Ep. 1 - “Una solenne condanna dell’aggressione nazista”
“Ad ogni modo, però, niuno potrebbe rimproverare la Chiesa di non avere denunziato e additato a tempo il vero carattere del movimento nazionalsocialista e il pericolo a cui esso esponeva la civiltà cristiana”.
Sono queste parole di Papa Pio XII, pronunciate a guerra finita, il 2 giugno 1945, a dare il via al dialogo tra il professor Matteo Luigi Napolitano, storico e docente all'Università degli Studi del Molise, autore del volume “Il secolo di Pio XII” (Luni editrice), e Andrea Tornielli, direttore editoriale dei media vaticani e autore di diversi saggi dedicati proprio a Papa Pacelli.
Matteo Luigi Napolitano ricorda subito che la posizione di condanna di Pio XII rispetto ad Hitler era chiara e cita l’invio, sempre nel '45, di tre messaggi papali ai sovrani di Belgio, Olanda e Lussemburgo, paesi neutrali che erano stati invasi e poi liberati. “Il ministro britannico Osborne - sottolinea lo storico - affermò che quei telegrammi di solidarietà erano da lui considerati all'epoca - cito - una solenne condanna dell'aggressione nazista e infatti provocarono un'aspra reazione negli ambienti tedeschi.
Andrea Tornielli mette in luce la stima di Pacelli per il popolo tedesco, frutto del suo servizio di nunzio, prima della guerra, svolto sia a Monaco di Baviera che a Berlino, e di conseguenza la sua preoccupazione per l'evolversi del “germe malefico del nazismo”.
"La forza dello Stato totalitario, con una mal dissimulata crudeltà scaccia anch'esso milioni di uomini, centinaia di migliaia di famiglie nella più squallida miseria, dalle loro case e dalle loro terre, e le sradica e le strappa da una civiltà e una cultura alla cui formazione avevano lavorato intere generazioni. Tutto ciò costituisce un sistema contrario alla dignità e al bene del genere umano".
È la netta condanna dei regimi totalitari espressa da Pio XII nel discorso natalizio del 1945, l'anno in cui con il secondo conflitto mondiale era terminata l'era del nazionalsocialismo tedesco ma non quella dei totalitarismi. Nel 1964, vent’anni dopo, si pubblica in Italia: “Il Vicario”, il dramma in cinque atti del tedesco Rolf Hochhuth considerato uno dei testi fondanti della cosiddetta leggenda nera su Papa Pacelli. Nel testo teatrale si ritrae infatti un Pio XII che assiste inerme alla Shoah.
Per Matteo Luigi Napolitano “non si è mai vista una tesi storica che nasce da un dramma teatrale”, oltretutto un testo che è incompleto dal punto di vista storico, nel quale c’è vaghezza nei riferimenti alle persone incontrate in Vaticano, “un miscuglio di documentazione di seconda mano, di testimonianze un po’ affastellate, poi degli svarioni piuttosto evidenti" come aver confuso l’americana letterata Gertrude Stein con Edith Stein.
Secondo Andrea Tornielli “l'operazione che compì Hochhut è ancora più grave”. Si dà valore storico ad una fiction e "l'autore, che era tedesco, in qualche modo sgrava un po’ la coscienza al suo popolo, proiettando sul Papa una responsabilità morale che alla fine risulta persino maggiore di quella di Hitler”. “Molti dei materiali che Hochhuth ha usato – spiega ancora il direttore editoriale dei media vaticani - sono arrivati da servizi segreti della Germania dell'Est. E questo ricollega in fondo ‘Il Vicario’ con le operazioni di disinformazione". "Noi - conclude Tornielli - dobbiamo stare molto attenti a non creare, come contraltare alla leggenda nera su Pio XII, una leggenda rosa. Il tema va visto con i documenti in tutta la sua complessità". "Ma Pacelli aveva un'idea ben precisa su dove stesse il bene e su dove stesse il male. Il bene per lui stava nelle democrazie o in chi combatteva il nazifascismo. Era profondamente anticomunista, ma cosciente che dei due mali il primo, il più urgente da battere, era il nazifascismo".
Sono citati in questo episodio:
Pio XII
Con la collaborazione dell'Archivio Editoriale Multimediale - Radio Vaticana