San Paolino, vescovo di Nola
Paolino
Nato a Bordeaux, in Gallia, nel 355 da una famiglia patrizia romana, dove il padre era funzionario imperiale. Istruito dal poeta Ausonio, Paolino venne introdotto nello studio delle lettere e nella magistratura, tanto che già nel 381 era governatore della Campania. Qui entrò in contatto con la storia del martirio di san Felice a tal punto da abbandonare ogni cosa e ritornare verso casa. Durante il viaggio si fermò a Milano per chiedere consiglio a Sant’Ambrogio, il quale lo confermò nella fede e lo spronò a dedicarsi al Signore. Tornato in Patria, sposò Terasia, dalla quale ebbe un figlio che morì dopo soli otto giorni. Per dimenticare questo dolore, si dedicò a un’intensa vita sociale, intrattenendo e coltivando rapporti intellettuali con i maestri del tempo. Ebbe però un problema alla vista, che i medici non riuscivano a curare.
Paolino, cristiano
L’amico Sulpicio Severo, avendo sentito parlare del Vescovo di Tours Martino come uomo dotato di poteri taumaturgici, convinse Paolino a fargli visita. L’incontro ebbe il risultato sperato: guarì. La vita monastica di Martino colpì assai entrambi gli amici, tanto che Sulpicio ruppe ogni indugio ed entrò nella comunità: sarà lui poi che scriverà la famosa “Vita di san Martino”, mentre Paolino decise di ricevere il battesimo, che gli fu dato dal Vescovo di Bordeaux nel 388. Risale al 389 la sua conversione alla vita ascetica e quindi l’abbandono della Spagna, per evitare di dover controbattere al chiacchiericcio sulla sua conversione: “Per la fede lasciai il mondo – scrive in una sua poesia – la mia patria, la mia casa, e mi stabilii in terra straniera”.
Pa olino, sacerdote
A Bordeaux il Vescovo lo ordinò sacerdote, lasciandolo libero nel condurre la sua vita contemplativa. Scrive Paolino: “Fui preso all’improvviso e a viva forza dalla moltitudine – ritengo per disposizione di Dio – e fui ordinato sacerdote. Ciò avvenne con mia riluttanza, non per disprezzo della dignità sacerdotale… ma perché sentendomi destinato altrove e avendo la mente raccolta e fissa in altro luogo, ebbi paura di questo strano e inatteso decreto della volontà di Dio”.
Ma il cuore di Paolino batteva per Napoli e precisamente per Nola. Quand’era governatore aveva acquistato un terreno nei pressi della tomba di san Felice, martire. Così nel 395 si trasferì con la moglie, dove fondarono due monasteri, uno maschile e uno femminile. Preghiera, accoglienza, servizio ai poveri… sono gli elementi che attireranno molta gente ai due monasteri.
Paolino, Vescovo
Nel 409, alla morte del Vescovo di Nola, la gente guardò subito a Paolino, il quale accettò a malincuore. Si dedicò con tutto se stesso nel diffondere il culto di san Felice, nel costruirgli una degna basilica e nell’accogliere i tanti pellegrini che lì giungevano.
Nonostante l’impegno pastorale non mancò di attenzione ai poveri e di tenere corrispondenza con tante personalità del tempo: sant’Agostino, Sulpicio… I corrieri arrivavano di solito a inizio inverno e si fermavano da lui fino a primavera, quando ripartivano con le sue lettere. Scrive a sant’Agostino: “Tu vedi, o fratello unanime, ammirabile e amabile in Cristo Signore, quanto intimamente io ti conosca, con quanto stupore ti ammiri e di quanto affetto ti circondi, io che ogni giorno godo del colloquio con i tuoi scritti e mi cibo dello spirito della tua bocca. Giustamente infatti potrei dire che la tua bocca è un canale di acqua viva e una vena della sorgente eterna, poiché in te Cristo è diventato fonte di acqua che zampilla per la vita eterna. Per il desiderio di quest’acqua, l’anima mia ha sete di te e la mia terra brama di essere irrigata dall’abbondanza del tuo fiume”. Scrive ad Alipio, Vescovo di Tagaste: “…Sono stato sempre nutrito nella fede e anche ora sono sostenuto e incoraggiato nell’ordine sacerdotale dall’amore di Ambrogio. In breve egli ha voluto rivendicare la mia appartenenza al suo clero, di modo che pur vivendo in luoghi diversi, io sono considerato suo presbitero”. Sia sant’Agostino nel De Civitate, sia san Gregorio Magno nei suoi Dialoghi, parleranno di Paolino, della sua povertà e testimonianza di vita.
La morte di Paolino
È Uranio a descriverci la morte di Paolino. “Sapendo che stava per andare dal suo Signore, volle che presso il suo lettuccio fosse preparato quanto occorreva per celebrare i sacri misteri, cosicché, offerto il divin sacrificio insieme agli altri santi vescovi, potesse anche raccomandare la sua anima. Volle anche riammettere alla comunione della chiesa coloro ai quali, a causa di inadempienze ecclesiastiche, aveva comandato di tenersi lontani dal sacro mistero, riappacificandosi con loro”. Dopo aver salutato i preti, li benedisse e morì. Era il 431.
La tomba fu posta accanto a quella di san Felice. Dopo i gravi danni causati dalle invasioni vandaliche del 455, il santuario cadde in rovina: nei primi del XI secolo il corpo fu così trasferito a Roma, nella chiesa all’Isola Tiberina e dedicata al vescovo di Praga, Adalberto. A testimonianza di questo c’è un’iscrizione sull’architrave della porta maggiore del 1113. Nel 1908, san Pio X, autorizzò il ritorno del corpo a Nola, dove giunse il 14 maggio 1909.