gesù, raggiante come sole e candido come la neve: «Questo è il mio Figlio diletto, nel quale Io mi sono compiaciuto; Lui ascoltate» (Matth. 17, 5), potrà placare la nostra sete di verità e di vita.